Capitolo 1

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6 ANNI DOPO

Selene

1 luglio 2005

Seduta alla scrivania della mia camera da letto, continuavo a sfogliare le pagine del mio diario come se mi mancasse qualcosa. E più leggevo, più la vista diveniva sfocata. Alcune pagine erano state strappate, pensai che fossi stata io, ma non ricordavo. La porta si aprì e la voce di Magnus invase le mie orecchie. Chiusi il diario e lo infilai in un cassetto, cercando di sembrare più disinvolta possibile. Non volevo che Magnus si facesse un'idea sbagliata, io ero felice, ciò che avevo realizzato in quei sei anni mi bastava ed ero grata per tutto. Il passato, però, mi lacerava ancora il petto, corrodeva la mia anima e faceva trasalire il mio cuore.
Magnus appoggiò le mani sulle mie spalle e mi baciò la testa con dolcezza.
«stai bene?» Chiese. Stavo bene, davvero, ma era da quella mattina che sentivo una strana agitazione nel petto. Probabilmente stava per succedere qualcosa, i miei sensi non sbagliavano mai.
Annuii in risposta, girandomi a guardarlo. Magnus era ancora di una bellezza devastante, sembrava che il tempo non lo sfiorasse nemmeno. Afferrai la sua mano e incrociai le mie dita con le sue.
«dimmi che sta dormendo, per favore.» Dissi, con un filo di speranza nella voce. Lui rise, poi scosse la testa con finta delusione.
«in realtà, ti sta aspettando.» A quella frase sbuffai, lasciai andare la sua mano e mi alzai dalla sedia. Sfregai le mani sui pantaloncini bianchi e scrollai le spalle. «io non ero così testarda...» Commentai, uscendo dalla camera da letto. Ci eravamo trasferiti in una modesta casa a San Diego, in California, con vista mare e tutto il resto. Ovviamente non era davvero ciò che desideravo: per quanto potessi adorare il mare, dopo un po' iniziava a stancarmi e vederlo ogni giorno e a ogni ora era alquanto snervante. Ma non ero più sola ormai, non c'erano soltanto le mie esigenze in ballo. Faceva caldo e il contatto con il marmo alleviò i miei nervi. La casa era costituita da due piani, quando ci eravamo trasferiti -inizio giugno 2005 (fino a quel momento avevo vissuto con mia madre, ma pensavo di essere abbastanza indipendente per acquistare una casa tutta mia)- era stata appena realizzata, avevamo dovuto aspettare qualche giorno prima che fosse totalmente abitabile. Aveva delle vetrate enormi in cucina (il mio posto preferito) e anche nel soggiorno. Le camere da letto si trovavano al piano di sopra, insieme a un bagno con tanto di vasca, un piccolo studio e una stanza che usavamo come ripostiglio. Al piano di sotto, invece, c'era un unico ambiente in cui si trovava la cucina, un tavolo rettangolare, due divani e un televisore di ultima generazione. C'era anche un altro bagno, più piccolo rispetto a quello del piano di sopra. Dal soggiorno si poteva uscire in veranda tramite una portafinestra fatta in vetro. Era una casa luminosa, di giorno non serviva nemmeno accendere la luce artificiale. Non usavamo magia, se non in caso di emergenza. Eravamo, a tutti gli effetti, persone comuni che vivevano una vita comune. E stavamo bene.
Attraversai il corridoio, poi aprii la porta e dovetti abituarmi alla luce soffusa della stanza. Mi avvicinai lentamente al piccolo letto posto in mezzo alla stanza, facendo attenzione a non calpestare niente.
«mamma?» La voce dolce e melodiosa si insinuò nelle mie orecchie. Si mosse sul letto, scoprendosi dal leggero lenzuolo blu. Aprì gli occhi e mi fissò a lungo, poi mi sorrise piacevolmente.
«sei una peste, lo sai vero?» Mi sedetti sul letto e lo guardai con fare severo.
«per favore, raccontami una storia.» Afferrò la mia mano, lasciando scorrere le sue piccole dita sulle mie. Gli feci cenno di spostarsi e mi distesi accanto a lui, lasciando che si appoggiasse al mio ventre. «è tardi, amore.» Gli accarezzai la testa con delicatezza.
«voglio ascoltare di nuovo la storia di Orione, per favore.» Protestò, così iniziai a raccontare, sapendo che non mi avrebbe mai lasciata andare se prima non avessi raccontato la storia. «per i greci Orione era il figlio del dio del mare, Poseidone, e di Euryale, figlia di Minosse. Un giorno la dea della caccia Artemide si invaghì di Orione, che però rifiutò tutte le avance della dea. Artemide si mise il cuore in pace fino a che non venne a sapere che Orione stava facendo una spietata corte alle sette figlie di Atlante e Pleione. Zeus, il padre degli dei, ebbe pietà di loro e decise di tramutarle prima in colombe e successivamente in stelle.» Feci una pausa e lo guardai per alcuni istanti, sembrava si stesse per addormentare, ma mai dire mai.
Continuai. «Artemide, desiderosa di vendetta, decise di inviare nell'abitazione di Orione un velenosissimo scorpione che lo avrebbe punto e ucciso con il suo veleno. Così fu e sia lo scorpione che Orione furono collocati in cielo da Zeus, sottoforma di costellazioni.» Mi mossi leggermente sul letto, riuscii a liberarmi dalla sua stretta e mi misi in piedi. Mi chinai su di lui, lo coprii e gli baciai la fronte. «buonanotte, amore mio.» Sussurrai.
Poi mi avviai verso la porta, fu allora che mi chiamò ancora. «mamma?»
Mi fermai all'istante, girandomi a guardarlo. «non mi hai raccontato la storia di Sirio.» Borbottò, assonnato. Io sorrisi, poi dissi semplicemente: «te la racconterà Magnus domani sera.»
Lo vidi annuire, infine si accucciò contro il materasso e chiuse finalmente gli occhi. «buonanotte, mamma, ti voglio bene.» Mi scioglieva ogni volta, non mi ci sarei mai abituata. Sorrisi, e sorrise anche il mio cuore.
«ti voglio bene anch'io, Rigel.»

Il coraggio di amarti 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora