✨— ESME —✨
«Esme?»
Stropicciai gli occhi e distesi le braccia, sollevandomi dal cuscino. Guardai May, accanto a me, intenta a sdrucciolarsi contro il lenzuolo disfatto.
Mi sporsi un momento e vidi che stava ancora dormendo quindi decisi di alzarmi e andare in cucina, per non svegliarla.
La sera prima non aveva fatto nulla di estremo, ma immaginai che non fosse facile affrontare quei primi attimi della gravidanza. Persino per una donna in gamba come lei che di solito era capace di dividersi in quattro pure di portare a termine ogni impegno.
Salutai mio padre con un cenno e lui mi rispose allo stesso modo, perché troppo concentrato sulla sua tazza di caffè.
Quando la finì, prese il marsupio da lavoro e se ne andò, senza dire o chiedere nulla. Neanche il motivo per cui io e la mia amica quella notte, avevamo dormito insieme.
La cosa comunque, non mi dispiacque affatto. Anzi, era meglio così, piuttosto che iniziasse a blaterare e uscire di casa con il veleno in corpo – di solito non glie erano molto graditi gli ospiti.
Così, passandoci sopra, mi preparai un caffè e preparai qualcosa anche per la mia amica che mi raggiunse dopo qualche minuto.
Si fece avanti a piccoli passi e io mi offrii di aiutarla. Lei mi respinse. «Non sono ancora un invalida, cara mia.»
Alzai le mani con innocenza e la lasciai accomodare, anche Micky l'accolse, saltandole in grembo e fece le musa. Io invece le passai il cappuccino.
Ringraziò con un cenno e chinò gli occhi, bevendone un sorso. Poi rialzò la testa. «Grazie per tutto, ora torno a lavoro.»
Si affrettò a prendere la borsa che aveva lasciato sul divano ed evadere, ma io la fermai. La costrinsi a guardarmi, con fermezza e così fu. I miei occhi color menta si immersero nei suoi di cioccolato.
«Dillo a Campbell. È un po' preoccupato per te.»
Si irrigidì all'istante e io allentai la presa intorno al suo braccio. «Che intendi dire?»«Gli ho detto che sei rimasta da me stanotte e lui mi ha ringraziando, dicendo che ultimamente ti comporti in maniera strana e...»
A quella mia frase, May tremò. Si volse dall'altra parte, dandomi le spalle e si nascose con le mani il pallido viso. Singhiozzò.
Io allora le posai una mano sulla spalla, incoraggiante. «¿Qué pasa?»
«Niente...grazie, ci vediamo.» Strinse la tracolla e uscì di casa. Lasciandomi completamente sconcertata.Che aveva?
*
Andai a lavoro e come ogni giorno, aiutai Herrera con la correzioni di articoli e cose simili. Il mio pensiero però rimaneva fisso a May.
A un certo punto, le mandai un messaggio per sapere come stesse. Mi rispose con un pollice in su, che però non mi rassicurò molto.
Provai a chiederle un'altra volta che le stesse succedendo, ma non funzionò. Lesse, ma lasciò la conversazione in sospeso.
Per il resto però, la giornata fu abbastanza tranquilla, escludendo le grida isteriche della Leon che quel giorno sembrava ben disposta a criticare ogni piccolo errore di alcuni degli apprendisti in prova.
Quindi, quando fu il momento, mi allontanai, avendo all'Azul per il turno pomeridiano anche se -ad esser sinceri- nonvedevo già l'ora di tornare a casa. Mi feci forza ed entrai, salutando Leo e Camila per poi mettermi a lavoro.
«Come va Esme?» mi chiese un colpo lui da dietro il bancone, mentre mi preparava una birra da servire.
«Bene, Leo. Tu? E con Camila?»Sorrise malizioso e lanciò un'occhiata veloce alla sua ragazza. Poi riportò l'attenzione a me. «Si, va bene. Non litighiamo più così spesso.»
«Sono contenta per voi.»Lui mi ringraziò con un cenno e passò il bicchiere che io lo portai subito al tavolo, salutandolo con un cenno. Così, il tempo passò velocemente.
