1. Il perfetto ideale

46 0 14
                                    

Il sole del mattino filtrava timidamente dall'oblò circolare che dava su uno dei corridoi laterali dell’aeronave. Troppo in alto perché chi transitasse fuori potesse vedere ciò che accadeva dentro, troppo presto perché gli altri membri dell'equipaggio potessero essere svegli.

Solo gli ansimi di lei, che si muoveva su di lui con veemenza sempre crescente, riempivano la stanza. La sua voce non era mai troppo alta, per paura che qualcuno potesse sentirli; c’erano persone i cui occhi vedevano e le cui orecchie sentivano ogni cosa tra di loro, non potevano permettersi errori.

Lui la teneva per i fianchi, seguendo i suoi movimenti che un po’ per protesta, un po’ perché non voleva farsi tenere in pugno, lei gli rendeva sempre più difficile accompagnare.

Le pareva sempre meno coinvolto di lei, la sua espressione era sempre soddisfatta ma non completamente, continuava a sfuggirle nonostante le avesse proposto lui di trascorrere il tempo insieme a quel modo per lenire le proprie ferite a vicenda, e non capiva. Avrebbe voluto parlargliene, ma sapeva che lui sarebbe sfuggito al confronto, quindi rinunciava.

Si rassegnava a farsi bastare quei pochi attimi di totale attenzione che lui le concedeva, senza mai potergli dire come stessero realmente le cose, che per lei cominciava a diventare qualcosa di più di un semplice passatempo, avendo timore di come lui avrebbe potuto reagire. La conclusione cui giungeva il suo pensiero tutte le volte era che non lo conosceva abbastanza. Nemmeno l’essere indispensabile per la vita stessa del mezzo l’aveva aiutata.

Era sfuggente, indecifrabile e vagamente egocentrico, ma erano tutte cose facenti parte del suo fascino.

Sospirò a quella consapevolezza, mentre si rendeva conto di stare arrivando al suo apice. I suoi movimenti diventavano sempre più decisi e volti a farlo arrivare sempre più in profondità, il piacere la rapiva e la sborniava a tratti quasi come una scossa elettrica; il suo corpo esile e gracile scivolava in modo sconnesso su quello di lui che stava gradualmente perdendone il controllo e che aveva quindi allentato la presa.

Lo sentiva ansimare, lo sentiva pulsare e avvertiva il nastro con il quale aveva legato i capelli allentarsi a poco a poco, e qualche ciuffo sfiorarle la schiena.

La sua voce si era fatta inevitabilmente un poco più alta, e sotto di lei anche lui stava soffocando qualche gemito; nonostante non ci fosse nessuno in quella stanza e tutti li stessero aspettando fuori, il conflitto tra il vivere liberamente quei pochi secondi e il dover mantenere un equilibrio che ormai si era già rotto da tempo almeno per loro due frenava il loro entusiasmo.

Furono pochi attimi fino a quando lei non poté più trattenersi, e portò una mano alla bocca per contenere l’appagamento sempre più travolgente, mentre con l’altra mano si appoggiava alla parete che sfiorava il materasso.

Fu in quel momento che il suo inebriamento venne interrotto, quando si sentì inondare dell’orgasmo improvviso e inaspettato di lui.

“Oh, andiamo Friede!”

Esclamò ancora ansimante, mentre appoggiandosi alla parete con entrambe le mani si sollevava da lui, facendogli gocciolare addosso tutto ciò che rimaneva del loro rapporto.

“Perdonami, l’ultimo movimento d’anca che hai fatto mi ha ucciso.” disse lui in evidente difficoltà, portando una mano sulla fronte a nascondere la sua espressione contrita ma appagata.

“Il tuo spirito d’avventura sta andando un po’ troppo oltre.” rispose lei alzandosi dal letto e dirigendosi verso il bagno privato del comandante.

“Avresti dovuto avvertirmi. E anche questa volta si finisce perché tu hai finito. Non erano questi i patti.”

“Smetti d’infierire, ho già chiesto scusa. Stanotte rimediamo, va bene?”

~ Freed0MDove le storie prendono vita. Scoprilo ora