Il tempo.

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I giorni in ospedale passarono lentamente. Decisi di andare a casa dei miei genitori per un po' di tempo, per riprendermi da tutto quello che avevo passato. Non sentii più nemmeno le ragazze che avevano condiviso quella brutta esperienza con me, nonostante mi fossero venute a trovare. Volevo stare da sola, in pace, immersa nei ricordi, per ritrovarmi. Quella piccola città era sempre uguale, le persone erano sempre le stesse, e non ero entusiasta nel vederle. Passai molto tempo a casa, lessi dei libri, cucinai. Per le prime notti ebbi degli incubi sul rapimento, ma passarono, fortunatamente. Mi rilassai, ma ciò durò solo per le prime due settimane. Poi arrivò la noia, mi sentivo impotente e non importante. I miei cercarono di farmi distrarre con un viaggio, e per quei tre giorni fui davvero felice, ma poi tutto finì. Mi sentivo persa, senza un punto di riferimento. Non avevo voglia di tornare a Georgetown, ma dovevo, altrimenti avrei perso tutto ciò che avevo fatto alla scuola di specializzazione.Dopo tutto quello che avevo passato, dovevo ricominciare da zero, senza amici, e senza di lui. Non avevo altre strade da percorrere: non potevo rimanere con i miei e lasciare la scuola di specializzazione, e non potevo nemmeno partire per mete sconosciute, dovevo ritornare in quella pessima realtà. Dopo un mese tornai a Georgetown, nel mio piccolo appartamento. Le prime settimane erano dure, non riuscivo a pensare ad altro se non a lui, non riuscivo a concentrarmi, a studiare. Non uscivo con nessuno, non volevo vedere le altre ragazze, quell'esperienza era passata e non volevo riviverla, nemmeno attraverso le persone con cui la avevo vissuta. Però capii che quello era passato, e se volevo mettere da parte ciò che mi era accaduto in quella casa, dovevo mettere da parte anche Spencer e ricominciare a vivere. Decisi di uscire con dei miei compagni di università. A loro sembrò strano, da molto non ci sentivamo, ma io mi divertii molto e mi svagai. Avevo iniziato a riprendere la vita di una normale giovane donna: la mattina andavo alla scuola di specializzazione, il pomeriggio studiavo e la sera uscivo. Avevo anche inziato ad andare in palestra. In poco, e non sapevo come, tutto era passato. Iniziarono a passare i mesi, e io non me ne accorsi. Uno, due, tre. Avevo conosciuto nuove persone, con loro stavo bene, e anche la scuola andava bene. Ma un giorno tutto cambiò. 

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Non capivo perchè lo avevo fatto, cosa mi era preso in quel momento. Quelle parole le avevano fatto del male, ma forse ne avevano fatto di più a me. Non volevo lasciarla, soprattutto in quella situazione, era così fragile e indifesa, non poteva fare nulla per fermarmi. Cosa mi diceva la mia testa? Non sapevo cosa fare, non volevo farle del male e pensavo che lasciarla sarebbe stata la cosa migliore, che lei non sarebbe stata più male, che non le sarebbe successo più nulla. Ma ero io quello a stare male. Non riuscivo a non pensare a lei, a come stava, a cosa faceva. Avrei voluto scriverle, chiamarla, andare sotto casa sua, ma non potevo. Ogni tanto Penelope mi diceva delle cose su di lei, le scopriva con le sue magie di internet, anche se non poteva. Mi aveva detto che stava dai suoi, e mi aveva anche detto quando era ritornata a Georgetown. Chiesi di non sapere più nulla. Stavo male anche io. Cercavo di concentrami il più possibile sul lavoro, e non mi era molto difficile, ma ero diverso e lo sapevo anche io. Ero freddo, non parlavo se non del caso, ero sempre triste. Nessuno, però, osò dirmi qualcosa. Non mi curavo più di me stesso, mi facevo solo la barba. I miei capelli erano cresciuti, mangiavo sempre le stesse cose. Piangevo, a volte. A casa mia, quando mi accorgevo che lei non c'era, che il letto era vuoto, che non avevo la colazione pronta. Era difficile stare in quella casa, dove lei era stata rapita. Una notte non ce la facevo. Era passato esattamente un mese. Tornato dal lavoro, aprii la porta e non riuscii ad entrare..Respiravo affannosamente.Chiusi la porta alle mie spalle e corsi in auto. Senza pensarci, iniziai a guidare fino a casa di Derek. Suonai, e subito mi aprì. Gli spiegai tutto quello che era accaduto, del perchè la avevo lasciata e del perchè ero lì in quel monento. Lui mi accolse come un fratello, mi fece dormire da lui, nella sua camera , mentre lui stava nel salotto. La mattina mi svegliai tardi, lui era già sveglio.

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