Capitolo 2

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Bum bum.

«Abbassala, taglia» la voce ridondante lo spronò a guardarsi intorno.
Nero. Buio.

Nulla.

Cosa doveva tagliare?
Era come una controversia. Lontanamente percepiva il significato ma non riusciva ad afferrarlo completamente. Non sentiva la consistenza di alcunché. Era leggero come l’aria, come se non fosse una persona ma solo una presenza sfocata.  Non c’era nulla sotto di lui.

Quanto poteva essere profonda l’oscurità?

La percepiva intorno, inghiottito nei meandri di una luce evaporata. Ma non riusciva a darle una fine.

All’improvviso, come se stessero nascendo in quel momento, iniziò a percepire la consistenza delle mani.

Cosa stringeva tra le dita?

Qualcosa di caldo.

Guardò giù e nel buio notò un grosso fascio di luce che spuntava dalla sua impugnatura, era frammentata e i colori si mischiavano quasi liquefatti: rosa, verde, viola e blu, a rincorrersi come onde selvagge. Era una luce ma non illuminava, per quanto fosse strano non aveva la stessa potenza che ci si aspettava da un raggio solare e forse era proprio lui a non riuscire a dargli la giusta forza e importanza.

«Taglia»

Ancora. Non capiva.

«È dentro di te. Devi ascoltarla. Devi renderla tua. Farne di lei il tuo potere. Sei la speranza, ma devi dare luce a te stesso»

E si svegliò di sobbalzo. Zuppo di sudore, umido in volto e sul corpo.
Si portò una mano sul petto, dove il cuore doleva come se non riuscisse a pompare in maniera corretta.

Cos’era quella sensazione?

Sentiva caldo.
Gli facevano male gli arti e sembrava avesse il sangue poco fluido; lo sentiva bloccato nelle vene che sembravano poter esplodere da un momento all’altro, sotto pressione. L’affanno era presente nel respiro e la testa pulsava imbestialita.
Non ricordava di essersi sentito così tanto male prima d’allora.

Non era un male da influenza. Non poteva interpretarlo. Era un dolore più consistente e brutale.
Una mano che cercava di strappargli il cuore dal petto.

Certi sogni erano sempre stati presenti da quando ne aveva memoria, ma solo dopo i racconti di Jørgen si erano fatti più assestati e palpabili. Una grossa tenaglia aveva rotto il catenaccio di protezione.
Da allora, aveva iniziato a percepirli diversamente: da semplici incubi, erano diventati più veri e pericolosi e i pensieri avevano iniziato a sorgere. E ricordava, cosa che prima non succedeva mai.

Cos’erano davvero?

Abbandonando a fatica le coperte, si mise in piedi e a passi tremanti uscì dalla stanza che condivideva col fratello che al momento russava come un trattore, ignaro di tutto dato che mai gli aveva fatto presente ciò che gli capitava.

Quando aprì la porta dell’ingresso, una folata di vento gli ridette il respiro graffiandogli i polmoni dolorosamente; Annaspò, cadendo sulle ginocchia instabili.

Era ancora notte fuori.

Devi andare. È ciò che ti aspetta. Sei nato per questo. Non c’è più tempo. Non posso più proteggerti...

La stessa voce nei sogni tornò nonostante avesse gli occhi aperti, ora aveva un timbro che non riusciva a interpretare se femminile o maschile. Era monocorde e riverberò nel cervello facendogli pulsare tutto il cranio. Si strinse i capelli tra le dita spaventato da quella nuova presenza.

L'aurora Dell'equilibrio (Romanzo gay)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora