I'm looking for affection in all the wrong places

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Avevo 18 anni. Già, ero giovane. Appena diventata adulta, responsabile. Mi trovavo ad una discoteca non troppo lontana da scuola dopo il prom di fine anno. Ero sola, come al solito. In seguito ad una brutta litigata con le mie compagne di classe, brutte voci avevano iniziato a girare per scuola e io fui praticamente esclusa da qualsiasi gruppo sociale. Eppure ero lì. Dio solo sa perché ci fossi andata, forse speravo di trovare alcool gratis.

Nel caso fosse quello il motivo, beh, fu tutto il contrario. I compagni di scuola vedendomi mi prendevano in giro, senza preoccuparsi che li avrei potuti sentire benissimo nonostante la musica a palla, gli uomini più grandi mi fischiavano dietro e le compagne ridevano di me senza alcun motivo. Ad un certo punto una di quelle ragazze mi lanciò addosso un bicchiere pieno di alcool, macchiando tutto il vestito per cui avevo cercato in lungo e in largo e speso la mia paghetta di sei mesi. Non poteva andare peggio di così, o forse sì perché due studenti si avvicinarono e iniziarono a rivolgermi commenti... animaleschi, definiamoli. La ciliegina sulla torta arrivò quando un uomo mi strinse forte il sedere, facendomi sussultare. Volevo urlare e correre via, ma mi ero bloccata. Gli chiesi di lasciarmi andare ma lui si infastidì soltanto. Avvicinò l'altra mano verso il mio ventre e ridendo disse: «Non puoi deludere le aspettative dei tuoi compagni, bambolina». Chiusi gli occhi.

Fu quello, l'attimo in cui il tempo si fermò. Sentii un rumore sordo. Uno schiaffo.
La musica si spense, la stanza calò nel silenzio. Tutti guardavano, ma non me. Lei.
Pelle abbronzata, capelli castani, viso tagliente. Emanava un forte odore di agrumi. L'uomo si toccava tremando la guancia, lei squadrava tutta la stanza.
«Beh? Che avete da guardare? Era tanto complicato comportarsi in modo decente?!» urlò. Sul momento non capii la sua rabbia. Non mi conosceva, assolutamente. Ma io conoscevo lei.

Si voltò verso di me. Le luci della stanza erano rosse e viola ma riuscii a capire che il suo sguardo era più che infuriato. Mi prese di scatto il polso e mi portò fuori, seguita da un'uomo più alto di lei.
Senza neanche chiedermi se andava bene, mi fece salire in macchina e disse al fratello di guidare fino a casa. La paura era tornata.
«Aspe-»
«Mi dispiace piccola, stai bene?» mi accarezzò i capelli. Ora il suo sguardo era molto più dolce di prima.
«S-si ma...»
«Non ti farò del male, tranquilla. Ti aiuto a sistemare questo pasticcio, va bene?»

Probabilmente si accorse del mio stato di disagio, perché mi accarezzò la guancia e sospirò. «Come ti chiami?»
Esitai. Avrei dovuto dirle la verità? Sparai il primo nome che mi venne in mente.
«Jules».
«Jules? È un bel nome. Il mio è Madison».
Lo so, pensai, ma avevo paura che se gliel'avessi detto mi avrebbe lanciato fuori dalla macchina e io non conoscevo la zona in cui ci trovavamo.
Rimanemmo in silenzio per il resto del viaggio.
Lei aveva domande da farmi, lo percepivo, ma io non volevo rispondere e forse lei aveva percepito questo. Tuttavia, mi tenne la mano per tutto quel tempo. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, ma per fortuna nessuno disse nulla e io potei piangere in silenzio.

Una volta arrivati a quella che era la casa di Madison Beer, la prima cosa che feci fu spalancare la bocca. Se fuori sembrava grande, dentro lo era ancora di più.
«Madison, io-»
«Togliti pure i tacchi se vuoi, ti porto delle ciabatte» disse, mentre si toglieva i suoi. Annuii soltanto. Cercava di essere gentile, lo compresi. Nel tempo che impiegò a sparire per andare a prendere le ciabatte io feci amicizia con il suo cane: Zero. Il piccolo non la smetteva di scodinzolare e accoccolarsi a me. «Gli piaci» mi disse. Sorrisi, in modo sincero. «Come si chiama?»
«Zero, è un volpino» si avvicinò e iniziò ad accarezzarlo dappertutto.
«Chi è quell'uomo?» chiesi, indicando con un cenno di capo il ragazzo che stava nell'altra stanza.
«Mio fratello, Ryder. Avevamo intenzione di passare la serata a divertirci in quella discoteca, poi abbiamo incontrato te».
Sentii una stretta al cuore. «Scusami...»
«E di cosa? Non hai colpe».
Mi accarezzò, di nuovo, la guancia. Mi infilai le sue ciabatte e la seguii quando mi condusse in camera sua. Mi porse una maglietta oversize e un paio di pantaloncini, poi entrammo in bagno.

«Jules, davvero, mi dispiace per quello che è successo» mi aiutò a struccarmi. Annuii lievemente. Solo chi non è umano non proverebbe compassione per me, giusto?
«Davvero».
«Lo so... voglio dire.. grazie, Madison, ma non credo che sia il caso di parlarne ulteriormente».
Sospirò. La stavo stancando.
Mi cambiai davanti a lei. Non avevo nulla da nascondere, tanto. Ormai tutti sapevano la mia storia. Percepii comunque una sorta di tensione nell'aria. Non te lo aspettavi, eh?
Non fece domande. Mi guardò cambiarmi in silenzio e una volta finito mi pettinò i capelli. «Ti riaccompagno a casa. Il vestito puoi pure lasciarlo qui e tornare a prenderlo quando sarà pulito».
«Grazie» risposi, ma sapevo bene che non sarei più tornata in quella casa.

Mi abbracciò. Titubante, ricambiai l'abbraccio e sentii subito una sorta di scossa. L'abbraccio era caldo, pieno di affetto. Avrei voluto durasse di più.
Una volta separata da me, chiamò Ryder e i due mi riaccompagnarono a casa. Non le diedi il mio numero, la mia mail o il mio profilo social. Avrebbe capito che le avevo mentito sul mio nome e probabilmente si sarebbe arrabbiata. Quando arrivai alla porta di casa, mi voltai. Mi stava guardando, aspettava per essere sicura che sarei stata bene. Ryder guardò prima me e poi sua sorella e sorrise scuotendo la testa. Chissà che cosa lo faceva ridere...
Entrai e, chiudendo la porta, sentii il motore della macchina allontanarsi. Mi accovacciai per terra e iniziai a piangere, ignorando le urla di mia madre furiosa.

Avevo conosciuto una delle mie cantanti preferite, si era presa cura di me come nessuno aveva fatto finora e mi aveva persino riaccompagnato a casa. Però invece che urlare dalla gioia, piansi. Perché sapevo, nel mio cuore, che le nostre vite non si sarebbero mai potute incontrare nuovamente.

Perciò quel fatidico 27 maggio 2019, promisi a me stessa che d'ora in poi le cose sarebbero cambiate, drasticamente.



BOOM!
Eheh è un piacere vedervi, lettori! È passato davvero tanto tempo da quando ho pubblicato qualcosa... Non farò promesse di pubblicare più spesso perché so che non ce la farei, perciò vi prometto soltanto che, quando sarò inspirata e avrò tempo, scriverò qualcosina.

Ad ogni modo, ECCOCI QUA CON IL PRIMO CAPITOLO!!!!
Un po' corto ma è solo l'inizio, quindi vi chiedo di chiudere un occhio.
Non sono il tipo da scrivere fan fiction maaaaa ho deciso di considerarla come allenamento per future storie, a cui tengo di più. Inoltre, perché no, magari si rivela carina e interessante.
Nel prossimo capitolo rivelerò il nome della protagonista, promesso.

Che cosa vi aspettate da questa storia?
Ora io vado, alla prossima!

~miki xx

Pretty Girl - M.B.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora