CAPITOLO 1 🤍

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"Ti ho saputo perdere,
ma non dimenticare"




Sei mesi, sei fottutissimi mesi da quando lasciai andare via una parte di me, sei mesi da quando la mia storia d'amore più concreta e sincera ( o almeno così credevo ) era stata soffiata via dalla mia vita.
Dopo sei mesi ancora non riuscivo a togliermi dalla testa la sua voce, il suo profumo, i suoi occhi e tanto meno il suo sorriso.
Non potevo dimenticare il ragazzo che amo, non potevo dimenticare Niccolò per nessun motivo.

Purtroppo eravamo capaci di dare entrambi il meglio è il peggio di noi, e ogni difficoltà la usavamo per ferirci.

Riuscivamo a far diventare un discorso un litigio, che però quasi sempre si risolveva.
Ma quel giorno fu diverso, chi l'avrebbe mai detto che ci saremmo allontanati l'uno dall'altra per così tanto tempo...

"Ok, credo di averti detto tutto, oh quasi dimenticavo, questa è la divisa che devi indossare. Spero che ti troverai bene qui" Mi disse Clarissa porgendomi la camicia è il grembiule con stampato il nome del locale sopra.

"Rachele, vieni un momento qui. Hai qualche domanda?" Mi chiese Romeo, il proprietario del ristorante.

Lui era sempre gentilissimo con i suoi dipendenti e clienti, ed ogni giorno veniva a lavoro con il sorriso.

"Nono, è tutto chiaro, Clarissa mi ha spiegato tutto" Dissi io sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori.

"Bene. Vai a cambiarti, il tuo turno inizia tra poco" Io annuii avviandomi verso lo spogliatoio sul retro della struttura.

Oggi ero di turno il pomeriggio al ristorante, l'università e l'affitto mi costano molto e sono stata costretta a trovarmi un lavoro.

"Ehii! Com'è andato il tuo primo giorno di servizio?"
Avevo appena finito il turno ed ero a pezzi, al contrario di Emma e Clarissa che sembravano piene di energie.

"Tutto molto bene" Sorrisi finendo di sistemare gli ultimi piatti nella lavastoviglie.

"Ti va di venire a mangiare qualcosa con noi?" Chiese Emma.

"Certo, per me va bene" Risposi.
Clarissa e Emma sono state le prime ad accogliermi senza giudicarmi e mi hanno aiutata ad ambientarmi.

Uscimmo dal ristorante verso le 21 e per mangiare qualcosa scegliemmo un piccolo locale a pochi passi da quello in cui lavoravamo.
In poco tempo il cameriere arrivò con i piatti ordinati.

"Come va con la scuola?"
Frequentavo l'ultimo anno di università alla facoltà di medicina, proprio perché fin fa adolescente mi sono sempre appassionata all'idea di dare un aiuto concreto ai pazienti più giovani, infatti quella domanda uscita dalla bocca di Clarissa mi fece molto piacere.

"Benissimo! Sono all'ultimo anno alla facoltà di medicina materna e non mi mancano troppi esami" Risposi bevendo un sorso di Passerina dal mio calice.

"Il fidanzato!?" Chiese poi Emma.
A sentire quelle parole ci mancò poco che mi strozzai col vino.
Erano passati tanti mesi ormai, ma davvero Niccolò era il ricordo più nitido che avevo nella testa e nulla al mondo sarebbe stato in grado di cancellarlo.

"Ragazze, scusatemi, devo andare" Dissi alzandomi da tavola e avviandomi verso la mia macchina. Avrei volentieri pagato io la cena, ma Clarissa aveva insistito tanto da pagarla prima di aver finito.
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Arrivai a casa in meno di 15 minuti, misi il pigiama e mi fiondai a letto poiché domani avrei avuto il turno di mattina al bar al posto di Clarissa che si era presa alcuni giorni di ferie e per cercare di non pensare a lui.

Stamattina mi svegliai un'ora prima dell'inizio del mio turno, indossai vestiti semplici: un paio di jeans e una maglietta gialla, per il make up utilizzai un pò di correttore, mascara e un lucidalabbra, i capelli li legai in una coda morbida utilizzando un mollettone e mi avviai verso il locale ancora mezza addormentata.

Appena fuori dall'entrata trovai ad aspettarmi una mia carissima amica fin dall'asilo nido.

"Buongiornooo! Come sta la mia psicologa preferita?"

Sorrisi. Fin da quando le avevo confidato da bambina che mi sarebbe piaciuto tantissimo diventare psicologa infantile, lei mi è sempre stata accanto e non aveva mai sminuito la mia passione.

È sempre una persona schietta, che non riesce a tenersi dentro nulla, qualsiasi cosa che pensa deve puntualmente tirarla fuori.
Siamo persone molto diverse, ma allo stesso tempo simili, io, al contrario suo, anche se molto aperta con gli altri riesco a mantenere per la maggior parte delle volte un profilo basso.

"Buongiorno Ele" Risposi sbadigliando, alla fine, ieri sera, i pensieri su Niccolò avevano avuto la meglio su di me, rendendo l'addormentarmi quasi impossibile.

Il bar aveva aperto da poco, ma già era pieno di gente, la maggior parte persone che sarebbero dovute andare a lavorare presto.

"Come stai?" Non avevo mai mentito prima d'ora ad Elena, ma davvero non me la sentivo di affrontare l'argomento "ragazzo" in quel luogo.

"Tutto bene, apparte la stanchezza " Risposi preparando il cappuccino alla bionda.
Sapevo che trasferirmi a Roma non sarebbe stato nulla di buono, infatti ogni giorno che passava i ricordi vissuti con Niccolò iniziavano a riaffiorare nella mia mente. Era difficile anche solo uscire di casa, perché tutti quei luoghi della città eterna non facevano altro che provocarmi nostalgia.

"Sei pronta??! Io sarò la tua prima paziente" Disse lei.

"Certo, come no. Non mi sembri né bambina né adolescente. E poi tu, non hai bisogno di una psicologa,  hai bisogno di una psichiatria"

"Sempre gentilissima, ti ringraz-" le parole di Elena furono interrotte nel vedere entrare nel bar Adriano.

Sentivo uno strano presentimento, presentimento che fu confermato dal vedere entrare l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere, il ragazzo con cui avevo condiviso tre anni di vita di che non vedevo da sei mesi aveva varcato la porta del bar in cui lavoravo quel giorno.
In quel momento stavo maledicendo Clarissa per essere assente quel giorno, pentendomene subito dopo, dato che lei non aveva nessuna colpa.

Mentre il moro si avvicinava al bancone sentivo sussurri dei clienti chiamandolo Ultimo; lui era Ultimo quando era sul palco, quando riempiva gli stadi, quando mandava sold out ogni data del tour in 24 ore, ma lì, nella sua vita privata era Niccolò Moriconi.
Infatti era proprio vero quando dicevano che Ultimo è per tutti e Niccolò per pochi.
Ultimo era per chi voleva ascoltare musica, Niccolò per chi dentro di sé tratteneva un mostro e si affidava ad un ragazzo, che senza conoscerti, era capace di liberarti e farti tornare a vivere.
Ed era quello che lui aveva fatto con me.

Ciaooo
Questo è il primo capitolo della mia storia, la seconda che scrivo e la prima che pubblico, e senza l'aiuto di alcune persone molto speciali non sarei mai riuscita a farlo.
Più avanti deciderò la costanza con cui pubblicare i capitoli, intanto buona lettura!

Se la vita è nostra non ci ostacola niente Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora