Capitolo I

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"Quelli che sognano ad occhi aperti sono a conoscenza di molte cose che sfuggono a chi sogna addormentato." Edgar Allan Poe.

Dedicato a mio nonno, mio padre: fonte d'ispirazione e d'amore. Adesso due luci nelle stelle.

1.

La notte gelida di quel giorno, mi fece venire una gran voglia di rintanarmi sotto le coperte più di quanto desiderassi in quel momento. Stavo praticamente soccombendo sotto diversi strati di plaid.
L'inverno a Providence, una delle tante capitali dello stato Americano vicino New York, appariva aggressivo, decisamente freddo e soprattutto molto bianco.
Per non parlare delle continue nevicate che torturavano la città, rendendo le giornate quasi sempre le stesse.
Con uno dei tanti plaid ancora sulle spalle a tenermi caldo, scesi dal letto a baldacchino e mi avvicinai alla finestra che dava sul gigantesco bosco circondante la stessa casa in cui vivevo.
Osservavo il buio profondo che, molto lentamente, veniva rischiarato dalla neve che scendeva a frotte sulla terra e sugli alberi. Proprio quest'ultimi sembravano avere una luce tutta loro, grazie alla tanta neve che vi vacillava sui rami.
Stavo pensando a quella mattina. Quella mattina in cui Alice, mia nonna, mi aveva strappato di mano un libro a cui ultimamente non volevo più togliere gli occhi di dosso.
Non che non volessi farlo, ma proprio non riuscivo a smettere.
Sbuffai.
Non era certo la prima volta che accadeva una cosa del genere con quel tomo.
Una sciocchezza penserebbero in molti... ma di sicuro non per me e per la mia curiosità che adorava essere attratta da ogni libro e testo particolare che mi ritrovavo tra le mani.
Stavo per rimettermi a letto, quando sentii bussare alla porta.
«Flame? Sei ancora sveglia?» Riconobbi la nonna picchiettare un colpo sulla porta della mia stanza.
«Non è che mi faresti entrare un attimo? Mi piacerebbe scambiare due parole con la mia cara nipotina.» mi chiese ancora in attesa.
Fui stranita all'idea di vederla ancora in piedi, specialmente a quell'ora della notte.
Con una mano dalla carnagione piuttosto chiara, mi tirai indietro i capelli biondo cenere sulle spalle.
Erano spettinatissimi. Sembrava avessi corso su e giù per tutta la stanza senza fermarmi un attimo, oppure come se avessi ballato una famosissima canzone rock ruotando la testa a ritmo per tutto il tempo.
Nonostante mi sentissi piuttosto stanca, anche quella notte l'insonnia era riuscita ad incasinare il mio sonno più del solito.
L'insonnia era ormai come un'amica, così in confidenza con me che non mi lasciava mai andare.
Era proprio per questo motivo che anch'io continuavo a rimanere sveglia.
«Sì, entra pure. Nessun problema.» le dissi a bassa voce, quasi sperando che non mi sentisse.
Continuavo a non avere voglia di parlarle.
All'improvviso un'emozione contrastante si impregnò nell'aria accompagnata da una folata di vento, che fece capolinea nello stesso punto dove si era appena fermata la nonna.
Di questo, però, sapevo bene di essermene accorta solo io.
La guardai meglio, facendo più attenzione ai dettagli che la circondavano.
I capelli grigi tirati su in uno chignon la rendevano più magra, e le rughe molto sottili sul viso e nel collo le attribuivano l'età che dimostrava; ma il tutto veniva compensato dal suo viso piccolino che le incorniciava delicatamente i suoi bellissimi occhi azzurri.
Non era poi così vecchia, ma quella notte mi apparì diversa. Decisamente stanca anche lei.
Sembrava che avesse preso qualche anno in più, per via delle grosse occhiaie appena sotto gli occhi.
Forse si trattava veramente di semplice stanchezza, un po' come me. In fondo, nonostante si fosse mostrata sempre una donna intraprendente e dal carattere forte, rimaneva lo stesso una persona anziana che aveva vissuto molto più di me.
«Non riesci a chiudere di nuovo occhio? Ormai dovresti saperlo perfettamente che non dormire fa piuttosto male alla salute... forse con una tisana calda prima di andare a letto miglioreresti la situazione.» mi disse con un sorriso dolce sulle labbra.
Stavo quasi per risponderle, quando in quel momento mi accorsi che continuava a tenere le mani nascoste dietro la schiena.
Non ne ero poi così sicura, ma dai suoi modi intuivo mi stesse nascondendo qualcosa.
«Mmh... sì, una tisana forse potrebbe funzionare. Ma tu che mi dici, nonna? Come mai sei ancora in piedi a quest'ora della notte?» mi apprestai a rispondere.
Iniziavo a pensare che non si trovasse lì solo per dirmi quelle cose.
«Io, beh... Ecco.» sospirò. «beh, sinceramente... Sono qui per ridarti questo.» Le sue mani affiorarono in avanti mostrandomi un libro dalla copertina consunta e di colore grigiastro.
Spalancai gli occhi color ambra, una delle tante cose che mi faceva sentire diversa da ogni altra persona al mondo e di cui avrei preferito farne a meno. Non conoscevo nessuno con il mio colore di occhi e la cosa mi faceva desiderare di possederne uno completamente diverso.
Non si trattava di un comune miele tendente al dorato, ma bensì di un'ambra abbastanza singolare. Il colore delle mie iridi risultava di un giallo scuro verso il centro, mentre ai bordi di un giallo ancora più luminoso.
Mi era sempre sembrato così inusuale... e non solo ai miei occhi.
Capitava spesso, infatti, che quando il mio sguardo incontrava quello di qualcuno che non avevo mai visto, quello poi sussultava inebetito come se avesse visto un alieno venuto da un altro mondo.
Il mio pensiero si spostò immediatamente al libro. Sapevo bene cosa fosse e cosa suscitava in cuor mio, per questo non vedevo l'ora di rimetterci gli occhi sopra.
«Perché? Voglio dire, perché all'improvviso ti senti così dispiaciuta e vorresti ridarmelo come se niente fosse? Hai fatto così tante storie affinché non lo leggessi... ho persino pensato di essere troppo esagerata per chiedere di leggere un semplice libro!» ciò che le avevo chiesto, nonché il fatto che si sentisse dispiaciuta, senza chiaramente esprimersi, era un'altra delle mie specialità non proprio nella norma.
Da quando ne avevo ricordo... provare i sentimenti e le emozioni, per me era stato quasi sempre un po' diverso da qualsiasi altra persona. Diciamo solo che aveva sempre richiesto grandi sforzi che andavano al di fuori del semplice "sentire" e basta.
Purtroppo non provavo soltanto le mie emozioni, ma anche quelle delle persone a me molto vicine fisicamente. Era come se mi immergessi profondamente e venissi trasportata da un'emozione come il vento e, molto spesso, dipende dalla situazione, tutto quello che accadeva sul piano emotivo ad una persona a me vicina... prendeva una strana, stranissima piega.
Molti attribuivano la cosa ad una semplicissima empatia, altri non capivano effettivamente cosa intendessi. Per questo quasi nessuno mi conosceva abbastanza da sapere come fossi in realtà.
Mi ritenevo semplicemente non a portata di tutti.
Il volere bene ad una persona e viceversa era semplice, mi faceva bene. Ma sentire che quella persona condivideva con me la sua felicità, era tutta un'altra questione.
Stare male per una persona, farsi odiare, condividere emozioni lontane dall'essere buone, anch'essa per me era un'altra questione, ed era la peggiore.
Tutto questo, messo insieme, lo definivo esattamente "effetto spugna": assorbivo completamente tutte le emozioni delle persone a me vicine.
La nonna mi rispose dopo un momento di riflessione: «Perché non ho il diritto di dirti cosa fare o meno. O almeno, non più. Ormai sei cresciuta, Flame. Sei diventata una splendida adulta e non potrei esserne più che felice...» mi sorrise.
