Manuel Ferro non sa perdere.
Non è una cosa che controlla, Dio, gli piacerebbe tanto non andare in escandescenza ogni qualvolta che gioca ad Uno, è rimasto con una sola carta e l'avversario gli butta un più quattro.
Vorrebbe, ma poi si ritrova a serrare la mandibola, a digrignare i denti e diventa tutto rosso in faccia.
Manca il fumo che gli esce dalle orecchie, come tocco finale, ecco.
«3 a 1, ma sei 'na pippa, sei!»
Ecco.
Il fumo dalle orecchie, forse, c'è davvero quando ode quella frase venir pronunciata da Simone Balestra.
È un placido pomeriggio di fine agosto, il sole è ancora alto nel cielo, ma le chiome degli alberi nel giardino di villa Balestra offrono loro un posto all'ombra.
Hanno piazzato in quel punto un tavolo da ping pong blu, con la rete in mezzo che è un po' rotta, però non ha molta importanza; lo hanno recuperato in un mercatino dell'usato poco dopo la fine della scuola e, considerando che nessuno dei due sarebbe partito per le vacanze in qualche località marittima, hanno pensato di prenderlo per occupare i tempi morti estivi.
A Manuel è sembrata persino una grande idea, all'epoca, perché è sempre stato bravo in quel gioco.
Non ha messo in conto il fatto che Simone potesse essere più bravo di lui e, infatti, è una settimana che perde.
Perde miseramente.
Non è nemmeno mai in vantaggio e non segna mai il primo punto.
Siccome odia perdere, tale situazione lo snerva alquanto.
Gli dà proprio fastidio il ghigno soddisfatto che scorge sul viso dell'altro, la sua troppa euforia.
Batte, nervoso, la racchetta rossa sul tavolo e schiocca la lingua sul palato. Cerca di risultare indifferente, quasi non provasse un fastidioso formicolio ai palmi in quel preciso istante.
«'Sta zitto e batti, tocca te» sentenzia.
Simone lo fissa, inclinando il capo su di un lato. Regge la pallina bianca tra indice, medio e pollice, tenendola a mezz'aria.
«Ti brucia, eh?» lo prende in giro, perché è consapevole quanto ciò lo infastidisca e gli piace stuzzicarlo da quel punto di vista.
«Oh, te movi?»
Sviare il discorso: Manuel è bravo in quello, potrebbe prendere la laurea ad honorem per evitamento argomenti scomodi.
Simone scrolla le spalle e obbedisce. Rigira la sua racchetta in una mano e va in battuta; gli è sufficiente un colpo secco, un movimento di polso per far finire la piccola sfera oltre la rete.
Manuel riesce a controbattere per due volte.
Alla terza, tuttavia, Simone segna il suo quarto punto.
«Ti arrendi o continuiamo con 'sta umiliazione?» sogghigna.
Manuel stringe così forte le dita intorno al manico della racchetta da farsi sbiancare le nocche. «C'hai solo culo» borbotta e raccoglie la pallina dal manto erboso.
«Sono almeno trentadue vittorie di fila, non che io le abbia contate.»
«Piantala.»
«Stai a rosica', vero?»
«Io non rosico.»
Simone ride. «Certo che rosichi, non sai perdere.»
Manuel è ben conscio del fatto che quella è la verità.
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TERYAT
FanfictionÈ un placido pomeriggio di fine agosto, il sole è ancora alto nel cielo, ma le chiome degli alberi nel giardino di villa Balestra offrono loro un posto all'ombra. Hanno piazzato in quel punto un tavolo blu da ping pong, con la rete in mezzo che è un...