Ooh I care I care I care, like perfume in the air

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La mattina seguente, quando mi svegliai, Madison non c'era. Non me ne preoccupai affatto perché la stanza era identica a come l'avevamo lasciata, dunque era probabile che si fosse svegliata da poco. Nonostante non avessi lezioni quella mattina e la voglia di dormire fino a tardi fosse alta, presi un bel respiro e mi alzai anche io. Non appena uscii sul corridoio notai Zero pronto a darmi il buongiorno. Gli accarezzai la testolina arancione e poi scesi al piano di sotto, dove vidi Madison in cucina. La naturalezza e semplicità nel suo pigiama e viso struccato sveglio da poco mi fecero ricordare che, in fin dei conti, Madison era una ragazza tale e quale a me. La sua fama da cantante alle prime armi non cambiava la sua natura innocente da innocua umana.
Forse la fissai per troppo tempo, poiché si girò verso di me sorridendo e nella fretta di venirmi a salutare fece cadere il caffè. Imprecò mentre Zero andava ad annusare i resti della bevanda sul pavimento bianco. «Aspetta, ti aiuto».
Mi chinai a passare un pezzo di scottex, ma quando rialzai la testa mi scontrai con quella di Madison. Ridemmo entrambe alla nostra sbadataggine e poi ci alzammo. Sospirò.
«Sai Jules, era da un po' che non mi sentivo così... leggera. Te ne sono grata.»
«Di sicuro la tua testa non lo è» risposi ridacchiando mentre mi massaggiavo la fronte. Mi spostò una ciocca di capelli dal viso e, dopo avermi sorriso, mi porse una tazza di caffè latte. Facemmo colazione con delle brioche che si trovavano lì sul bancone e parlammo di come avremmo trascorso la giornata.
«Davvero studi psicologia?» mi chiese.
«Sì. Mi piacerebbe lavorare come assistente sociale, in modo da aiutare i più bisognosi.»
Notai che Madison mi stesse per fare una domanda a riguardo, ma gliene fui grata quando scelse di rimanere in silenzio senza addentrare troppo il dito nella piaga.
«Comunque... stasera c'è una festa...»
Scoppiai a ridere. «Che c'è?»
«Se mi stai per invitare sappi che la risposta è no. Non posso prolungare la mia permanenza a casa tua, e poi non sono il tipo da uscire la sera» risposi, consapevole che, forse, se i miei anni al liceo fossero andati diversamente avrei saltato di gioia al pensiero di andare ad una festa di gente che non conosco e fare amicizia.
«Non contavo che volessi restare di più» rispose, facendomi arrossire. Era stato stupido da parte mia dire ciò che pensavo senza riflettere. «Non che sia un problema, sia chiaro. Tuttavia... vorrei davvero che tu venissi» aggiunse, regalandomi un sorriso tanto innocente quanto un bambino che prova il suo primo lecca-lecca.
Ci riflettei sopra. Che cosa avevo da perdere?
Se volevo dare una svolta alla mia vita, quello era il momento perfetto per farlo. Ma certo il cambiamento non è facile all'uomo, e così domandai: «Che cosa ottengo in cambio?»
Gli occhi di Madison si accesero per un istante.
«Soggiorno a casa Beer?»


****





Il suono della campanella mi sembrò quasi surreale. Ero talmente concentrata che mi scordai fossi all'ultima lezione della giornata.
«Mi raccomando, il mese prossimo finisce la sessione, perciò assicuratevi di studiare e terminare i vostri esami in tempo» disse il professore, mentre un'orda di ragazzi si precipitava fuori dall'aula. Faceva caldo ed eravamo in estate, era normale che tutti volessero passare la giornata al parco o in spiaggia. Raccolsi le mie cose e notai un ragazzo appoggiato allo stipite della porta. Stava guardando proprio me. Mi guardai intorno confusa, pensando stesse aspettando qualcuno dietro di me, ma ero l'unica rimasta.
Decisi di ignorarlo e così feci per oltrepassare la porta, ma mi afferrò per il braccio. D'istinto, o forse per i lividi, mi scostai di scatto e mi coprii con l'altra mano la zona interessata.
«Si può sapere chi sei?!» gli domandai irritata. Non volevo fare una scena davanti al professore, ma essere toccata senza preavviso, e soprattutto da uomini, non mi garbava proprio.
«Scusa...» mi rispose a bassa voce. «Ti stavo cercando. Sei Chloe Winter per caso?»
«Sì, è successo qualcosa?»
«Oh, no... no tranquilla» ridacchiò. Aprì il suo zaino e estrasse un volantino da esso. «Forse lo sai già ma ci sarà uno spettacolo a settembre organizzato dall'università come raccolta fondi. Il problema è che mancano attori e tu... mi sembravi abbastanza carina da provarci» spiegò, porgendomi un foglio viola su cui sopra c'era scritto "The Moon Show" e tutte le varie informazioni inerenti allo spettacolo. Lo squadrai un attimo: capelli corti biondi, occhi azzurri, lentiggini. Non era tanto più alto di me, ma era abbastanza robusto da poter essere definito bello. Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma in quel momento non mi veniva in mente.
«Mi prendi in giro?»
«Cosa? No, io... scusa, hai ragione. Non avrei dovuto chiedertelo, non così almeno» disse, cercando di prendere il volantino dalla mia mano. La tirai indietro. È vero, non volevo partecipare, ma vederlo nervoso e deluso dalla mia reazione mi fece sentire in colpa.
«Adesso non riesco a risponderti. Ci penserò su» sorrisi appena e me ne andai velocemente verso l'uscita. Fuori dall'edificio c'era Madison ad aspettarmi, con tanto di capelli legati, capello con visiera e occhiali da sole. «Non voglio essere cattiva nel dirtelo, ma tutti si accorgeranno di te.»
«Solo tu ti comporti come tale» controbattè sorridendomi. «Allora? Carica?»
«Per nulla...» risposi. L'idea di una festa tra ricchi non mi entusiasmava per nulla, ma era anche vero che Madison mi aveva praticamente implorata di andarci ed era disposta ad ospitarmi a casa sua per un altro po' se l'avessi accompagnata. Feci un respiro profondo e misi via il volantino. «Madison, promettimi che non succederà nulla di strano alla festa e che non mi lascerai mai sola.»
«Perché dovrei?» rise, ma si fermò immediatamente quando notò che io non stavo affatto scherzando. Non volevo rivivere i momenti del liceo, e mi parve quasi che se ne rammentò anche lei, perché disse: «Certo, scusami.»
«Bene... Passo a casa mia a prendere qualche-»
«Vestito? Neanche per sogno. Ti presto tutto io.»
Mi prese a braccetto mentre ci incamminammo verso la sua macchina. Sentivo una strana sensazione sulla mia pelle, ma decisi di non pensarci più di troppo. Probabilmente era solo ansia per la serata che sarebbe arrivata.
Una volta salite in macchina Madison accese la radio e, con sorpresa di entrambe, Baby stava suonando in radio.
«Jules, dimmi che non sto sognando.»
Risi e le tirai un piccolo pizzicotto sul braccio. «Ouch!»
«No Mads, hai sentito bene». Arrosii quando mi resi conto della confidenza che le stavo dando, con quel semplice nomignolo.
«Va bene Jules, torniamo a casa a farci belle».

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 29 ⏰

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