Tra un cliente e l'altro, le ore volevano -letteralmente- e quella era sicuramente una delle cose che preferivo dal mio secondo lavoro.
Allora, staccai e andai a sistemai un momento nello spogliatoio per poi uscire, salutando con la mano i colleghi e Nora che varcò la soglia del locale proprio quando mi stavo apprestando a uscire.
<<Ehi, mi dispiace tu non sia potuta venire.>>
- <<Anche a me, scusa.>>
- Lei si dimostrò comprensiva e posò una mano sulla spalla. <<Tranquilla, sarà per la prossima volta, no?>>
Annuii, anche se un po' rigidamente e la lasciai. Presi la macchina e presto fui a casa. Parcheggiai ai piedi dal palazzo, nei posteggi appositi e mi avvicinai alla porta principale.
Mi bloccai però nel vedere il profilo di un uomo dai capelli color nocciola e naso acquino. Lo vidi ringraziare la direttrice dell'attico e avviarsi verso di me.
Mi nascosi d'istinto contro il muro, schiacciandomi il più possibile così che non mi vedesse. Restai a fissarlo fino a quando non sparì nell'oscurità, dall'altra parte della strada, con il cuore a mille.
"No, non può essere" mi dissi, cercando di non ricordare colui che pensavo di aver appena incrociato.
Me lo ripetei per tutto il tragitto. Dal primo all'ultimo gradino della lunga scala che portava al mio appartamento.
Non mi convinse. O almeno, non come avrei voluto...purtroppo.
Un brivido mi percorse la schiena.Respirai a fondo e reprimendo ogni emozione, varcai la soglia del corridoio all'ingresso. Posai il capotto color cappuccino all'attaccapanni e lasciai la borsa sul divano.
Micky appena mi notò, venne in cerca di coccole quindi lo presi in braccio e carezzai affettuosamente, toccandogli l'umido musetto.
Lo portai con me al bancone della cucina e con un cenno salutai Felipe che contraccambiò con lo stesso gesto, ritirandosi poi per ritirarsi in camera sua dicendo di esser piuttosto stanco per il lavoro. Non lo fermai, ma dentro di me affondò un masso. Pesante e amaro come il veleno più letale.
Dovevo dirglielo, non poteva continuare così. Lui sosteneva di no, ma io vedevo che il corpo ormai non era più sano e forte. Aveva bisogno di smettere, depositare la chiave inglese e per quanto sarebbe stata dura...non poteva fare altrimenti se voleva -per una volta- prendersi seriamente cura di se stessa.
Con me aveva fallito alla grande, ma non potevo permettere che si buttasse via. Io avevo bisogno di lui, nonostante tutto.
I piccoli sorrisi che mi rivolgeva ogni tanto e i gesti appena accennati d'affetto in alcune occasioni, erano importanti e non volevo smettessero di esistere. Perché seppur rari, speciali.
Un trillo mi riscosse e afferrando il cellulare alla borsa, posai il mio gattino sul piano. Aprii il messaggio appena arrivato, delusa nel constatare che non fosse da parte di May.
Era da Hernández che con cortesia mi ricordava l'appuntamento per il weekend successivo, in cui sarei andata con loro al Rally della Valpolicella.
Con noia, risposi con un semplice si e rimisi giù il telefono. Mi scaldai quindi un patto di pasta preparato e poi averne mandato giù qualche boccone, decisi di andare anch'io a dormire.
Quella giornata non s'era rivelata intensa, ma un po' di riposo forse mi avrebbe aiutato a calmare la preoccupazione per May e l'agitazione per la vista di quell'uomo all'ingresso che sperai fosse solo un'allucinazione.

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𝑪𝑹𝑨𝑺𝑯 1 | Errore di Percorso
Acciónℛ𝒶𝒸𝒾𝓃𝑔 ℛ𝑜𝓂𝒶𝓃𝒸𝑒 ❤️🔥💫 VOLUME 1 della Dilogia "CRASH" Andres Riva è un noto pilota automobilistico, merito del talento innato che lo accompagna fin da ragazzo. La sua vita è fatta di sfarzo, vittorie e piaceri...tutto questo però non semb...