Capitolo 1

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Non ero uscita di casa con l'intenzione di cambiare il mio destino. Doveva semplicemente essere una giornata qualunque, senza troppe aspettative che non fossero quelle per me da sempre abituali e indispensabili.

Le tipiche aspettative di Bethany Lyons. Potrei scrivere un romanzo in proposito, una storia ben dettagliata dei miei primi quasi ventidue anni di vita. Li avrei compiuti di lì a qualche settimana. Un evento straordinario che in seguito, date le circostanze, avrei completamente rimosso dai miei pensieri. Perché i miei pensieri sarebbero diventati altri, così come le mie priorità. I miei pensieri sarebbero diventati i suoi pensieri, i suoi momenti di vicinanza, i suoi ritmi. Il mio destino, le mie giornate, la considerazione dei dettagli e di ciò che quegli istanti racchiudevano. I giorni infiniti che poi gradualmente avevano iniziato a essere scanditi in intervalli di tempo più ridotti e fluidi, i minuti, gli istanti, gli stralci di tempo condivisi. Tutto quanto. Tutta me stessa. Forse anche molto di più.

Ma tornando davvero a me, alla mia organizzazione del tempo e dello spazio... Bethany Lyons, quasi ventiduenne, nata a Tallahassee, in Florida, durante un'estate qualunque. Un luglio qualunque. Con tante, forse troppe esigenze e nessun dovere né considerazione nei confronti del prossimo. Trascorrevo una vita agiata e moderatamente serena, tra luci e ombre. Più luci, forse. O almeno così avevo sempre tentato di illudermi. Una bella e comoda villa di famiglia, a poca distanza dalla spiaggia assolata di Miami Beach, tanti amici o comunque un numero considerevole di frequentazioni, in base alla necessità del momento. Un padre assente, una matrigna inadeguata. E la mia tata Lucinda, che io chiamavo tata Lucinda da sempre, anche se ormai non ero più la bambina senza madre per cui l'unico vero punto di riferimento femminile e materno era stata quella giovane donna portoricana che la coccolava e le dava un po' di affetto. Una luce tra le ombre, per me. Un po' come il suo nome.

Tutto il resto era un'abitudine, da sempre. Lusso e spreco quotidiano, in quantità considerevole. Una stanza da cui osservare il cielo, studiata apposta per me da un architetto specializzato in modo che io potessi vedere le stelle. Quando mi era presa la fissazione per le stelle, i pianeti e le costellazioni. Io pretendevo stelle vere, non quelle fosforescenti da attaccare al soffitto. E nemmeno qualche effetto speciale riproducibile elettronicamente.

Non era durata a lungo. Nulla durava mai a lungo, nel mio mondo. Solo la spensieratezza della mia vita agiata, quella sì, era una costante a cui non avrei saputo rinunciare. O meglio, non avrei saputo come rinunciarvi, perché non conoscevo altro oltre a quello stato che mi "costringeva" a ottenere sempre ciò che desideravo, quando lo desideravo. Tutto mi veniva offerto con estrema facilità. Allo stesso modo tutto mi veniva a noia con estrema facilità.

Ero una studentessa universitaria. Avevo scelto chimica per noia, appunto. Mi dava almeno l'impressione di poter creare qualcosa, magari una nuova formula che salvasse l'universo, o anche solo il genere umano. Da cosa e da chi, non ne avevo idea. Anche perché alcuni di coloro da cui il mondo avrebbe dovuto essere salvato erano proprio quelli che mi giravano intorno da sempre. Come un virus letale. Ero da sempre un po' svogliata, ma nessuno ci faceva caso. Quindi nemmeno io ci facevo caso. Perché tutto sommato ero viziata e consapevole di esserlo. Non mi aveva mai sfiorata il pensiero di sentirmi minimamente in colpa per questo.

Avevamo anche una tenuta in Arkansas, da cui proveniva mio padre e dove lui risiedeva stabilmente. E un'altra villa in California, a San Diego, dove la mia matrigna trascorreva la maggior parte del suo tempo. Si può quindi dire che la mia "famiglia" mi teneva e si teneva a debita distanza.

Eravamo una chiara dimostrazione che soldi e potere non fanno la felicità. Ero stata una bambina viziata, ero una ragazza viziata. Desiderosa di tutto e contenta di niente, permanevo in uno stato di costante irrequietezza. Nemmeno essere "la più" mi bastava, ormai. La più bella, la più amata, la più corteggiata. Nulla placava la mia insofferenza, il vuoto che mi assaliva dentro fino a divorarmi, che mi percuoteva e mi lasciava quasi esanime a osservare quel cielo, sperando quasi che l'universo mi assorbisse e mi portasse via. Lontano, lontano...

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 13, 2023 ⏰

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