Pelle e vestiti sono imbrattati del sangue dei morti, amici e nemici, e l’odore pungente le riempie le narici senza che lei possa far niente:
potrebbe trattenere il respiro, ma a cosa servirebbe se nello spazio tra le dita scorre lento il fiume rosso che lascerà macchia del proprio passaggio anche dopo essere stato lavato via?
Hermione avanza ancora, la schiena poggiata alla pietra fredda di un corridoio buio, la bacchetta stretta in una presa decisa e tremolante allo stesso momento;
non sarebbe capace di dire in quale ala del castello si trovi esattamente:
ha la mente offuscata dalla confusione in cui si rincorrono senza sosta, sovrapponendosi l’uno all’altro, il ricordo del bacio con Ron e quello del corpo senza vita di Lavanda Brown ― l’ha toccata, Hermione, e poi se l’è stretta al petto per imprimersi addosso l’orrore di una notte che s’è rivelata infinita.
Tutt’intorno è urla e disperazione, eppure ogni suono le arriva ovattato, lontanissimo: è lo scudo che s’è creata a difesa del dolore ― non ascoltare, non farsi trascinare nello sconforto, evitare azioni non studiate per salvarsi la pelle e dare a se stessa la possibilità di salvare qualcun altro ―;
barriera che le ostacola l’irruenza dell’animo e la violenza del desiderio di porre fino a tutto e subito:
basta dolore, si dice, ma sa bene che il peso di quel pensiero non vale niente rispetto alla realtà che fuori dall’alcova in cui si è rifugiata esplode in lampi d’incantesimi letali, che si erige a giudice divino per la vita e la morte di chi si è messo in prima linea in posizione di difesa a sostegno degli ideali su cui ha costruito la propria esistenza, giusti o sbagliati che siano.
E lì, accovacciata all’ombra di una statua che non riesce a riconoscere, si chiede quanto valga un’ideologia piuttosto che un’altra, e perché l’una debba esistere a discapito dell’altra.
Perché, nel mezzo tra le due, la guerra sia l’unica soluzione valida.
Quando svolta l’angolo, lo svolazzo di un mantello nero le blocca i passi e una mano sulla bocca le fa ingoiare la paura: ora, sulla lingua, non c’è più il sapore dolce delle labbra di Ron, ma il gusto erboso e umido del terreno battuto e, a tenerla al riparo dal Mangiamorte di passaggio, ci sono le braccia di Draco Malfoy.
"Non urlare" le ordina e Hermione infonde più rabbia nella morsa dei denti sulla pelle candida delle dita che le opprimono il respiro.
Stringe la bacchetta e, nonostante non abbia lo spazio necessario per i movimenti, gliela punta al centro del petto: lasciami andare o giuro che t’ammazzo.
Malfoy, però, annulla la distanza residua e le fa cenno di restare in silenzio, portandosi l’indice alla punta del naso.
Se sapesse farlo, adesso, allenterebbe le viti del proprio orgoglio e gli chiederebbe perché se l’è tirata addosso invece di mettere fine ai suoi giorni, ma non sa farlo e allora gli imprime tracce rosse sullo sterno e lo allontana ― incancellabile sulle mani, ora imbratta una stoffa troppo pregiata, il sangue dei morti, amici e nemici, e chissà quanti di questi hanno visto proprio lui e il suo viso prima di chiudere gli occhi per sempre.
“C’è l’inferno dietro quell’angolo” le dice ancora, la voce bassa di chi ha avuto troppo timore di varcare i confini labili di un territorio conosciuto solo attraverso racconti tramandati dai libri di storia, ma Hermione non si volta ad ascoltare le sue parole e quello che trova, oltre il buio di quel corridoio, è molto peggio di quello che le è stato appena raccontato.
In sanguine
Passiamo accanto a storie e persone
che avrebbero potuto
cambiarci la vita…
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In sanguine
FanfictionQuesta storia partecipa alla challenge "Tanti piccoli semi per far fiorire nuove storie" indetta dal gruppo facebook L'Angolo di Madama Rosmerta. Dal testo: Si narra che anemoni rossi nacquero dalle gocce di sangue cadute ai piedi della croce di Ges...