1. Jupiter

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Guardo fuori dal finestrino del taxi e sta piovendo, osservo le goccioline d'acqua creare dei piccoli sentieri da percorrere nel vetro, una cosa che ho sempre amato fare sin da bambina. Boston è diversa da Salt Lake, la cittadina della California in cui sono cresciuta. Lì le temperature sono molto più elevate e siamo abituati ad andare quasi sempre in spiaggia anche in inverno ma qui, qui fa davvero molto freddo anche se ancora non siamo in pieno inverno. Ho scelto di proposito una città completamente diversa, perché ho intenzione di cambiare tutto della mia vita anche le banali abitudini come stare sempre in pantaloncini e t-shirt.
Dicono che scappare non è la soluzione al problema, ma io preferisco proprio così. Preferisco scappare piuttosto che affrontare i miei problemi. Sarò pure una vigliacca ma non mi importa.
Ho aspettato con ansia questo giorno che finalmente è arrivato, ho contato persino i giorni ed eccoci qui, Boston College.
Qui potrò farmi una nuova vita, un nuovo inizio lontana da quei "problemi" che mi sono lasciata alle spalle.
Ringrazio il tassista e gli lascio anche una mancia prima di aiutarmi a scendere le mie valigie, d'altronde durante il viaggio tra l'aeroporto e il college è stato molto gentile e simpatico.
Rimango con le valigie in mano a osservare tutto l'ambiente circostante, il viale all'ingresso è pieno di alberi e con alcune panchine con tanti ragazzi più o meno della mia stessa età che parlano tra loro, chi cammina di corsa e chi invece molto lentamente, qualcuno è anche sdraiato sul prato con dei libri in mano. Mi dirigo davanti l'ingresso principale con una grande scalinata in marmo bianco un po' usurato dal tempo e con delle colonne di gesso bianco ai lati delle scale. L'interno è favoloso, le mura sono bianco avorio e nelle pareti sono affissi diversi quadri degli antenati e dei vari rettori del college. I pavimenti sono in marmo nero lucido che risaltano ancora di più il colore delle mura. Sembra tutto così perfetto che stento ancora a crederci di essere qui. In fondo ad un corridoio seguendo delle indicazioni arrivo in segreteria per chiedere informazioni e soprattutto per farmi dire il numero della mia stanza perché ho un disperato bisogno di una doccia e di dormire.

La signora Smith della segreteria è una donna davvero cordiale e molto organizzata. Sapeva del mio arrivo oggi al college e mi ha fatto trovare tutto ciò di cui avevo bisogno, come gli orari delle lezioni e i libri che mi serviranno ed infine mi ha spiegato dove si trova il dormitorio. Devo percorrere tutto il viale d'ingresso, girare a destra ed andare verso il campo da calcio e poi a sinistra verso la pista sul ghiaccio e poi il mio dormitorio dovrebbe trovarsi nelle vicinanze. Non sono mai stata brava a capire le indicazioni però ci proverò.
Faccio esattamente come dice la signora Smith e arrivo vicino la pista, però non riesco a capire quale di tutti quegli edifici è il mio dormitorio anche perché sono perfettamente uguali, non riesco a distinguerli.
Vedo arrivare verso di me tre ragazzi con dei borsoni in spalla e decido di chiedere ad uno di loro.
«Ciao scusami, sapresti dirmi il dormitorio delle Beta Teta qual è tra tutti questi?» chiedo in modo gentile per poi soffermarmi a osservarlo e devo dire che è davvero molto carino. Ha i capelli scuri non troppo corti con qualche ciocca che gli ricade davanti e gli occhi di un grigio che non ho mai visto, alto sicuramente molto più di me e fisicamente è davvero sexy. Non capisco però se è un giocatore di hockey o di calcio.
«Cercatelo da sola, bellezza!» dice lasciandomi senza parole e voltandosi verso gli altri due ragazzi.
«Ma quanto sei gentile!» dico sfoggiando uno dei miei sorrisi falsi
«Grazie, me lo dicono tutti» mi dice sorridendo anche lui
«Come che ti chiami?»
«Perché lo vuoi sapere?»
«Per dire in giro quanto cazzo sei stronzo!»
«Ah beh, lo sanno già tutti!»
«Oh quindi hai una bellissima reputazione qui dentro»
«Per niente sono il capitano della squadra di hockey!» dice tutto fiero di se stesso
«Ah. Ora capisco perché sei così stronzo allora!» dico facendo finta di essere dispiaciuta
«E perché?»
«Perché il ghiaccio ti avrà congelato sicuramente le palle, stronzo. Ora devo andare a cercarmi da sola il mio dormitorio, grazie lo stesso del tuo aiuto, ciao capitano!» lo saluto come farebbe un militare con la mano sulla fronte e vado via, mi allontano il più possibile da quel coglione. Come prima nuova conoscenza poteva andare meglio però ormai è il danno è stato fatto. Il capitano della squadra di hockey è messo in cima alla lista delle persone con cui non parlerò mai più.

Dopo vari tentativi riesco a trovare la mia stanza, si trova nel dormitorio dietro la pista di hockey e fortunatamente è solo al secondo piano perché se fosse stato all'ultimo senza ascensore mi sarei fatta cambiare di stanza, perché non sono per niente atletica e non avrei mai fatto quattro piani tutti i giorni.
La stanza è più grande di come l'ho immaginata, all'ingresso sulla destra c'è un divano di pelle marrone appoggiato al muro e poi un piccolo tavolino con la televisione, di fronte c'è una piccola penisola con un cucinino, il frigo e vari sportelli e sulla sinistra c'è una finestra che penso porti ad un balcone e poi un corridoio con tre stanze di cui uno sarà il bagno. Mi ricordo solo ora di essere ancora davanti la porta aperta con le valigie in mano e così chiudo la porta e butto a terra le valigie stremata pensando di essere sola e invece due secondi dopo spunta fuori da una delle camere una ragazza minuta, con i capelli biondi che gli arrivano sotto il seno e due occhi azzurri come l'oceano che si intravedono anche da lontano. Un nasino perfetto alla francese e labbra carnose di un rosa naturale. È perfetta questa ragazza.
«Oh mio dio ciao, sei la mia nuova compagna di stanza vero? Io sono Isabel» dice entusiasta presentandosi sorridendo
«Ciao, io sono Jupiter.» dico sorridendo anche io, cercando di essere gentile tanto quanto lei
«Jupiter? Come il pianeta? Che bel nome che hai!» classica domanda da manuale che mi sento ripetere ogni volta che mi presento a qualcuno, mai una volta nella vita mi è successo di non dover sentirmi dire una domanda del genere però ormai ci sono abituata
«Si, come il pianeta.»
«Posso chiamarti Jupi?» mi chiede con un faccino così dolce che se mi chiedesse di chiamarmi anche spazzatura accetterei.
«Certo che puoi chiamarmi Jupi, a costo che io possa chiamarti» faccio finta di pensarci «Isi, ti chiamerò Isi» non so perché proprio Isi dato che potrei benissimo chiamarla Isa o Bella però sono troppo scontati
«Oh wow mi piace Isi, di solito mi chiamano Bella o Bell ma Isi mai nessuno.»
«D'accordo Isi» pronuncio con più enfasi il suo nuovo soprannome «dimmi qual è la mia stanza perché sono stanca morta, vorrei dormire per due giorni consecutivi!»
«La tua stanza è l'ultima sulla sinistra ma di dormire due giorni consecutivi non se ne parla, stasera usciamo Jupi. Ci sono le feste delle confraternite.»
«Cosa? No no, non se ne parla. Io alle feste non ci vengo, soprattutto quelle delle confraternite. Sono orrende, con tutti quei coglioni ubriaconi che ci provano anche solo che respiri.» per me è un no categorico e non perché non mi piaccia divertirmi, anzi al liceo l'ho fatto fin troppo, ma le feste delle confraternite non mi piacciono proprio
«Ti prego Jupi, non farmi andare da sola, ti prego!» dice assumendo un'espressione così dolce che non sono sicura che questa ragazza sia umana. Tentenno un po' prima di dare la riposta
«E va bene, cazzo, ci vengo. Ma solo perché hai fatto quella faccetta tanto carina» dico mentre mi dirigo verso la mia stanza ignorando i saltelli di gioia della mia compagna di stanza, questa ragazza mi farà impazzire.

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