capitolo 1

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Stavo accompagnando l'ennesima conquista di una sera – la solita illusione di felicità – a casa, quando la vidi apparire dal nulla. La mia prima reazione fu quella di nascondermi «chi c'è?» chiese la falsa felicità. Nessuno risposi mantenendo gli occhi fissi su Amanda, quei boccoli biondo oro li riconoscerei tra mille. Lei, era la mia felicità, no queste troiette da una botta e via.

Era con lui, la sua finta felicità, William. Erano ben vestiti, camminavano spensierati mano nella mano, diedero l'illusione d'essere innamorati, ma in realtà sapevo benissimo che ama me. Mi nascosi dietro un suv, non volevo mi vedesse con questa strafatta vestita da puttana, la puzza di squallore si annusava da un chilometro.

La mia finta felicità era pure fatta fino al midollo, ma capì che mi nascosi da una donna, chiese se ci fosse mia moglie nei dintorni. La zittii e la invitai a mettersi anche lei dietro il suv. Gettai un ultimo sguardo verso la coppia, non l'avessi mai fatto, i due si fermarono davanti la vetrina di Pierr Matrago – noto commerciante di gioielli – si baciarono.

«Sicuro le sta comprando l'anello» pensai ad alta voce.

Pochi secondi ed entrarono, il mondo mi crollò addosso. La finta felicità mi vide distrutto e chiese il da farsi, come un maleducato la mandai a fare in culo e andai via per la mia strada, la mia strada era da lei, l'unica donna disponibile e capace di darmi una vera finta felicità – Regina. Alle mi spalle parole poco graziose mi rincorrevano, mi arrivò anche qualcosa sulle spalle, non mi voltai, allungai il passo, non potevo rischiare di farmi vedere discutere con la troietta, avrei fatto la figura del disperato. Forse lo ero.

Continuai a camminare con lo sguardo assente, non fui del tutto convinto che ritornare tra le gambe di Regina fosse davvero una idea buona? Dopo aver perso l'amore, fu l'unica a farmi sentire uomo, solo nel senso animalesco del termine. Il dubbio andò scemando proporzionalmente al crescere dell'erezione, mi sarei masturbato all'instante se non mi fossi trovavo per strada. Sembrai un drogato in astinenza, per questo interruppi dopo un mese il digiuno e accessi una sigaretta.

Devo calmarmi, mi giustificai.

Venti minuti di camminata e mi ritrovai davanti al palazzo di Regina. Chiesi al portiere la sua presenza in casa. Prima di darmi la sua risposta, mi chiese chi doveva annunciare. Lo inviati a non chiamarla, la mia visita era una sorpresa.

«Ritorno da un viaggio di lavoro che mi ha tenuto fuori allungo, si ricorda di me vero?»

«Non ho dimenticato un solo volto da quando ho iniziato a prestare servizio in questo stabile, ben venticinque anni fa, signor Fabio» rispose scontroso.

Sincero mi scusai e salii le scale.

Davanti alla porta d'ingresso dell'interno numero 12A, sospirai profondamente e bussai. Rispose dopo quasi un minuto «chi è?»

«L'altra parte della mela» risposi ironico «apri» quasi le ordinai.

Aprì con un sorriso malizioso sul volto, senza dir nulla la baciai. Ricambiò sterile e chiese perché mi trovassi lì. Non seppi rispondere.

Dirle la verità sarebbe umiliante. No, castrante è il termine giusto.

Cercai di baciarla ancora. Mi fermò.

«Non puoi mandare tutto a fanculo per mesi, tornare come se nulla fosse e pretendere che mi concedi a te.»

È stata sempre molto perspicace, sa perché sono qui.

Risi nervoso, feci l'eco alla parola concedi. Ancora sull'uscio di casa chiese nuovamente «perché sei qui? È l'ultima volta che te lo chiedo» disse seria.

«Ho bisogno di sentirmi uomo» era raro che fossi sincero, lo fui involontariamente.

Soddisfatta mi scrutò, disse di dover terminare l'allenamento. Sapevo benissimo si trattasse di una bugia, tuttavia tacqui ed attesi nel divano in compagnia di qualche bicchiere di Vodka liscia.

"Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale".


Spero vi piccia, fatemelo sapere

se ci sono degli errori non esitate a dirlo :)

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