Capitolo 2 - UNI?

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Non ho mai studiato eccessivamente nella mia vita, e la verità è che facevo di tutto per evitare quella scocciatura. Mi capitava di completare compiti che avrei dovuto fare a casa in classe quando ancora andavo a scuola, e sono sempre stata brava a fingere di sapere ciò di qui stavo parlando. Mi impegnavo, certo. Quando ce n'era bisogno studiavo fino allo sfinimento. Volevo ottenere buoni voti con il minimo sforzo e questo mi costringeva sempre a completare tutto all'ultimo minuto. Eppure non ho mai avuto davvero grandi problemi a scuola, se non con la matematica. Non è che non la capissi, perché una volta applicata la regola non c'è molto da fare. Era questo il problema: io volevo più di una sola via d'uscita e in matematica questo non esiste. Ci sono degli standard fissati che non possono essere cambiati o stravolti. Quando non riuscivo a risolvere un problema, cercavo di tirare fuori soluzioni strane e incredibili. Non sono in grado di chiudere la mia mente in una cassaforte, devo sempre trovare altre vie d'uscita. 

Seppur io abbia ottenuto il massimo dei voti per il mio impegno al termine della mia carriera scolastica, all'università le cose sono cambiate. Quell'incapacità di organizzazione che ho avuto per tutta la vita si è resa più presente, e il timore di fallire mi ha soppressa fin quando non ho deciso di fregarmene di tutto e tutti. Per molto tempo ho legato indissolubilmente il mio valore alle mie capacità, come se per esistere su questo pianete fosse necessario ottenere buoni voti e partecipare attivamente a tutte le attività giovanili che mi si presentano. Ora non ottengo il massimo dei voti ma non m'importa più di tanto, perché sono solo una specie animale con un cervello più sviluppato rispetto alle altre, e non c'è niente di cui vantarsi per questo, a dir la verità. Non siamo nemmeno in grado di riconoscere il valore del pianeta su cui viviamo e della sua salute. Meraviglioso, direi. Non c'è davvero alcuna speranza per il genere umano. 

Il posto in cui seguo le lezioni è parecchio grigio. Non ci sono davvero colori prevalenti e niente che attiri la mia attenzione, se non il cortile esterno dove c'è un prato con degli alberi e delle aiuole. Quello è l'unico luogo in tutta la struttura che mi mette a mio agio. Ogni tanto mi metto ad osservare le piante, i pettirossi che si poggiano sui rami e i fiori colorati. Qualche volta vedo dei merli saltellare fra i fili d'erba e li seguo con lo sguardo fin quando non volano via. Non mi dispiace sentire il brusio delle voci delle persone in sottofondo mentre il sole mi riscalda la pelle. Non è mai eccessivamente affollato. Non mi sento a disagio. A volte mangio lì da sola ed è piacevole. Non mi vergogno.

Mi piace ascoltare le voci di persone appassionate, quando spiegano qualcosa che a loro sta davvero a cuore. Mi fa sentire come se al mondo esistessero ancora individui che si lasciano emozionare dalle piccole e grandi cose, cose che non sono oggetti materiali. La materialità è effimera e volatile; nemmeno il mio corpo è destinato a restare qui per sempre, ma so che in qualche modo la mia anima resterà in questo posto, legata a qualcuno o qualcosa. Solo che non avevo ancora trovato cosa. 


𝚄𝚗𝚍𝚎𝚛 𝚖𝚢 𝚜𝚔𝚒𝚗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora