I. Il teorema del pianto

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I RAGAZZI IN QUESTA STORIA SONO ENTRAMBI MAGGIORENNI!

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Lo sentì entrare dalla porta, scuotere la serratura con le sue belle dita affusolate, la risata che risuonava dentro l'atrio rimbalzando contro le pareti di cartongesso.

Stretto nel suo letto, Inui chiuse gli occhi. La risata di lui si mischiava ad un suono più morbido, più cristallino. Percepì il ticchettio delle loro scarpe contro il parquet, il rumore delle loro dita contro i muri. Il loro passaggio rumoroso.

Koko aveva detto qualcosa e lei aveva riso, con quella sua risata che faceva piegare il mondo ai suoi voleri.
Li aveva sentiti entrare nella stanza accanto, richiudersi la porta alle spalle con un piccolo tonfo. Ancora le loro risate mescolate, il fruscio delle lenzuola. Un piccolo urletto.

Inui si voltò su un lato, le braccia strette al petto come a volersi infondere un po' di calore con quell'abbraccio immaginario. Il suo corpo pareva impacciato anche in quel letto troppo piccolo per la sua statura.
Il letto in cui un tempo aveva dormito stretto a sua sorella, con il naso affondato nei suoi capelli e le braccia annodate alla sua vita.
Lo stesso letto che pareva vuoto, spoglio, senza il respiro di sua sorella.

Affondando tra i suoi sensi di colpa e la malinconia che gli riempiva le vene fino all'orlo, Inui dovette sopportare anche il tremore della parete posteriore al letto.
Il clangore della spalliera di ferro che pareva un martello a percussione contro il muro.

Un bom continuo che pareva risuonare lungo tutta la stanza, che si diffondeva nelle fessure e percorreva tutta la camera.

Bom. Bom. Bom.

Inui se lo sentiva nella testa perfino premendosi il cuscino contro le orecchie. Un raschiare della parete e quei gemiti sottili che parevano infilarsi nella parete come chiodi appuntiti. Gli trapassavano i sensi e si incastravano direttamente nel suo cuore. , il suo cuore che pareva essersi fatto di vetro.

Un vetro che era scoppiato in mille pezzi e continuava a frantumarsi ad ogni respiro.

Cercò di ignorarlo, di non farci caso, di concentrarsi sul modo in cui le sue palpebre battevano su e giù, sul modo in cui i pensieri parevano abbandonarsi e rimescolarsi nella sua testa come un margarita. Cercò di non pensare, di non immaginare quello che inevitabilmente stava accadendo nella stanza accanto, ma i rumori non gli davano tregua.

Forse fu quella notte che scelse di andarsene di casa. La notte in cui l'uomo che amava gli aveva preso i sentimenti e glieli aveva accartocciati nel pugno fino a ridurli in briciole. Forse la consapevolezza di aver perso veramente tutto quello che aveva, quello in cui sperava, lo indusse a staccare le radici e andare via.
Scappare da quella trappola che non faceva che spingerlo a fondo.

Quando finalmente smisero, Inui continuò a risentirlo nelle orecchie. Forte e lapidario come un ticchettio rotto. Un pendolo stonato che andava a ritmo con i sussulti sempre più acuti del suo cuore.

Voleva che smettesse di fare male, che tutto quel dolore si riducesse a un millimetro di polvere da poter nascondere sotto il tappeto a fantasia indiana, quello che Koko aveva comprato a sua sorella.
Ma non poteva. Non viveva in una fiaba, non avrebbe mai avuto nessun principe che sarebbe corso a salvarlo col suo destriero bianco.
Solo quell'inevitabilmente e logorante dolore che non faceva altro che riempirlo di nulla e tutto.

Lo scricchiolio della porta lo fece sussultare. Tirò su col naso, mettendosi su un lato. La federa del cuscino si era stroppicciata ed ora gli solleticava la guancia umida.

But you're not her, KokonuiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora