• Autunno •

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C'erano tante cose che non riuscivo a spiegarmi, così tante che sarebbe stato difficile fare una lista. C'erano sensazioni a cui non sapevo trovare una ragione perché forse una ragione non c'era. Per questo, se quel giorno qualcuno mi avesse chiesto come mai il mio sguardo fosse caduto proprio su di lui, io non avrei saputo rispondere. Era successo e basta.

Se ne stava seduto, con le spalle larghe ricurve in avanti, sulla panchina di quel parco che percorrevo ogni giorno per andare all'università. Il suo cappotto lungo e marrone si intonava alle foglie secche che lentamente si lasciavano cadere da quegli alberi ormai quasi spogli. Ma non fu il suo abbigliamento autunnale a catturare il mio sguardo, fu la sua espressione addolorata a farlo. Le sopracciglia aggrottate e la bocca da cui uscivano parole poco gentili avrebbero potuto far pensare a chiunque che quell'uomo fosse pieno di rabbia, eppure i suoi occhi lucidi di lacrime mi costrinsero a osservarlo meglio e a capire che invece fosse solamente infelice.

Un viso così bello macchiato di una tristezza che proprio non gli si addiceva. Un viso maturo, di chi aveva vissuto sia il bello che il brutto della vita. Un viso che catturò il mio sguardo e che non mi diede altra possibilità se non quella di avvicinarmi e sedermi accanto a lui.

Dalla sua bocca smisero di uscire suoni quando si accorse della mia presenza ma la sua espressione non cambiò, fu semplicemente nascosta da due grosse mani screpolate dal freddo. Non potei più vedere i suoi occhi o il suo viso accartocciato dal dolore ma riuscii ancora sentire la sua tristezza trasformarsi in un pianto.

La mia vicinanza forse non riuscì a farlo sfogare come avrebbe desiderato. Era chiaro che, se non fossi stato lì, il suono dei suoi singhiozzi non sarebbe stato lo stesso. Si stava trattenendo, non voleva farmi sapere quanto stesse male eppure, così facendo, mi resi ancora più conto di quanto in realtà fosse distrutto.

Rimasi in silenzio ad ascoltare il suo pianto esaurirsi lentamente, consapevole del fatto che la fine delle sue lacrime non corrispondesse affatto alla fine del suo dolore.

Quel giorno il parco era deserto, il cielo grigio che minacciava pioggia e il vento gelido che tirava non avevano incoraggiato nessuno a uscire di casa. Ma a me quel tempo piaceva da matti anche se non sapevo il perché.

Alzai gli occhi verso l'alto e in quelle nubi grigiastre ci rividi gli occhi sull'orlo delle lacrime di quell'uomo e, proprio come ero rimasto affascinato da quelle iridi scure, allo stesso modo rimasi incantato da quel cielo nero che mi avvertiva di tornarmene a casa.

Ma a me non importava se tutti gli altri erano già corsi al riparo, a me la pioggia non spaventava.

Quando intorno a noi si riuscì a sentire solo il fischiare del vento e i primi tuoni in lontananza, un cellulare suonò. Mi accorsi dall'anonima suoneria che non potesse essere il mio. Io avevo messo la mia canzone preferita, l'unica cosa che mi avrebbe fatto odiare un po' meno quando la gente mi chiamava. Per fortuna, però, la sentivo raramente perché chi aveva il mio numero sapeva che, per essere sicuro di ottenere una mia risposta, avrebbe dovuto mandarmi un messaggio e non telefonarmi.

A Reason to Smile ~ [Kooktae]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora