Capitolo 17

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Una giornata così piena non la avevo da tanto tempo, non mi sentivo stanca come tutti gli altri giorni passati in camera a dipingere, anzi, ero ancora  piena di energia e non avevo per niente sonno.
Il palmo della mia mano reggeva il mento, mentre guardavo fuori dal finestrino le nuvole nere mischiate con la notte che sembravano venire verso di noi offuscando completamente la luce delle stelle.

C'era uno strano silenzio, Alyssa guardava fuori dal finestrino opposto al mio senza fiatare, Johnatan guardava il telefono e  Aidan guidava tranquillo, i gradi dell'alcol per fortuna non compromettevano in alcun modo la sua guida.

Quando arrivammo a casa mi affrettai a scendere dall'auto che Il ragazzo mantenne in moto, probabilmente con l'intento di andare a parcheggiarla a casa sua.
"Ci vediamo  domani quindi?" La voce di Aidan mi fece rizzare le orecchie, probabilmente si stava riferendo a mio fratello.
Non volli sentire la risposta, probabilmente non mi sarebbe piaciuta, così, mi rivolsi ad Alyssa che nel frattempo era rimasta in macchina con il finestrino abbassato.
"Aly tutto bene?"
"Si" rispose, limitandosi a farmi un fievole sorriso che mi fece insospettire ancora di più, pure il blu dei suoi capelli sembrava spento.
Magari era solo stanca.
"Eira intanto puoi andare ad aprire casa?" Disse Johnatan lanciandomi le chiavi che presi al volo. Annuii e salutai Alyssa che rimase seduta sul sedile. 

"Che ha Alyssa?" Chiesi a mio fratello una volta che entrò in casa, fortunatamente da solo. Si tolse la giacca della Nike per appenderla all'attaccapanni all'entrata con una lentezza che non gli apparteneva, come se stesse riflettendo sulla risposta, eppure non mi sembrava una domanda complessa.
"Ha incontrato un ragazzo che non voleva incontrare al bar"
"Un suo ex?"
"Se così si può definire..." mi superò per andare verso le scale per farmi intendere che non voleva continuare la conversazione.
Ultimamente é così strano.

Lo seguii imperterrita, volendo andare più a fondo nella questione. Se avessi capito il motivo di questo suo drastico cambiamento di umore, magari l'avrei potuta aiutare.
"In che senso? Era un suo ex o no?"
Si bloccò e quasi non andai a sbattere sulla sua schiena. Senza girarsi mi rispose.
"Non dire niente a Aidan"
"Ma chi ci vuole parlare con lui?" cercai di usare un tono ironico, ma non lo divertí affatto, anzi sembrò innervosirlo.
"Non hai risposto alla mia domanda" sapevo di star buttando benzina sul fuoco, ma volevo sapere se c'era qualcosa che potessi fare.
"Si un suo ex"
"Senti Eira, conosco Alyssa quasi tanto quanto Aidan, non gli serve l'aiuto di nessuno, se é questo quello che stai pensando"
"Ma..."
"Niente ma, per favore, domani vedrai che sarà come sempre"
Senza lasciarmi il tempo di pensare a cosa dire, chiuse la porta del bagno alle sue spalle, confondendomi ulteriormente.
Anche tu sembri aver visto qualcosa che non va, John.

*
Il mattino seguente era il primo sabato che passavo ad Annapolis contando che ero arrivata solo la domenica prima. Solitamente nella mia vecchia cittadina, nel week end le strade erano chiuse a causa di un grande mercato che si estendeva per moltissimi metri, colmo di fiori, vestiti, cibo e oggettistica.
Mi alzai da letto pronta per andare a vestirmi, mi era saltata alla mente una cosa. Avrei potuto andare a vedere se quel piccolo negozio in fondo alla via era aperto, d'altronde non avevo altro da fare, andare a vedere non mi sarebbe costato nulla.
Guardai fuori dalla finestra, le nuvolone nere di ieri non se ne andarono, anzi, corpivano il sole facendo diventare l'aria più fresca.

