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Il marrone è probabilmente uno dei colori meno apprezzati al mondo. Eppure, pensandoci bene, ci sono tante belle cose di questo colore: gli alberi, la cioccolata, il caffè, le castagne, le foglie in autunno, tutte cose che la maggior parte delle persone apprezza ma forse non per il loro colore.

Eppure, quando Manuel entra in quel posto, tutto ciò che vede gli piace e tutto ciò che vede è prevalentemente marrone. I divani sono marroni, i tavoli, le sedie, le poltrone e persino le travi sul soffitto lo sono, ed è convinto che ogni colore sia capace di creare un ambiente del tutto unico, quindi il marrone non sarà notoriamente un colore apprezzato, ma sicuramente è un colore che lo fa sentire a proprio agio.

Varca la soglia di Casadante per la terza volta quella settimana, che gli hanno messo delle lezioni con troppe ore di stacco tra loro e lui non vuole passarle tutte in aula professori con colleghi frustrati che non lo farebbero concentrare abbastanza per lamentarsi del loro lavoro. Ormai è un volto familiare in quel posto e probabilmente a spingerlo a tornarci sono anche i ragazzi che vi lavorano, sempre gentili con lui ogniqualvolta si trova a passare delle ore lì dentro.
O probabilmente, a spingerlo a tornarci, sono quegli occhi marroni e quelle rughette concentrate che puntualmente trova dal lato opposto rispetto a dove si siede lui, e che appartengono ad un ragazzo che sembra essere perfetto per un posto come quello, come se ci fosse cresciuto dentro.

Lo osserva sempre, Manuel. Lo guarda di sottecchi mentre corregge i compiti o mentre si prende delle pause, lo guarda non appena gli arriva il suo ordine e anche quando arriva il proprio, lo guarda quando c'è un rumore forte per vedere se anche lui si è distratto o se continua imperterrito a leggere quei libri infiniti o a scrivere sul suo tablet. Lo osserva sempre, e quasi altrettante volte il ragazzo osserva lui.

È strano pensare che da circa un mese frequenti quel posto e loro non si siano mai rivolti la parola, nonostante Manuel non abbia così tanta difficoltà a parlare con qualcuno. Sarà forse la preoccupazione di disturbarlo, o magari il fatto che gli piaccia guardarlo semplicemente da lontano, ma non aveva mai avuto abbastanza coraggio da avvicinarsi a lui, o anche solo mettersi dal suo lato del lungo tavolo su cui siedevano.

E quella volta, come tutte le altre volte, prende posto nell'angolo opposto incrociando i suoi occhi non appena poggia il libro di quarto superiore sul tavolo. Accenna appena un sorriso come segno di saluto e, a differenza di tutte le altre volte, il ragazzo non ricambia quell'unica interazione che con il tempo avevano guadagnato. Lo vede riportare lo sguardo corrucciato sui propri libri e nello stesso momento nota che vicino a lui non c'è il solito bicchiere pieno di spremuta che solitamente lo accompagna per tutta la sua permanenza nel locale. Si chiede cosa possa esserci di diverso quel giorno rispetto agli altri, che lui gli sembra bello come sempre, ma probabilmente qualcosa lo infastidisce particolarmente per causare quel broncio e fargli tenere su gli auricolari che solitamente non ha.

«caffè macchiato e cookie?» la voce di Giulia, la cameriera, lo costringe a staccare gli occhi dal ragazzo per spostarli su di lei che gli sorride cordialmente come sempre, pronta a portargli le solite due cose ordina da un mese a quella parte.
«mh si, anche una spremuta» dice, Giulia sembra incuriosita da quell'aggiunta così particolare, ma non azzarda domande. Si limita a segnare tutto sul suo blocchetto ed allontanarsi da lui, che si costringe a non riportare gli occhi sull'altro, ma piuttosto sul suo libro per poter preparare la prossima lezione.

Ci prova almeno, anche se in realtà l'unico suo pensiero è indirizzato alle parole da usare una volta poggiato il bicchere di spremuta davanti all'altro. Che lui non aveva mai avuto problemi ad attaccare bottone, ma in quel momento sembra totalmente incapace di interagire con un ragazzo. Un bel ragazzo, decisamente molto bello, ma pur sempre un semplice ragazzo.

E quel momento arriva prima di quanto immagini, o meglio, Giulia l'ordine glielo porta circa tre minuti dopo, ma lui ce ne mette altri dieci a decidere di alzarsi e gli sembrano comunque troppo pochi, perché ancora non sa bene cosa dire. Il parquet scricchiola un po' sotto i suoi piedi e rompe il silenzio che domina quella stanza, la sua concentrazione è tutta rivolta a non rovesciare il bicchiere e al formulare mentalmente delle frasi che lo facciano sembrare semplicemente gentile. Non vuole chissà quale risultato da quel primo avvicinamento, vuole solo sembrare gentile, che gli sembra già una grande cosa dopo un mese di sorrisi da lontano.

Casadante. | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora