Il villaggio di Kaip

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Nel piccolo villaggio di Kaip la gente amava venerare la Luna, perché di tutte le bellezze portate via da questo mondo secoli fa, lei rimase a vegliare sugli uomini. Erano pochi i luoghi in cui ancora si rispettasse il benessere comune e viaggiare, soprattutto da soli, comportava molte volte la morte; predoni, abomini della notte, praticanti del Dio Dimenticato e i temibili Revent erano all'ordine giorno qui sulla terra. A Kaip moltissimo tempo fa si riunirono persone semplici e senza cattive intenzioni, gente che non avrebbe torto un capello neanche a Lebland; c'era Terry E Garfald, dei contadini che trovarono terra coltivabile in questa vallata, Mephisto un giovane fabbro figlio degli antichissimi giganti, Daito un Revent buono, molto raro di questi ultimi tempi; e infine una dozzina di spiriti del Sole che proteggono Kaip dagli abomini che viaggiano la notte, chiamati anche demoni. La luce di questi spiriti è abbastanza fioca da permettere di osservare la maestosa Luna e le sue figlie Stelle, ma abbagliante per chi non avesse buone intenzioni; in pochi ricordano i loro nomi, questo perché parlano un antichissima lingua utilizzata soltanto dal Dio Dimenticato; per chi ricordasse, Pop, Pap, Flip, Flop, Dig, Dag, Ger, Gar, Lil, Lal, Far e Fir.

Il vento a Kaip era forte e scatenato quella sera, gli spiriti parevano inquieti e Daito era piuttosto silenzioso per essere un taverniere. Un vagabondo si potette scorgere comparire infondo alla collina; la luna illuminava il suo lento incedere, quasi incerto; sul suo corpo portava un vecchio cappotto e al collo una sciarpa oscillava seguendo le onde del vento. Quando uno degli spiriti illuminò il forestiero, si rivelò essere un'uomo sulla quarantina d'anni che portava una corta barba ispida, i suoi vestiti erano ricoperti di sangue scuro, e legato al fianco come un macabro trofeo, vi era la testa di un abominio. Passò in silenzio attraversando le poche vie del villaggio; sapeva dove andare, loro si conoscevano da parecchio tempo, Daito lo stava aspettando.

Le porte della locanda si spalancarono di colpo interrompendo la suonata serale del vecchio Terry; gli occhi del contadino si incrociarono con quelli del forestiero che erano scavati nella pelle come buche. Sicuramente quello non era un predone, pensò di getto il campagnolo lanciando un sguardo al taverniere che nascondeva sotto la sua folta barba un piccolo sorriso di benvenuto.

"Se sei venuto a piantare grane sei nel posto sbagliato. Anche se non sembri armato non credere che non ti tenga d'occhio sorcio". Terry si alzò con aria di sfida tenendosi la cintura dei pantaloni; non gli erano mai piaciuti gli stranieri, e sicuramente quest'ultimo non aveva l'aria di uno sprovveduto. L'ultima volta che qualcuno sostò a Kaip, portò la piaga dell'angelo dal nord e Garfald si ammalò parecchio. Inoltre notò chiaramente la testa del demone che dondolava perdendo ancora sangue sui pantaloni e sul pavimento della locanda, e ciò non gli piaceva affatto.

L'uomo ignorò la provocazione dirigendosi da Daito e sedendosi davanti al bancone.

"Grande Padre, sei invecchiato malissimo Adam, la tua barba è grigia e la tua pelle piena di rughe. Sembri carta straccia e...". Si fece più serio. " molto stanco". Quasi preoccupato.

"Se sono tornato vivo e soltanto grazie alla Luna di questa notte. Inoltre ho faticato parecchio nel cercarti...Da'". disse privato di emozioni da qualcosa che lo tormentava. Terry compreso la serietà del momento e sapeva che Daito conservava molti segreti portati da chissà dove fin qui. Riprese a sedere cominciando a giochicchiare con le corde del okulele.

"Lo so bene". Ridacchiò." In questi ultimi anni mi sono spostato in lungo e in largo, alla ricerca di un luogo tranquillo dove riposarmi per l'eternità. Anche se il tuo arrivo credo abbia un pessimo significato". L'ultima parte la disse quasi come se fosse una domanda di cui sapeva la risposta; Il revent aveva praticamente cresciuto Adam e la sua specie non potendo morire di vecchiaia, gli aveva permesso di vedere ogni sfaccettatura dell'uomo che guardava il bancone con occhi catatonici. "Comprendo anche che tu non voglia portarlo qui". Aggiunse ancora più serio. Adam impiegò qualche secondo prima di rispondere; nella sua mente vagavano mille pensieri, per lo più contorti. Non voleva che accadesse la stessa cosa che divise lui e il buon Daito due secoli fa; no, questa volta non poteva risuccedere, era diventato mortale e questo lui lo sapeva. "I demoni delle catene del Rosso...qualcosa li ha terrorizzati. Credo che Lebland sia tornato e loro mi hanno sussurrato che ha fatto qualcosa di orribile." Si portò una mano alla bocca e spalancò gli occhi pensieroso, quasi inumiditi da lacrime di paura. Terry non potette fare altro che sentire sbiancando come la neve che picchia nel recondito nord. Soltanto ora capì chi era il forestiero; di questi tempi i lori nomi erano mutati nella leggenda e perduti. Il contadino terminò di suonare con un'ultima nota stonata. "tu...sei l'uomo che fu partorito da un demone" disse senza voltarsi.

Nella locanda calò di nuovo un'assordante silenzio; il vento incalzava le persiane creando un'orchestra di desolazione. Era in questi momenti che si capiva quanto fosse vuoto il villaggio di Kaip; un luogo desolato ma sicuro per chi volesse nascondersi dalle avversità che questo mondo offriva.
Daito si schiarì la gola. "Che cosa vuoi da me Adam? Non sei venuto qui soltanto per informarmi e spaventare il villaggio di Kaip. Ti voglio bene stellina, ma non ho tempo di risolvere i tuoi discorsi criptici". Strinse le mani al banco con i polsi girati verso Adam.
"Mi serve di nuovo il tuo aiuto. Sto diventando sempre più stanco e vecchio; il sangue di abominio non mi terrà in vita così a lungo". Nel dirlo prese la testa del demone e fece colare il sangue gocciolante all'interno di un bicchiere. Terry si portò una mano alla bocca per il disgusto quando prese a bere. "Cosa vuoi che faccia?" Assotilio gli occhi. "Devi portarmi alla biblioteca. Non troverò risposte vagando per queste lande desolate.". Daito sgranò gli occhi e ripensò al passato; nei suoi ricordi vi era morte e sofferenza per lo più, ma non dimenticò mai la promessa fatta al sacerdotessa che diede vita alla leggenda di Adam. Quando fece per aprire bocca, la porta della locanda si spalancò di colpo; non era il vento e per un solo istante pensarono fosse Lebland, era assurdo ma non impossibile.
Un uomo entrò ansimante, vestito con stivali incrostati di terra e una canottiera ingiallita; era visibilmente impaurito e totalmente in panico. Garfald non si spaventava facilmente e questo Terry lo sapeva. "Che succede dust?". (Era un termine utilizzato dai giganti per chiamare un amico). I suoi occhi erano iniettati di sangue e piano piano delle lacrime stavano solcando vie sulla vecchia pelle porosa. Prese un respiro e sollevò lentamente la canottiera.
La gente del nord le chiama spirali di morte; sono portatrici di pestilenza ma soprattutto di cattivo presagio. Stanno a indicare l'arrivo della maledizione di Ramses; il più grande male di questo mondo. La carne si contorce e annerisce soprattutto vicino allo stomaco e al cuore. 

Terry a quel punto trasalì; lo straniero della legenda poteva pure andarsene a fanculo.

"Lurido portatore di pestilenza. Guarda cosa hai trascinato con te!". Si alzò di colpo. " Lo sapevo che avresti portato guai. Vuoi ucciderci tutti per caso ? Conosco la leggenda, ma soprattutto conosco le dicerie sul tuo conto. Non sei troppo diverso da Lebland!". A grandi passi raggiunse Adam afferrandolo per la spalla. " Sei una sciagura per questo mondo; ora Kaip è spacciata e condannata a Ramses!" Incalzò ancora altre parole di rabbia alle spalle di Adam che rimase in silenzio. Terry ci teneva a Kaip, ma soprattutto a Garfald che era tremante di paura. L'ultima volta che accade una cosa simile soltanto le lacrime di angelo potettero salvare il villaggio, ma quell'asso nella manica di Daito era ormai bruciato. "Cazzo almeno guardami mentre ti p-" Adam afferrò la bocca di Terry alzandosi di scatto, e con la mano sinistra alzò l'indice davanti la sua. "Se continui ad urlare siamo tutti spacciati". Sussurrò alzando gli occhi al soffitto. "Adam...ti sei fatto seguire dalla piaga?" aggiunse spaventato Daito. "non lo so" rispose.

A partire dal centro del soffitto, una grossa macchia nera si estese, cominciando a crepare il legno e a farlo marcire; alcune di queste pozze si estesero anche sulle pareti e sul pavimento della locanda. Percorreva solchi attorno alle assi di legno avvolgendole e strizzandole come carta bagnata. Stava cercando qualcosa dentro la stanza, forse qualcuno. La piaga si fermò poco prima di aver raggiunto i piedi di Terry che tremava terrorizzato e ansimava attraverso i guanti di Adam. Tutti rimasero immobili per qualche secondo; nessuno osava anche soltanto guardarsi attorno. Gli occhi erano serrati e la chiave era stata gettata in un pozzo profondo di paure. Solo dopo qualche chiaro minuto Terry prese il coraggio di abbassare il braccio di Adam dalla sua bocca e di prendere qualche boccata d'aria; forse se ne era andata, o stava attendendo il più piccolo rumore per ucciderli tutti. Adam fece un solo passo in avanti per avvicinarsi alla porta di uscita dove sostava immobile Garfald. Il pavimento scricchiolò per un secondo infinito, e quando abbassò gli occhi vide di star calpestando un'asse marcita. Non ci fu tempo per pensare e quando crollò su se stessa il suono fu forte e solitario. Dalle profondità della locanda trasalì un gorgoglìo contorto; ricordava il lamento di un'uomo tormentato e subito dopo quello di un bambino piangente e di una donna affranta. Dalle crepe emersero centinaia di occhi galleggianti e moventi che si agitavano tremando. Ogni bulbo conserva caratteristiche differenti l'uno dall'altro; erano iniettati di sangue scuro e pareva sofferenti in cerca di salvezza. Emettevano rumori acuti, simili agli stridii degli uccellini appena nati e ognuno di loro guardava un solo punto fisso, Adam. Erano grossi quanto pugni, troppo grandi per essere umani e nella loro infinita e chiara sofferenza, parevano troppo puri per questo mondo. Vi era un pensiero collettivo, sarebbero morti tutti quella sera.


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