E ricominciai a sognare

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La breve storia che racconta la poesia necessita una premessa:
In seguito ad un incidente d'auto, causato dall'uso del cellulare alla guida, la vittima inizia a viaggiare fra i suoi sogni. Ciò che ha sempre desiderato era di fronte a se, l'aurora boreale, l'oceano, i tramonti, le stelle... ma non poteva ammirarli perché il capo era chinato. Come metafora per riportare a quando durante la guida aveva il capo chinato per il cellulare, non guardando la strada che simboleggia la vita. In più la sua sveglia, di ogni mattina, suonava e la sballottolava da uno scenario all'altro. La mancanza delle persone a lei care, come il padre e il suo ragazzo stavano iniziando a farla lasciare andare in quel letto d'ospedale, ma poi decide di lottare. Una volta sveglia ha imparato la lezione, conosce il valore della vita, quanto desidera viverla e non se la lascerà scappare nuovamente.

D'un colpo, trovatami tra i complementari e armoniosi colori del tramonto
Salivo salivo a circondarmi da essi,
mentre le tonalità mutavano.
Poi mi accorsi non essere io,
erano loro a fioccare su di me.
Credevo fosse solo una sensazione
di quel verde smeraldo,
in seguito il capo si chinò,
senza riuscire a risollevarsi.
Il sogno di una vita era ammirare l'aurora, ma solo il mantello bianco riuscì a scrutare.
Tutti i conflitti risultarono vani,
sofferente strizzai gli occhi
ed ecco il primo allarme.
Mi ridestò. Li riaprì incredula, rincuorata.
Un movimento scattoso
e sprofondai nel gelo.
Uscita dal nero tunnel mi sentii
come se avessi oltrepassato il mondo;
la rena tra le dita mi scaldava, ma fu breve,
l'onda arrivò polare come sempre.
Decisi di seguirla.
L'acqua mi abbracciò il petto,
lì vidi un'immagine
distorta con il riflesso dell'alba,
tu mi venisti in mente.
Cercai di alzare lo sguardo, ma il macigno crebbe, se solo la tua forza potesse sorreggermi.
Chiusi nuovamente gli occhi
sperando di visualizzare
il tuo volto in mente, ma l'allarme
dissolvendo non me lo permise.
Un bagliore rosso,
sarai forse tu mi chiesi
e gettai a capofitto in quello specchio improvvisamente divenuto torbido.
Quella volta non potevo immaginare
cosa mi aspettasse.
Un'astrusa atmosfera; goffamente avanzavo.
La porzione di spazio
circondante i miei piedi non mi era sufficiente
a capire,
fin quando non vidi
una pietra.
Non cercai di drizzare il capo,
lo girai lievemente.
Fu sufficiente per ammirare
le miriadi di stelle
attorno al pianeta rosso.
Brillanti come non mai,
mi inveirono il luccichio dei suoi occhi...
quanto mancava lui.
Ciò che fin ora nonostante tutto
mi avesse dato felicità
divenne tristezza,
tristezza che mi piegò ancor di più;
non la ostacolai, finendo al suolo.
Sentii come se mi stesse stringendo a se
e la terra diventare morbida.
Chiusi gli occhi, ma nessun allarme mi salvò,
fu egli.
L'immagine si costruiva dinanzi,
mi risollevai per colmarmi di lui, ma
ancora il capo
non riuscivo a rizzare.
Prese le mie mani,
il suo tocco mi alleggerì.
Scelsi di non disperdermi tra lo spazio
quando capì che finalmente
il suo volto buio
poteva illuminarsi;
non riuscivo ad elevare il capo,
ma il mio corpo
per ammiralo dall'alto.
Fu come se i miei occhi non avessero visto prima tanta bellezza,
un bacio e ci riuscì.
Mi sbloccai dalla trappola
e rifugiai nei suoi occhi.
Ricominciai a sognare in quella che per altri è
la realtà.

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