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Mi sembravi misteriosa la prima volta che ti ho vista, non scortese o sulle tue, solo un po' misteriosa. Siamo rimasti tutti incantati dal tuo innegabile carisma quando ti abbiamo sentita cantare in quella sfida, quel pezzo così tuo, te lo sei perfettamente cucito addosso, è la tua voce che incarna la tua personalità, l'abbiamo visto, l'ho visto immediatamente. Sei entrata in casetta con la paura che il tuo cognome pesasse più del tuo talento, io non l'ho mai pensato, quelli che invece l'hanno fatto si sono ricreduti vedendoti lavorare giorno e notte alla tua passione più grande con sacrificio e devozione. Ci ho messo un po' per capirti, te l'ho detto mi sembravi misteriosa, non sei per niente così. Sei un cazzo di sole, ricordi quando te l'ho detto? Mi stavi accanto mentre tremavo come una foglia alla sola idea che tutto questo potesse finire, mentre cercavo di sdrammatizzare come sempre, di sorridere e buttare fuori qualche battuta stupida a cui tu hai sempre riso.

Non ci siamo state subito simpatiche, anche un po' per colpa mia, devo ammetterlo, il mio carattere non è dei più semplici. Sempre diffidente, concentrata sul mio, competitiva quel tanto che basta da non farmi accecare dal percorso degli altri ma allo stesso tempo cercare di superarli, più bassi che alti direi. E allora tu mi vedevi per com'ero, ma lo stesso volevi essermi amica, volevi capire perchè cercassi a tutti costi di evitarti, di evitare di affezionarmi a tutti, a te.

Ci sei riuscita subito, le mie difese valevano niente contro di te, contro la luce che ti porti dietro dal primo momento che hai messo piede qui dentro. Non l'avevo mai incontrata una persona come te, con cui fosse così facile parlare, ma soprattutto stare in silenzio. La prima volta che hai provato ad avvicinarti a me ero nel giardino sul retro della casetta mentre tutti voi altri eravate a lezione, o almeno così credevo. Per poco non mi è preso un colpo quando ho sentito la tua presenza, così immersa nella musica che stavo ascoltando non mi sarei accorta nemmeno dello sparo di un cannone. Ti sei scusata per lo spavento che mi hai fatto prendere, ti sei seduta accanto a me chiedendomi cautamente che cosa stessi ascoltando, come se avessi paura di scoppiare la bolla che mi ero creata attorno, non sapevi forse che l'avevi già fatto nel momento in cui mi sono sentita sfiorare il braccio scoperto dalla pelle calda del tuo. Mi hai parlato del pezzo che ti era appena stato assegnato, delle mille idee che ti erano già venute in mente per renderlo personale e riconoscibile come fai sempre, non ho potuto che restare esterrefatta da ogni parola che pronunciavi, dalle proposte brillanti che la tua mente partoriva, la peggiore era mille volte più convincente della migliore soluzione che io avessi mai potuto trovare. In quel momento ho capito che volevo imparare da te tutte le cose che potevi insegnarmi, tutto l'amore verso la musica che provavi. 

Dopo quella prima chiacchiera ho cominciato a considerarti un punto di riferimento, eri la prima persona da cui correvo quando volevo un parere artistico su qualcosa, la prima quando ero in crisi per un pezzo. Dopo un po' sei diventata la prima che volevo accanto se mi sentivo di buon umore e volevo ridere e scherzare. Ancora un altro po' più tardi ho avuto bisogno di parlarti anche quando invece mi sentivo giù e volevo un po' di conforto. Mi friggeva il cervello rendermi conto quanto ormai fossi affezionata a te, quanto avessi materialmente bisogno di te, mesi prima avevo giurato che non sarebbe mai successo con nessuno. Avevo allontanato Giovanni per questo, anche se i miei sentimenti nei suoi confronti non erano nemmeno un decimo di quelli che mi incendiavano per te. 

un cazzo di soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora