Capitolo 1

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"Cazzo! rispondi..."

Il rumore del inoltro chiamata rintuonava nelle mie orecchie, facendo così aumentare il mio mal di testa, la frustrazione, l'ansia e la rabbia si erano appropriate del mio corpo stringendomi lo stomaco .

Partì la segreteria, non avevo idea di quante ore ci fossero di fuso orario e sinceramente non me ne fregava una emerita minchia.

"Merda!"

Attaccai e provai a richiamarla una, due, tre, quattro volte, quando finalmente si tegnó di rispondermi.

"Scoot, cosa c'é?"

Disse lei con voce assonnata, come se si fosse appena svegliata e, probabilmente era così.

Sentendo la sua voce il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa e un groppo alla gola mi impedì di parlare.

Feci un lungo sospiro e presi coraggio, so già che non le sarebbe piaciuto ció che stavo per dirle.

"Justin..." dissi per poi andare avanti "é stato coinvolto in una sparatoria."

"Scoot, non sono scherzi da fare."

Disse estremamente seria, magari fosse stato uno scherzo sorellina mia.

"Pensi che io stia scherzando?"

Camminai arrabbiato avanti e indietro cercando di calmarmi e di trovare un minimo di razzionalità.

"Da quando te ne sei andata le cose si sono complicate, torna ti prego." La pregai sperando che accendesse quel cazzo di cervello che aveva.

"Lo sai che non..." tentó di dire ma la stroncai sul colpo.

"Cos'é che non so mh? Che non puoi tornare? Beh mi dispiace ma stai dicendo una esorbitante cazzata, ma d'altronde quante cose che non so ci sono ancora? Non ti fai sentire da due fottutissimi anni, avevi pure disattivato il numero e lo hai riattivato un mese fa! Sai quante volte ti ho chiamata?"
Sbraitai incazzato, delle persone si girarono fissandomi e un bambino scoppió a piangere per le mie urla.

"Scoot, io..."

Non la lasciai finire, iniziando a sbraitare come un cane rabbioso ancora.

"No! Scoot un cazzo, ora tu mi farai il favore di portare il tuo culo qui o se no ti vengo a prendere io personalmente e, credimi, che non sarà una bella scena!"

"Prendo il primo aereo e arrivo." disse con tono afflitto.

"Portati tutto, non tornerai a Parigi." dissi duro.

E riattaccó.

Attirai l'attenzione di un medico sperando che avesse il 'caso Bieber'.

"Mi scusi? Potrebbe dirmi come sta Justin Bieber?"

"Aspetta un secondo ragazzo"

E aprendo la sua cartelletta controlló i fogli al suo interno.

"Allora, Justin Bieber, Justin Bieber, Justin Bieber..."

Ripeté cercando un foglio.

"Dimmi, quando lo hanno ricoverato?"

Chiese continuando a cercare, mossi il piede nervosamente, quasi fosse diventato un tic.

"Oggi." Dissi freddo.

Chiuse la cartella e mi guardó serio togliendo gli occhiali e infilandoli nel taschino della sua 'tunica'.

"Credo che il paziente sia stato assegnato al dottor Benson, che-" si guardó l'orologio appeso al muro "- proprio in questo istante é nel bel mezzo di un' operazione con un altro paziente, dovrebbe finire circa fra mezzora."

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