Caos

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Il giorno del mio arrivo a Ftia, fu un grande giorno. Ovviamente non a causa della mia presenza, ma per una ragione ben più nobile.

A mezzogiorno un'immensa flotta di navi costeggiava le nostre rive.

Una nave, una triremi ben adornata e leggermente più grande delle altre, approdò sulla nostra spiaggia.

Da lì, accompagnato da altri aiutanti, scese Odysseo.

Spesso avevo sentito parlare di lui, sovrano di Itaca e figlio di Laerte. Il suo nome, significava "odiato dai nemici". Era stato chiamato così dal padre di suo padre, Autolykos.

Quest'ultimo era un ex sovrano, che si era ritirato nella solitudine insieme ad alcuni dei suoi figli.

Si narrava che nelle notti di luna piena si trasformasse in lupo. Nessuno ne parlava bene, tutti avevano paura di lui e gli stavano alla larga. Questo inizialmente provocò molti dubbi nel popolo greco riguardo alla figura di Odysseo, perché "un nome così poteva portare solo sventura".

Ebbene, conoscevo bene la sua storia, poiché mi affascinò fin da bambina e ascoltai spesso racconti riguardanti la sua infinita astuzia.

Odysseo chiese udienza a Peleo, che lo accolse pieno di gioia.

Poi, vidi, parlò insieme ad Achille, stimato figlio di Peleo e guerriero eccezionale. Qualche ora dopo, ripartirono insieme, lui e Achille, verso quel luogo di strazio e sciagura: Ilio.

Appresi alcuni giorni dopo, che Achille era stato indeciso sulla partenza per Troia.

Odysseo, suo grande amico, era venuto e lo aveva spinto a offrirsi in guerra.
Per ultimo, il Pelide aveva accettato.

Dopo questo avvenimento trascorsi qualche mese in leggerezza giocando con le ancelle, studiando il greco, la geometria, la filosofia e la musica; imparai a utilizzare l'arco e a cavalcare, anche se mi era permesso farlo solo di rado poiché sono una ragazza.

Adoravo i cavalli, e percepivo un contatto tra me e questi animali, come se ci garantissimo fiducia reciproca.

In quel tempo esplorai Ftia in tutti i suoi angoli più nascosti. Non sempre mi era permesso uscire, ma trasgredii questa regola decine di volte, spinta dalla voglia di scoprire, e fu forse l'unico capriccio che mi permisi d'avere.

Ftia era una bella polis, le persone vivevano tranquillamente e molti degli abitanti avevano un sorriso, innocente, dolce e fiducioso stampato sul volto.

Quando la guerra cominciò a durare più del previsto, la fiducia venne a mancare; le persone cominciarono a mormorare, ad essere spaventate, a passare il loro tempo chiusi tra le mura domestiche, e nessuno sorrideva più.

Quanti figli, quanti padri, quanti uomini erano partiti.

Quanti, quanti sarebbero ritornati?

Cominciai a trascorrere le mie giornate sulla spiaggia.

La città non mi trasmetteva più quella gioia pura di prima.

Afferravo la sabbia a manciate, poi la spargevo al vento. Mi sdraiavo su quel tappeto dorato, caldo, materno, vi affondavo e sognavo.

Non smisi di fare ciò che tempo prima, quando navigavo, era un'abitudine.

Davo forme alle nuvole e alle stelle, ascoltavo il silenzioso scroscio del mare, e mi facevo cullare nei pensieri. Pensieri dedicati ad Anheia, ai miei genitori, alla mia nave, ai miei amici.

Crescendo cominciai a pensare alla guerra. A farmi domande alle quali mai trovai risposta.

Cominciai a conoscere la vergogna, il disprezzo, l'odio, lo sfruttamento, il rimpianto, capii che il mondo che mi circondava non era fatto solo di leggera felicità.

Capii che l'ombra che infestava molte città non era solo una nuvola passeggera, ma che avrebbe lasciato il segno, e molti avevano già smesso di provare la gioia per sempre.

Il mio cuore era invaso dal caos, un susseguirsi di emozioni mai provate prima, di nuove scoperte, di nuovi pensieri.

Una domanda mi assillava. Perché, due anni prima, mio padre aveva affidato me e Antheia ad altri re? Perché non rimandarci alla nostra isola, alla nostra casa, insieme?

A questa domanda trovai una risposta.

Scoprii che a Skyros era successo un grande scandalo.

Achille, tempo prima, giunto sull'isola aveva sedotto una principessa mia cugina, Deidamia, della quale non avevo mai sentito parlare prima.

La aveva accolta nel suo letto e avevano assaporato insieme l'amore.

Avevano concepito un figlio.

Achille, poi, senza dire una parola riguardo all'accaduto la aveva abbandonata ed era tornato a Ftia.

Personalmente consideravo, e considero questo atto di uno squallore infinito.

Il bambino nacque, la donna se ne prese cura e lo chiamò Neoptolemos.

Il suo nome significa "giovane guerriero".

Compresi che l'importanza che mia madre Acasta dava ai nomi non era infondata.

Infatti, dopo aver fatto tappa a Ftia, Odysseo era andato a Skyros.

Lì, Achille aveva incontrato suo figlio e il re di Itaca aveva comandato che Neoptolemos vennisse educato come un guerriero fin da piccolo.

Comandò un'educazione simile a quella che ricevevano i giovani spartani. E così fu.

Il ragazzo, cresciuto nella vergogna, senza un padre, senza l'amore di una famiglia aveva una rabbia indomabile dentro. Il suo addestramento ebbe successo poiché diventò una macchina da guerra.

Ad ogni modo, compresi che non ero stata mandata a Skyros a causa dell'agitazione che l'isola stava vivendo e degli squilibri che c'erano.

Nonosante tutto questo tumulto che incendiava il mio cuore, provavo ancora un briciolo di felicità.

All'età di quindici anni, conobbi per la prima volta l'amore.

Ma questa è un'altra storia...

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 23, 2015 ⏰

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