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«Peró ti avviso Andrea, se prendi anche solo un debito ti tolgo da questo corso. Non importa quanto sia costata la chitarra e tutto il resto.» dagli occhi di mia madre si percepiva una rabbia a parer mio esagerata.
«Mamma, è un cinque di merda, lo si recupera in due secondi» la trasgredì
«Posso andare ora?» con un braccio tenevo la chitarra e con l'altra gesticolavo, attendendo che la discussione terminasse.

Attraversai il corridoio a passo svelto e finalmente uscii da quella casa degli orrori.
Stare lì mi rendeva nervosa quasi quanto la scuola.

Chiusi la porta e un'ondata di luce e calore mi investì, tanto da farmi strizzare gli occhi.

Vidi nico ridere da dentro la macchina e velocemente sollevai il dito medio per farglielo ammirare.

Ci guardammo per tutto il tempo che impiegai nel raggiungere lo sportello della macchina in cui mi sarei dovuta sedere.

«Giovane, nel caso tu non abbia visto qui accanto a me c'è un mio amico, quindi siediti nei sedili posteriori» mi prese nuovamente in giro.
Appena entrai continuò la sua squallida battuta
«Sarà stato il sole a non fartelo vedere»
mi scappò un'ambigua risata e in sincronia alzai le sopracciglia.

Nel mentre peró ci misi un momento ad accorgermi che il suo compagno di posto ci stava osservando
o meglio:
mi stava osservando da qualche minuto dallo specchietto.

Gli si vedevano solo gli occhi, anche se vedendolo da dietro si riusciva a notale la sua folta chioma bionda che veniva sostenuta da degli occhiali da sole e le braccia minute che spuntavano dalla canottiera nera.
Ogni tanto si girava di profilo per parlare con Nicolas e impazzivo sempre più per il suo naso perfetto e le sopracciglia corrucciate per via del sole cuocente.

«Arrivati!» urló il conducente
«Perfetto. Grazie nico, a dopo.» lo salutai
«Ciao...» aspettai che il biondo continuasse la frase così da svelarmi il suo nome
«Andre lui va con te, siete nello stesso corso» intervenne nico interrompendo il ragazzo che stava per dirmi il suo nome
«Ah scusami, non lo sapevo.
Va bene dai, andiamo allora» mi stupì un poco.

Uscì dalla macchina con la mia dolce chitarra sulle spalle e attesi cortesemente che il ragazzo prendesse la sua dal cofano.

Mentre ci avviammo verso la grande struttura da cui provenivano diverse melodie
il silenzio era imbarazzante, tanto che, non sapendo cosa fare, iniziai a toccarmi i capelli lunghi e neri che quel giorno piastrai, non so con quale coraggio.

«Non sei di tante parole sai?» mi disse per rompere il ghiaccio.

Risi nervosamente

non era la prima volta che qualcuno me lo faceva notare

«Anche io ero così alla tua età» continuò

fu strano sentirlo da un ragazzo così giovane

«Nicolas ti ha detto la mia età?»
mi guardò non appena inizai a parlare, come se fosse stupito.

«no, ma suppongo che tu abbia quindici/sedici anni, giusto?»
sorrisi.

«Ci sei vicino...»

«diciassette?»

«Esatto!» esclamai
«ora tocca a te peró» lo guardai bene per la prima volta.

Un angelo

«venti» mi rispose con un tono triste ironicamente
sorrisi nuovamente

Un'ironia semplice quanto divertente.

Arrivati difronte alle porte dell'edificio aprimmo la porta rotrotraslante e ci trovammo un vasto corridoio vuoto.
Sembrava una scuola.

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