🌅 Capitolo 4 🗾

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💙CAN💙

Sorrido ancora nel ripensare all’espressione sorpresa di Sanem quando anch’io ho chiamato sua nonna… “Nonna”. Conosco la signora Huma dalla prima volta che fittai il piccolo monolocale. La incontrai per strada e mi apprestai a darle una mano con i sacchetti della spesa. Seppure cominciammo a parlare spagnolo, fu un termine che le sfuggì di bocca a farmi capire che anche lei era turca e quale sorpresa fu scoprire che come me proveniva da Istanbul. Di tanto in tanto, nelle mie permanenze qui, vado a trovarla ed è sempre un piacere chiacchierare con lei. Le sono molto affezionato e fu proprio lei a chiedermi di chiamarla “nonna” dal momento che mi prese a cuore come fossi un suo nipote. E questa mattina, quando le ho detto che ero qui già da qualche giorno, mi ha rimproverato per non essere ancora passato da lei per un saluto. Mi sono sentito davvero in colpa, ma come potevo dirle che i miei pensieri erano altrove? Come potevo giustificare il fatto che nella mia mente avevo rimosso tutti per lasciare spazio ad una ragazza appena conosciuta che mi sta tormentando anche nei sogni? Non potevo accampare alcuna scusa, non avevo appigli a cui far reggere una bugia. E la verità, certamente, non potevo dirgliela… che era colpa di sua nipote.

Non ho potuto fare altro che chiederle perdono e abbassare lo sguardo costernato. Finché la sua attenzione si è poi rivolta a Sanem che lamentava dolore alla gamba. Senza spiegare come davvero se l’era procurato, le ho detto di averla accompagnata fino a casa per sostenerla, anche se in realtà non si erano sfiorate nemmeno le dita delle nostre mani pur camminando fianco a fianco. Per ringraziarmi, "nonna" Huma ha insisto per invitarmi a cena. Non ho potuto dire di no, sarei stato ancora più scortese di quanto non lo fossi stato per non essere andato a salutarla. Avverto ancora lo sguardo di Sanem su di me per aver accettato. Come biasimarla dopo il discorso di poco prima? Seppure avrei voluto sparire per sempre dalla sua vista per non arrecarle altra amarezza, ora non vedo l’ora di rivederla, sentire la sua voce e perdermi nei suoi occhi.

«Cosa mi sta succedendo?»

Di nuovo mi pongo questa domanda. La risposta è più chiara che mai ma non voglio accettarla: Sanem mi piace, sì, e anche tanto. E so che con lei non mi basterebbe una semplice conoscenza, né un’amicizia, né un’avventura.

“Sei impazzito, Can, sei completamente fuso, andato!”

Chi mi parla, ora? Davvero sto perdendo la testa.

Mi porto le mani nei capelli prima di raccoglierli in una crocchia ordinata. Ho indossato un paio di pantaloni leggeri e una camicia di lino. Non è un appuntamento galante quello a cui tra poco andrò, ma una tranquilla cena dove, però, ci sarà lei. Mentre rifletto se darmi anche un paio di spruzzate di profumo – non vorrei sembrare esagerato – il mio telefono si illumina.

Aicha.

Guardo l’orario e ho ancora un po’ di tempo prima di uscire. Sospiro e decido di rispondere e, probabilmente, tutto quello che avrei potuto dirle fino a qualche giorno fa non è ciò che forse le dirò a breve.

«Ehi!»

«Ehi?! È questo il modo di rispondere?» chiede sarcastica.

«Scusami, Aicha!»

Mi rendo conto della mia freddezza.

«Cos’hai, Can? Sono giorni che non ti fai sentire. Posso sapere cosa sta succedendo?»

Sospiro.

«Dobbiamo parlare» dico diretto.

«Lo credo bene. Voglio capire cosa ti sta accadendo. Non ti riconosco più. Sono mesi ormai che ti sento distante e se fino ad ora ho pensato che fosse soltanto un periodo “no”, adesso credo che ci sia davvero qualcosa di molto più grave. O continuo a sbagliarmi?» La sua voce è decisa ma al contempo tremolante.

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