«E anche il cognome della famiglia che porti non potrebbe esserne più che fiero. Essere una degli Howard non merita nient'altro che buon giudizio, ma soprattutto fiducia. E mi pare di non avertene data abbastanza ultimamente... quindi.»
Sentendole pronunziare quelle parole, quasi non mi emozionai.
Da quando vivevo in quella casa ero sempre stata trattata come una bambola di porcellana. Pensavo sempre che la protezione che mi era stata concessa da entrambi i miei nonni, fosse stata fin troppo eccessiva sin da quando i miei genitori erano morti in un incidente stradale e loro mi avevano adottata.
Sapere finalmente di avere riconosciuta la mia indipendenza, era qualcosa che mi faceva sentire diversa nel profondo.
Sapevo di non ricordare molto di me e della mia vita prima di quella tragedia, se non il fatto che a quel tempo avessi appena compiuto cinque anni e che da quel momento in poi avevo iniziato a considerare i miei nonni come la mia sola e unica famiglia.
Certo, a parte il piccolo problema della protezione eccessiva, ogni singola cosa vissuta con loro era sempre stata il massimo.
Non mi mancava niente e la casa in cui vivevo o per meglio dire l'antica ed enorme villa circondata da un bosco appena fuori città, era una delle cose più lussuose e maestose che avessi mai visto.
Mi piaceva il posto in cui vivevo, così come adoravo stare chiusa nella mia stanza a crogiolarmi nei miei amati libri per interi pomeriggi.
Poi c'era proprio quello in particolare, quello che Alice teneva in mano e che mi ricordava la mia ossessione per tutto quello che riguardasse il suo contenuto.
Quasi non soffocai un respiro: «Ah... sinceramente non so che dire, nonna.» dissi, portandomi timidamente una ciocca bionda dietro l'orecchio. «Di certo non era la risposta che mi aspettavo.» poi trattenni a stento un sorriso, ero contenta.
Erano già passati diversi secondi dalle ultime parole della nonna quando quest'ultima riprese a parlare.
«Non c'è di che, sono sicura che ne farai una buona lettura. Però, ad essere onesta spero che questa volta riuscirai a controllare quella grande curiosità che nutri per il suo contenuto...» indicò il libro con uno sguardo e poi lo poggiò sul comodino vicino al mio letto.
Aveva un'espressione tesa.
«Sembra quasi che sia un'ossessione per te.» disse infine.
Non immaginavo ancora cosa volesse dirmi con tali parole.
Sembrava quasi che mi stesse chiedendo di non spifferare in giro la sua esistenza o qualcosa del genere.
Oppure, molto più semplicemente, mi stava chiedendo di non leggerlo assiduamente come, invece, avevo fatto nel giro di quell'ultima settimana, dimenticandomi di tutti i miei altri impegni.
Quel libro era stato un dono per il mio compleanno da parte del nonno, che mi aveva espressamente chiesto di non farne parola con Alice, proprio sua moglie, nonostante non ne capissi ancora il motivo.
Ahimè, però, quello stesso giorno la nonna lo aveva intravisto fra le mie mani andando improvvisamente fuori di testa.
Non ne capivo il perché, ma sembrava avere a che fare con me e la mia particolare dote di provare le emozioni altrui. Lo avevo capito quando dopo quel giorno, aveva gridato al nonno una marea di parole che sembravano tutt'ora un rebus.
«Non deve per forza conoscere il contenuto di quel dannato libro per continuare a vivere, o essere quello che è!» gli aveva detto.
Cosa che, giusto per un paio di giorni, mi aveva lasciata indubbiamente amareggiata e perplessa.
In quella settimana me lo aveva persino sequestrato altre due volte, e dio... che rottura riaverlo indietro.
L'espressione le si addolcì quando si sistemò seduta sul mio letto e picchiettò una mano sul materasso per invitarmi ad avvicinarmi.
Per un attimo mi guardai attorno, avvertendo una strana sensazione oltre a quelle che avvertivo nei suoi confronti. A volte e non so dire come, mi sentivo come se qualcuno mi stesse osservando.
