Capitolo 3 - Selene

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Mi addormento ed i miei sogni prendono come al solito una strana direzione.

È la quinta volta che faccio lo stesso sogno.

Mi trovo all'esterno di una casa;
c'è un vecchio pianoforte posizionato sull'asfalto, dietro di esso vi è seduto un ragazzo che suona.

La melodia proveniente dal pianoforte mi fa gelare il sangue.
Fa paura. Il cuore mi batte a mille.
Il pianoforte è scordato e questo peggiora le cose.

Mi siedo a terra, lì dove sono, difronte a lui, a gambe incrociate.
Non riesco a scorgere il volto del ragazzo, è molto buio.

Perché anziché scappare, sono ancora qui? Perché mi sono seduta?
Sento che il mio corpo non mi appartiene, non sono io a decidere che azioni compiere.

Non so se mi ha vista, sto sognando e me ne rendo conto.
Capisco di trovarmi in un sogno, ma non riesco a realizzare.
Come si spiega una sensazione del genere?

Vorrei andare via, ma i sogni sono strani ed io non riesco a muovermi da qui.

Voglio sapere qualcosa di lui, voglio sapere il suo nome.
O meglio, non sono io che lo voglio, ma qualcosa dentro di me mi spinge a parlargli.
Ho paura di aprire bocca, non so cosa potrebbe accadere.

E se mi uccidesse?

Ci rifletto: in fin dei conti, non può succedermi niente di grave o preoccupante; domani mattina mi sveglierò, o magari anche tra pochi minuti, nel mio letto, e tutto questo rimarrà solo uno dei tanti sogni strani che ho fatto.
Uno dei tanti incubi.

Così mi faccio coraggio.

«Qual è il tuo nome?», chiedo.
Dal mio tono di voce si percepisce la paura e il mio tentennamento nel porgerli la domanda.

La melodia stonata si interrompe, le sue mani si fermano di colpo.
Ed il mio cuore sembra fare lo stesso.

Il ragazzo del pianoforte si alza in piedi. Cerco di mettere a fuoco il suo viso, ma riesco a vedere ben poco.
Ho la vista annebbiata.

Si avvicina verso di me, ed io, per la prima volta, riesco a muovermi e mi tiro su.

«Vincenzo», mi risponde con voce profonda, il suo tono vocale mi ricorda la morte.

Il suo nome mi suona familiare, ho uno strano legame con questo nome.

«Vincenzo», ripeto con voce flebile, e lui si avvicina ancora di più.

«E il tuo nome, invece?», chiede a sua volta, e la sua voce mi fa venire la pelle d'oca: se dovessi paragonarla a qualcosa, la paragonerei al marmo freddo delle tombe del cimitero.
E questo, non è affatto rassicurante.

«Selene», quasi tentenno nel rispondergli, ma mi ripeto che non devo avere paura.

Alla fine questo è solo un incubo, giusto?

«Selene», Vincenzo ripete il mio nome, proprio come io ho fatto con il suo.
Le sue labbra si muovono per pronunciare il mio nome ed io le fisso, scorgendone il pallore.
In realtà, ora che lo vedo da vicino, noto che la sua pelle è talmente chiara da sembrare cadaverica.

Tutto in questo ragazzo mi ricorda la morte.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 17 ⏰

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