note: spite is a powerful motivator
Non ne avevano parlato più, e dopo poco quel silenzio aveva assunto il triste sapore della quotidianità.
Esistevano negli stessi spazi, si nutrivano dello stesso tempo, s'assecondavano degli stessi sguardi, ma lontani, in silenzio, che quella tavolata di cui occupavano gli estremi pareva espandersi al calar del giorno, rigirarsi la terra intera e curvarsi ad onor del vero, solo per tornare indietro.
Non gliene faceva una colpa, Simone, non gliela faceva mai, ma Manuel- Manuel che adesso si capiva, Manuel che non sopperiva più sotto il silenzio del suo chiasso, sembrava quasi incapace di perdonare se stesso.
Continuavano a dire in giro d'essere amici, a rassicurare i genitori della gioia intrepida d'essere vivi nello stesso posto, d'accarezzare le stesse polverose pareti ed addormentarsi a tarda notte sullo stesso divano, ma per quanto si sforzassero ogni parola che li crogiolava nella pancia sobbollendo di desiderio di viaggiare verso il ventre arido dell'altro moriva sul nascere, che pareva allora condividere lo stesso triste destino dei bruchi, così tanto tempo e tanto coraggio a forza d'esistere in quel bozzolo, solo per morire al primo volo tramutate nella tristezza di un suono a malapena accennato, una tosse secca a tre colpi, solo per schiarirsi la gola.
Si guardavano spesso, parevano concordi e complici in quel tacito gioco di sguardi sereni, che sembrava provenire da essi, nella timidezza del loro estinguersi, ogni misera condanna di felicità.
Manuel guardava Simone sempre.
Si dicevano fosse quella la ragione di tanto arido niente, che ormai erano l'uno il testimone dell'altro, a reggersi a vicenda la lanterna a scendere gradino per gradino quella stessa vita, ed allora da dirsi restava ben poco. Temeva invece, Manuel, quel silenzio non fosse che concorde codardia, o becera preservazione, che avessero aperto bocca allora la realtà si sarebbe vomitata da sola dalle loro labbra, e non avrebbero potuto far altro che prenderla per vera.
Era sempre felice, Manuel, a guardare Simone, e ne era sempre codardo.
Lo guardava conquistare la vita, vincerla, pezzo per pezzo.
Lo guardava allora, dalla sua stessa finestra, salire in una macchina diversa ogni sera, scenderne poi stordito ed euforico, e sorprendentemente integro alla notte. Gliel'aveva chiesto una volta soltanto, alzando di poco la testa da un tomo di inglese all'indomani di un compito che la luna già s'immolava al cielo per le luci dell'alba, e il sole bruciava instabile nella sua stessa stanza.
"E' andata bene?" e non ne aveva tono la sua voce, che quasi pareva non appartenere al calore che di intrepida gioventù ne aveva sempre scaldato il petto.
Simone aveva alzato di scatto la testa dallo specchio, aveva sorriso, e tanto era bastato, s'era arrossato di colpo e tutto in una volta, aveva annuito, stretto il pigiama al petto ed era corso in bagno a cambiarsi.
Gli aveva fatto tanto male che quasi gli aveva fatto bene.
Aveva passato poi i giorni successivi a farne pensiero, ed aveva scavato tanto a fondo che gli era sembrato di scorgere fra i cumuli di terriccio l'origine di quella miseria. Non gli aveva mai chiesto scusa, Simone l'aveva perdonato e basta, eppure quelle parole gli erano rimaste infagottate in gola con così tanta prepotenza che non avevano lasciato che più niente ne trovasse passaggio.
Erano passati mesi, e poi un anno intero, e lui era stato il primo di centomila tutti uguali a seguirsi senza mai tornare, eppure Simone di quella instabile temporanea gioia pareva contento, che tanto terribile era stato lui che allora ogni cosa a seguire doveva sembrare la più dolce delle fantasie.
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Fragilissima
FanfictionSi guardavano spesso, parevano concordi e complici in quel tacito gioco di sguardi sereni, che sembrava provenire da essi, nella timidezza del loro estinguersi, ogni misera condanna di felicità.