Evitai di farci caso, magari ero eccessivamente paranoica.
La mia stanza non era molto grande.
Il letto a baldacchino prendeva molto spazio, ma almeno potevo dire di possedere un bagno personale e una cabina armadio dove tenevo praticamente di tutto. Dalle svariate tipologie di vans più particolari, alle magliette con le stampe più strane fino a un'orda infinita di zaini che adoravo collezionare.
«Nonna sai... a volte sei così strana. Strana come l'Alice nel paese delle Meraviglie... non riesco mai a decifrarti!» le risposi dopo un po', interrompendo il silenzio che si era creato tra noi.
Con quella affermazione le tirai fuori un buffo mezzo sorriso. Successivamente mi sedetti accanto a lei, a bordo letto.
«Le assomigli più tu, che io. E non è vero che sono indecifrabile!» disse e così il suo sorriso si allargò di più. Proprio a  quel punto ne approfittò per prendermi la punta del naso per stritolarla come le piaceva fare.
A volte sembrava così dura, altre così dolce, e altre ancora appariva persino come una persona divertente e spensierata.
Ma era mia nonna, la donna che mi aveva cresciuta e che avrei potuto benissimo identificare come una madre.
«Ah beh, quello lo so anche io. Che le assomiglio intendo! Che non sei indecifrabile un po' meno.» scherzai, con la voce nasale.
«Cosa c'è? Perché ti preoccupa così tanto che legga quel libro?» aggiunsi subito dopo tutto d'un fiato, liberandomi dalla sua mano ancora sul mio naso.
Quello che mi sembrò il migliore momento per una domanda del genere, mi fece cambiare idea quando la sua espressione e l'aria intorno alla nonna mutarono.
Attorno a lei un'insana sensazione di agitazione e paura sembravano mischiarsi formando una fitta nebbiolina grigia, che solo io riuscivo a scorgere.
Ero brava a distinguere persino i colori delle emozioni, così come potevo semplicemente avvertirle sulla mia pelle; e anche se gli unici a conoscere questa mia dote erano i miei nonni e la mia migliore amica, nessun'altro sapeva come dovessi sentirmi nell'approccio di quelle emozioni troppo forti che non appartenessero a me stessa.
Era difficile, e caspita se lo era.
«Mi dispiace così tanto... che tu debba farti carico anche di questo.» mi disse allora, come se mi avesse appena letto nel pensiero.
In quel momento le rughe rigide così tese sul suo viso mi sembrarono quasi finte.
«Voglio solo proteggerti. E se continuerai a leggere quel libro... non so fino a che punto potrò farlo.»
I suoi occhi lucidi e quelle parole furono come un peso che si insinuò attraverso la mia pelle e poi dritto dentro le mie vene, fino a raggiungere il cuore che quasi per un attimo non smise di battere.
La sua mano scivolò con una carezza sulla mia, trasformandosi presto in una stretta forte e decisa.
Era un gesto tremendamente dolce e sicuro, eppure non riusciva a farmi stare meglio.
«P-perché dici così?» balbettai con voce rauca. Fui travolta per un attimo dalla paura.
Non capivo se fosse il suo stato d'animo ad infierire sulle mie emozioni, o se si trattasse unicamente del mio che iniziava a vacillare per quelle strane parole all'improvviso.
«Credo che prima o poi capirai.» mi abbracciò stretta a sé, lasciandomi completamente senza parole.
Non avevo idea di cosa intendesse, ma la nube di quei sentimenti negativi come la paura si affievolì un po' quando sussurrò di volermi bene.
Le fui grata, anche se in quel momento sentivo di essere unicamente più confusa del solito.

La nonna aveva lasciato la stanza solo da qualche minuto e io ero rimasta seduta sul materasso come una povera idiota, con indosso ancora il plaid di prima e lo sguardo fisso su un unico punto.
Non riuscivo a farmi ancora una ragione su ciò che mi era stato detto poco prima.
Il libro era lì ad aspettarmi immobile sul comodino, ed ancora una volta era come se mi intimasse di prenderlo e leggerlo tutto d'un fiato.
In fondo si trattava solo di un libro, chi era mai morto per averne letto uno? Beh, se mai fosse successo a qualcuno, in qualche modo avrei pur dovuto saperlo.
In pochi giorni ero riuscita a leggere solo la metà di quello che c'era scritto, ma potevo dire di essere arrivata a buon punto.
La copertina grigia e abbastanza consumata possedeva una sola scritta, che immaginai fosse nient'altro che il titolo.
Tra l'altro, nonno Robert era stato chiaro riguardo al suo contenuto e sempre lui aveva detto di scoprirne da sola tutti i dettagli.
La scritta si leggeva ed era incisa finemente come Destati, poi non vi era nient'altro; nemmeno un sottotitolo o l'autore per identificarlo al meglio.
Dentro, quasi quattrocento pagine raccontavano di una dimensione parallela al nostro mondo e come nome possedeva lo stesso del titolo in copertina.
Quella dimensione conviveva con la nostra.
Praticamente si poteva dire che era identica alla nostra, tranne che per un fattore importante.
A parte che da semplici umani, infatti, era abitata anche da molti esseri strani che per la nostra realtà rimanevano ancora leggende. A partire da quelli che potevano essere chiamati stregoni, licantropi, demoni, vampiri e persino Gargolle viventi. Inutile dire che all'inizio mi era sembrato solo uno di quei libri fantasy, che tanto mi piaceva leggere.
Mi dovetti ricredere, però, quando arrivai ad una determinata pagina dove la prima cosa che lessi fu "Le emozioni spirituali sono legate a coloro che discendono da due dimensioni".
In un primo momento non solo la cosa mi fece ridere così tanto perché mi ricordò ciò che potevo fare, ma continuando a leggere trovai così tante congruenze con la mia particolarità... che a quel punto non potei fare a meno di non andare avanti.
Volevo solo continuare, dovevo scoprire ad ogni costo cosa celasse realmente quel libro.
Risistemai per bene i tanti plaid sul letto e poi presi il libro dal comodino, sistemandomi nuovamente sotto le coperte e tenendo accesa solamente la luce della lampada da notte.
Il calore del letto e delle coperte mi fece smettere di battere i denti per il freddo, così iniziai a leggere riprendendo da dove ero stata interrotta quella mattina.
Passarono quelle che mi sembrarono ore.
Riuscii a leggere un bel po' di informazioni, ricordandomi di non avere mai a che fare con un Gremlin: una specie di elfo malefico.
Lessi persino che tutte le creature descritte esistevano anche nella nostra dimensione, sebbene in numero ridotto.
Sembrava che qualcuno o qualcosa non volesse che il nostro mondo fosse a conoscenza di queste informazioni, cosa che sull'altra dimensione appariva alquanto normale.
La cosa più strana, però, fu rileggere che gli esseri che riuscivano a sentire e a vedere le emozioni altrui erano nati da due parti di una diversa dimensione.
Ripensai subito ai miei genitori.
Se tutto quello che avevo appena letto fosse stato vero, ciò avrebbe significato che uno dei due provenisse da Destati.
Ripensandoci bene, quasi non risi.
Sbadigliai. Non riuscivo a credere che fosse tutto vero.
Pensai che magari si trattasse solo di una coincidenza che, guarda caso, faceva parte anche della mia storia personale.
Iniziai a sentirmi piuttosto stanca e con un colpo chiusi il libro in due.
In quella frazione non riuscivo a pensare a nulla di intelligente, se non al perché mio nonno mi avesse regalato quel libro proprio per il mio diciottesimo compleanno, e proprio quando stavo per iniziare la mia nuova vita al college.
Mia nonna non voleva che lo leggessi, la cosa la spaventava a morte. Mio nonno me lo aveva regalato e voleva che lo leggessi, in netto contrasto con il pensiero della moglie. Io volevo leggerlo. 

Destati, la fiamma del tempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora