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«Possiamo parlare?»
Ci vollero due parole per far smettere Crowley di guardarsi intorno infastidito da quella pioggia. Non amava bagnarsi ma gli piaceva l'idea "romantica" del ripararsi insieme da una tempesta, guardarsi negli occhi e innamorarsi; dopotutto, lui si era perso allora per Aziraphale. Dalla sua prospettiva era bastato - se così si può dire - essere protetto dalla prima pioggia per provare qualcosa.

Quando il demone annuì, sistemando i sia i propri che i capelli dell'amico, avrebbe potuto giurare a chiunque gli avesse parlato di aver visto quell'angelo arrossire, anche se in modo molto leggero. Con i suoi occhi non vedeva chissà quanto bene ma aver visto quel volto migliaia, milioni, di volte gli dava la certezza di conoscere ogni piccolo dettaglio di esso.

«Dovremmo tornare nella libreria, piove e siamo fradici-» Fu solo un tentativo di Aziraphale, bloccato da un'inaspettata negazione da parte del demone.
«Er- nah. Non serve, Angelo, parla, avanti.» Lo invitò Crowley, mentre il suo tono assumeva quel carattere leggermente sarcastico, tipico, sul "nah", come se volesse tutto il contrario di ciò che diceva ma non era la scelta adatta al momento.
L'angelo si fece scappare un "oh", restando in silenzio per formulare un discorso sensato. Finora si era sempre espresso facendosi vincere dalla sua genuina felicità e purezza ma non era ciò di cui avevano bisogno, non era ciò di cui aveva bisogno Crowley.

Strinse ancora la mano del demone nella sua mentre quella libera la scosse leggermente per ottenere un ombrello che scoprisse entrambi, tenendolo sopra le loro teste. Sospirò, iniziando a dire ciò che gli passava per la testa.
«Mi dispiace tanto, Crowley, so che hai interpretato male le mie parole. Lo sapevo anche quando sono partito, lo sapevo e sono andato via ugualmente perché speravo di poterti ridare la libertà di essere te stesso, chiunque tu voglia essere...»

Il demone lo lasciò parlare, senza interrompere, mentre la sua bocca si ripiegava in una smorfia che, vista da chiunque, poteva sembrare come infastidita - anche se così non era e Aziraphale lo sapeva bene. Crowley era una persona fortemente espressiva ma non poteva essere interpretato al 100% senza vedere i suoi occhi; solo che all'angelo non serviva farlo, sapeva benissimo che lo sguardo del demone si era addolcito, anche se sofferente, alle sue parole.

«...Non volevo riportarti alla tua forma angelica perché non ti reputavo, o reputo, alla mia altezza in quanto demone o qualsiasi idiozia tu abbia pensato. Volevo che tu mi aiutassi a rendere il Paradiso un luogo degno della tua luce, degno di te, Crowley, angelo o demone che tu sia. Volevo renderlo un luogo degno del tuo sorriso e ho fallito. Io- mi dispiace da morire, non avrei dovuto esser così superficiale e sperare che tu intendessi ciò che volevo dirti senza essere completamente chiaro con te.»

«Senti, io-» Iniziò Crowley, cercando di non farsi tradire dalla sua voce proprio in quel momento. Se avesse avuto meno orgoglio probabilmente avrebbe anche accettato di piangere in quella situazione ma no, lui avrebbe preferito la discorporazione piuttosto che piangere davanti a lui per questo. «Ti ho detto che ti avrei perdonato a prescindere, se avessi fatto ciò che ti avevo chiesto.»

«Ma- Crowley, io- io non ho ucciso Shax...»
Eccolo di nuovo. Quel tono dolce che Crowley non riusciva ad odiare, neanche se si fosse trovato in una situazione mortale.
Parlare con Aziraphale equivaleva a parlare con un bambino con fin troppi poteri e conoscenze. Lui era, ironia della sorte, l'immagine perfetta di un Angelo dal punto di vista umano; poteva essere considerato un traditore, un falso o addirittura un angelo caduto ma Aziraphale era di una purezza emotiva da far paura e Crowley l'aveva capito dall'inizio, dal primo sguardo che si erano rivolti lassù, in Paradiso.

«So che non hai ucciso Shax, l'ho fatto io. È per questo motivo che non volevo parlassi con Metatron in quel momento.
Angelo tu sei così intelligente, eppure non riesci a star lontano dai pasticci. Andiamo! Non hai fatto nulla di male oggi, sono io che ho ucciso un altro demone e rischio chissà cosa.» Crowley parlò con un tono di voce abbastanza alto, come se stesse spiegando chissà quale piano geniale, mentre muoveva la mano libera in aria, gesticolando per enfatizzare il suo discorso.
Si fermò dopo aver smesso di parlare, abbassando leggermente il capo in direzione dell'angelo e abbassando il tono della voce.

Potevamo essere un "noi" (Aziracrow) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora