Capitolo 1

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I pensieri erano troppi, e troppo irruenti nella sua mente, che ormai non funzionava più come doveva.

Implorava se stesso di smettere di perdersi nel suo cervello, tanto da volerlo quasi estirpare dalla sua testa.
Alcuni giorni più di altri capitava che non riuscisse a fermare il monologo interiore che lo intrappolava nel suo mondo buio, e poi gli venne in mente di quando sentì per errore da un gruppetto della sua classe che lo psicologo di una sua compagna le aveva detto di scrivere un'autobiografia di sé stessa come mezzo per sfogarsi quando non riusciva a parlare, quindi forse poteva fare un tentativo, magari si sentiva meglio.

Cercò qualcosa su cui scrivere e una penna.
Non sapeva bene da dove partire, la sua vita era sempre stata una tragedia ed era confusionaria, ma poi si ricordò di una domanda, l'ennesima domanda che la professoressa di matematica gli aveva posto ormai una settimana prima, ovvero "Mattia, come stai?", Cioè nel senso, Mattia cosa succede? Mattia come ti senti? Mattia parlane, Mattia esponiti. Mattia avrebbe voluto che qualcuno gli chiedesse un po' più spesso cosa succedesse nel suo cervelletto che lavorava troppo rispetto a quanto avrebbe dovuto.
Avrebbe voluto che qualcuno lo ascoltasse, eppure non succedeva, e quando poteva succedere non lo permetteva. Perché voleva tanto che qualcuno rimanesse lì in silenzio a cercare di capirlo, ma non poteva permettere che ciò accadesse, e quando poteva si rendeva conto che non voleva davvero che qualcuno entrasse nel suo cervello, o forse voleva, ma non riusciva, perché aveva paura, però lui sapeva di poterci riuscire, ma agli occhi degli altri era lui quello che sbagliava, quello strano, quello viziato, quello indeciso, e Mattia alla fine si sentiva un inetto e non parlava più.
Solo uno dei tanti pensieri che nella mente del ragazzo non cessavano mai di correre.

Così colse l'occasione per rispondere a quella domanda.
In realtà voleva rispondere a sé stesso, perché lui non la sapeva dare una risposta, e quindi se la pose da solo e scavò dentro di sé per trovarne una. "Mattia, come stai?" Come sto?

"Come sto? Non lo so come sto. Mattia, che succede? Non lo so che succede.
Ma come posso dirlo che quando ho lo sguardo perso è perché ripenso a tutta la mia vita sprecata così? Come posso farlo?
Penso che se mai dovessi raccontare quello che ho passato e sto passando la gente non mi crederebbe, perché quando mi guardi da fuori non sembro uno di quei tipi pieni di problemi, sembro normale. Magari un po' meno socievole caratterialmente, ma normale.
Come posso dire alle persone che all'asilo mi strappavano i disegni che facevo per mamma, cambiavano il tavolo quando mi sedevo io, e ridevano di me? O che alle elementari mi prendevano in giro perché ero magro magro o perché i miei capelli erano lunghi. "Femminuccia!", mi dicevano. Qualunque mia mossa era buona per ridere di me. E poi tornavo a casa e al posto che trovare conforto sentivo solo urla, urla su urla. Minaccie su minaccie. Mani volare, oggetti lanciati.
Non mi posso dimenticare di quando nonna lanciò un vaso contro papà.

Flashback

13 anni prima

"Mamma basta calmati, non c'è bisogno di fare così"

"Stai zitto coglione!

Quel bel vaso che mi piaceva tanto volò via dal tavolo, e arrivò all'orecchio di papà, che lo taglio leggermente

Peccato, quel vaso lo avevo regalato io a mamma, ma non faceva niente, tanto le cose che facevo io in quella casa non contavano

Fine flashback

Come posso dire alle persone di quando ho iniziato ad odiarmi per come ero? Ho iniziato a mangiare, e mangiare, e mangiare ancora, ogni volta che ne avevo l'opportunità, e poi smettevo di farlo per giorni perché mi sentivo in colpa, però poi lo rifacevo e poi mi costringevo a vomitare ma poi mi sentivo in colpa per aver vomitato e quindi mangiavo, ma poi smettevo. Non riuscivo neanche a finire un piatto di pasta a pranzo, ma poi avevo fame e mi sentivo male ed ero nervoso e allora non resistevo e qualunque cosa era buona, ma la mente e i pensieri non smettevano di importunarmi e allora continuavo fino a quando non vomitavo automaticamente. E mi facevo schifo per questo, e mi faccio schifo anche adesso, sia per questo (perché non ho mai smesso), e sia perché il mio corpo è qualcosa di terribilmente osceno.

Posso mai dire alla gente che ho assistito a svariati tentati omicidi?
Non posso, non posso dire alle persone che ho visto nonna puntare il coltello alla gola di mamma, e Saverio costretto a mettersi in mezzo per evitare la tragedia, per quella che doveva essere una semplicissima discussione.
Ma infondo la gente non se lo aspetta.
La gente non se lo aspetta che scoprii io delle amanti di papà.

Flashback

14 anni prima

"Papà ma tu non mi porti mai al parco, in più con Daniele, come mai oggi sì?"

"Non ti va? volevo passare un po' di tempo con voi"

"No assolutamente, sono contentissimo!"

"Perfetto"

.
.
.

"Ciao cara"

"Papà chi è?"

"Una mia cliente tesoro"

"Ciao signora"

"Piacere amore, chiamami pure Antonella"

"Ciao Antonella"

Fine flashback

Si scoprì dopo qualche giorno che era la sua amante, mamma non poteva dire nulla.

Poi passarono gli anni, e semplicemente ce ne facemmo tutti una ragione.
Papà si calmò col tempo, anzi si rese conto dei suoi sbagli e ci aiutò, perché in qualche modo riuscimmo a fargli aprire gli occhi e si rese conto che anche lui stava venendo manipolato dalla nonna, e così divorziarono in segreto (perché la nonna non lo permetteva), e ci aiutò ad andarcene di casa.

Ma nonostante questo le cose per me non migliorarono.
Volevo andare da uno psicologo, ma non riuscivo a chiederlo, e poco prima di andarcene, a 13 anni, ci provai.

Non dissi niente di specifico, ma lasciai intendere il succo del discorso.

Flashback

"Mamma, secondo te uno psicologo in casi come il nostro potrebbe aiutare?"

"Amore io penso che appena ce ne andremo passerà tutto, e staremo bene"

"Sì, ma ci sono cose che non passano semplicemente allontanandosi dal problema, ma si ha bisogno di un aiuto perché da soli non ce la si fa"

"Amore"

Mise le mani a coppa sul suo viso

"Passerà tutto, fidati di me"

E se ne andò

Fine flashback

Non provai più a chiederlo, ma è inutile specificare che una volta andati via non passò nulla, anzi.
Alla fine dallo psicologo ci vado, da un anno, perché ormai sono maggiorenne, e quindi non mi serve chiedere a qualcuno.
Poi iniziai le superiori, ed io ero il solito ragazzo studioso e riservato.
Non feci molte amicizie, anzi nessuna, mi evitavano per la maggior parte, ma anche io non ho mai dato confidenza.

A me piace studiare, davvero, solo che ultimamente non riesco più.
Ho sempre il cervello annebbiato e non riesco a ragionare razionalmente.
Lo scorso anno sono stato bocciato proprio per questo, quindi mi ritrovo di nuovo in quinto liceo, e nonostante io adori imparare, questo mi sta distruggendo. Un altro anno non so se riuscirò a sopportarlo.

Poi quest'anno nella classe in cui sono finito c'è anche un altro ragazzo che è stato bocciato come me, solo di un anno più grande, è stato bocciato due volte a quanto ho capito.

Vabbè il problema non è che c'è un ragazzo bocciato, ma che è seduto vicino a me.
Io ho sempre avuto il banco singolo in prima fila affianco al muro, posizione strategica anche per le mie ansie, ma adesso in qualche modo sono costretto a dialogare con qualcuno, e questo mi spaventa tantissimo.

Bene o male questo è quanto, non è tutto, ovviamente no, neanche per scherzo, ma queste sono le cose più importanti.

Ho tanta paura, non so se riuscirò a resistere ancora per molto, ma ce la sto mettendo tutta"

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