Mi misi una felpa molto leggera con il cappuccio in caso di pioggia e senza far troppo rumore mi avviai verso la porta di casa. Probabilmente Johnatan stava ancora dormendo e non avrei voluto svegliarlo. Quando è venuto a salutarmi ieri non aveva ancora una buona cera.
Mi feci una coda velocemente mentre scendevo gli scalini per poi incamminarmi per il vialetto, verso la strada.
In pochi minuti svoltai l'angolo per noi entrare in una piccola via che ospitava molte piantine che crescevano dalle mattonelle delle pareti un po' umide.

Andai verso il piccolo negozio e questa volta, a differenza dell'ultima, una piccola luce era accesa. Misi una mano sulla maniglia, bloccandomi appena entrai in contatto con essa, il mio cuore prese a battere più velocemente del normale facendomi mollare la presa dal metallo ghiacciato.
Era solo un po' di ansia, quindi, decisi di ignorarlo e spinsi la grande porta cigolante con decisione, rivelando un mondo non visibile da dietro le vetrate scure.
Rimasi a bocca aperta,affascinata da quel posto: le pareti erano coperte da scaffali contenenti oggetti Vintage di ogni tipo buttati a vanvera, alcuni mobili colorati erano tappezzati da centinaia di pennelli vissuti, sporchi di vernice. Al centro della stanza tre tele che sembravano in fase di progettazione.  In alcuni angolo invece, degli animali infangati nel legno erano abbandonati tra le ragnatele. Alla mia sinistra c'era un bancone con dietro tantissimi cassettini con dei vari prezzi, intuii che dentro vi erano colori o pennelli, ma più che un negozio, sembrava un'antica bottega ancora in utilizzo.
Il cuore ricominciò a pompare.
"Salve, come posso aiutarla?" una voce roca e impastata mi fece posare l'attenzione su un telo viola che rivelò la figura di un uomo sulla settantina, con una lunga barba bianca e una camminata zoppicante.
Posò sul bancone una tela pulita e ancora sigillata per poi posare lo sguardo su di me. Credetti di aver qualcosa che non andava, quando si mise una mano in testa e spalancò gli occhi e la bocca.

"Santo paradiso" sussurrò tra i baffi bianchi per poi fare un passo verso di me, senza battere ciglio.
"No non è possibile Oliver" disse fra se e se, voltandomi le spalle come se volesse andarsene da dove era venuto, poi ci ripensò e si girò di nuovo verso di me visibilmente agitato, cercando di lisciare il grembiule sporco di arancione e rosso.
Continuava a accelerare.
"Tutto bene signore?" Mi limitai a dire guardandolo visibilmente preoccupata.
"Signorina mi scusi molto" si limitò a dire con il fiato corto mentre con la stoffa che aveva legata in vita, si asciugava il sudore dalla fronte.
"Mi sembrava di... non fa nulla"  sorrise nervosamente posizionandosi al di là del bancone distogliendo lo sguardo su di me.
"Ha bisogno di qualcosa?" Chiese, passandosi una mano sulla barba continuando ad analizzarmi come se fossi un fantasma.
"Si, un pennello fine"
"Certo, certo" sussurrò aprendo vari cassettini alle sue spalle per tirare fuori due tipologie di pennelli.
"Quale preferisce?" si rivolse a me posandolo sul tavolo di legno intagliato.
"Questo" indicai convinta quello a destra tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il portafoglio.
"Quanto le devo?"
"Oh no lo tenga pure, per il disagio che le ho causato poco fa. Mi dispiace" Si tamponò di nuovo la fronte con il grembiule e decisi di non contestare, non volevo agitarlo ulteriormente.
"Grazie è molto gentile" mi sforzai di sorridere, cercando di mascherare l'espressione confusa che cercavo di reprimere per non risultare inopportuna.
Presi il pennello e stavo per andare verso la porta affrettandomi ad uscire da quel posto, improvvisamente mi sembrava più piccolo, il signore però, mi bloccò con il timbro pesante della sua voce.
"Non vorrei essere scortese, ma posso farle una domanda?" Annuii poco convinta vista la strana situazione che si era creata.
"Ecco... lei è molto simile a una persona che conosco..."
Continuava a accelerare.
Fece una breve pausa prendendo un respiro di coraggio.
"Per caso è imparentata con Rosalia, Rosalia Bennet?"
L'unica cosa che sentii, fu il pennellino che mi scivolò tra le dita.
Il cuore, quasi non mi scoppiò nel petto.

Come due fiocchi di neve Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora