Capitolo 1

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La stanza puzzava di fumo e polvere. Il buio che la inondava era rischiarato da una piccola lampada in fondo alla scrivania. Il materasso, duro sotto la schiena, mi creava fitte di dolore. Avevo caldo e quel corpo schiacciato contro il mio peggiorava la situazione. Il suo respiro affannato sul mio collo, le sue mani sudate che si intromettevano sotto la mia maglietta, mi fece venire i brividi.

Chiusi gli occhi quasi al limite della sopportazione. Non sentivo più niente. Avevo smesso di sentire piacere da un bel pezzo ormai.

Provai a concentrarmi sulla musica che proveniva dalla stanza accanto. Il forte rumore dei bassi, che uscivano dalle casse, mi pulsava intensamente nelle orecchie. Lo sentivo persino dentro il petto, quel battere ritmico e costante.

Sentivo solo quello, nient'altro. Nemmeno il mio cuore.

Lui continuava a spingere con forza dentro di me, ad accarezzarmi i seni e mordere la pelle sul mio collo. Poi provò a baciarmi, io mi ritrassi e lui ci riprovò. Mi sfiorò le labbra con la sua lingua calda. «Fatti baciare, lo sai che mi piace.»

«A me no, lo sai.» Voltai il viso contro il cuscino, gli occhi spalancati e fissi sul comodino al mio fianco.

Al mio rifiuto iniziò a spingere ancora più forte. Continuava a soffocare i gemiti contro il mio petto, le sue mani che adesso stringevano forte le mie cosce fino a lasciare i segni sulla pelle. «Mi fai impazzire.»

«Cole.»

Tum tum tum

«Si piccola», gemette ancora una volta contro il mio collo, «ci sono quasi».

Tum tum tum

«No, Cole.» Lo implorai. «Basta, fermati.»

Lui continuava a spingere.

Chiusi gli occhi. Rividi le mie mani insanguinate, i corpi dei miei genitori stesi per terra e sentii di nuovo quella voce «Andrà tutto bene amore, ritorna.»

Tum tum tum

Adesso era il mio cuore a fare quel rumore assordante non più la musica.

Quando riaprii gli occhi ero ancora stesa inerme su quel letto. Una lacrima scivolò sulla mia guancia e finalmente reagii. «Ti ho detto di fermarti.» Spinsi Cole per le spalle. «Smettila! Togliti di dosso.», lo allontanai dal mio corpo, continuando a spingerlo. Con gesto veloce recuperai gli slip aggrovigliati alle caviglie e li tirai su coprendomi.

Non osavo guardalo in faccia, sapevo che quella fosse una situazione nuova. Non avevo mai dovuto dirgli di fermarsi, togliermelo di dosso con la forza. Ma quella volta fu troppo.

«Che significa?» Era incredulo, il respiro ansante.

«Ho caldo qui dentro. Non respiro.» Ed era vero, non riuscivo a respirare. Da molti anni ormai.

«Pensavo ti piacesse. Non mi hai mai respinto.», il suo tono irritato mi fece innervosire ancora di più di quanto già non fossi.

«Oggi è andata così.» Lo fissai per la prima volta. Il suo volto, ancora paonazzo per l'eccitazione di qualche momento prima, era una maschera di fastidio.

«Si può sapere che cazzo ti prende?» Si tirò svelto i jeans sdruciti, faticando a tirare su la zip. «Sei strana da tutta la sera. E adesso vuoi lasciarmi così?», sfiorò la patta dei jeans ancora visibilmente rigonfia.

«Pensi che in questo momento mi importi qualcosa del tuo cazzo di piacere?» Sbottai. Il respiro pesante, e non per l'eccitazione.

Continuavo a fissarlo dalla testa ai piedi. Quel corpo asciutto ricoperto da tatuaggi, la pelle morbida, le labbra carnose, gli occhi verdi e furbi e le mani grandi che da tempo ormai non facevano che sfiorarmi, toccarmi. In quel momento però, tutto volevo, tranne che il suo corpo sopra il mio.

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