Aspetto seduta sulla panchina della metropolitana disposta di fronte alle porte dell'ultimo vagone in attesa di vederlo scendere da quel treno. È una nostra abitudine, o meglio era, aspettarsi qui ogni giorno dopo scuola, e ora dopo il lavoro, per vedersi anche solo per un saluto. All'inizio avevamo solo sedici anni; ora siamo cresciuti e da cinque volte a settimana, siamo passati ad aspettarci tre, poi due, poi una volta soltanto, fino ad incontrarci quando casualmente ci ricordiamo di lavorare lungo la stessa linea metropolitana.
Dopo una decina di minuti lo vedo farsi strada tra due persone appoggiate alle porte del suo treno con aria scocciata, forse a causa del trambusto o del caldo. Mi sorride lievemente mentre si avvicina e scostandosi il lato sinistro delle grandi cuffie che indossa con la mano mi saluta.
"Ciao", nulla di più.
"Ciao! Com'è andata oggi?"
È solito per me presentare un po' più del suo entusiasmo riguardo alla nostra vita quotidiana. Lui non le ha mai attribuito molto valore, se non agli inizi della nostra storia. Con il passare degli anni è passato tutto in secondo piano, ma alla fine le nostre vite sono queste da tempo sufficiente che anche se alla mia domanda rispondesse unicamente "tutto bene", saprei per filo e per segno ciò che ha fatto durante la giornata.
Sveglia alle 6:30, colazione, doccia. Alle 7:10 esce di casa per prendere il treno, sedendosi sempre all'altezza dello stesso vagone, agli stessi posti in carrozza rivolti di schiena alla direzione in cui viaggia il treno.
"Ho letto che viaggiando così, qualora ci fosse un incidente, ci faremmo meno male che viaggiando dritti". Così mi ha detto una volta. Non ho mai controllato se quest'informazione fosse giusta (ne ho sempre dubitato un po'), ma ho cercato di prenderla per vera.
"Tutto bene, tu?" tipico.
"Tutto okay, come sempre" ribatto per niente sorpresa della sua risposta, sorridendo leggermente pensando a quante volte ho vissuto questo dialogo da quando io e Alessandro ci siamo messi insieme.
È divertente pensare che, viaggiando e seguendo ritmi abbastanza stabili, oltre a noi sulla banchina ci sono sempre le stesse persone. Mi rallegra pensare che qualcuno accanto a noi abbia pensato "Oh, che bella coppia che fanno questi due! Si incontrano qui ogni volta che possono dopo il lavoro".
Come io ho visto invecchiare l'addetto ai controlli seduto nel suo gabbiotto sotterraneo, anche lui ha sicuramente, anche solo di sfuggita, visto crescere me e Alessandro. Ha senza dubbio visto i miei capelli accorciarsi, allungarsi, cambiare colore e piega; e il viso di Alessandro passare dall'essere quello di un ragazzino a quello di un uomo, incavando leggermente i suoi lineamenti e aggravando la sua espressione. Anche il modo in cui guarda me è cambiato, ma ho sempre attribuito questo cambiamento proprio al suo maturare, e in ogni caso mi sono ormai abituata anche a questi suoi nuovi occhi.
Alessandro è proprio come avrei descritto il mio prototipo di ragazzo se me l'avessero chiesto ancor prima di conoscerlo. Capelli corti e sempre ben tenuti, pelle chiara, occhi nocciola, sopracciglia marcate, ma proporzionate al suo volto, non molto più alto di me, con abbigliamento piuttosto casual. Nulla di particolarmente ricercato in realtà, una definizione abbastanza comune. Nel momento in cui ho incontrato il suo sguardo, però, ho saputo che qualcosa tra noi sarebbe stato. E da quel momento non ci siamo mai lasciati. Certo, in alcuni momenti i pretesti per litigare valevano tutti, ma in qualche modo noi due eravamo noi.
"Sono contenta di vederti" continuo sorridendogli.
"Anche io, però scusami ora devo andare altrimenti rischio di perdere il treno". Guarda l'orologio del cellulare rapidamente, ed effettivamente la sua metro è arrivata qualche minuto più tardi del solito. Non che i nostri incontri li sotto si protraessero più a lungo di solito, ma quello di oggi è stato particolarmente sbrigativo.
"Certo, non ti trattengo. Corri!" gli dico scherzosamente. Mi schiocca un bacio sulla fronte per poi avviarsi verso le scale mobili. "Martedì vieni da me, ti va?" mi chiede sorridendomi dolcemente, rendendosi conto che a causa del suo passo quella sembra a tutti i modi una fuga.
"Volentieri" gli sorrido e continuando ad allontanarsi, Alessandro mi saluta un'ultima volta con la mano.
Salgo sulla prima tratta della metropolitana che mi passa davanti dato che mi sono sufficienti poche fermate per raggiungere la mia. Avviandomi verso il portone della mia palazzina sento il mio cellulare, costantemente in modalità silenziosa, vibrare nella tasca posteriore dei miei jeans. Sullo schermo si illumina il nome Eleonora. Rispondo.
"Ciao Elo", così la chiamo dal giorno in cui ci siamo conosciute. Sarebbe strano per me appellarmi a lei con un soprannome diverso.
"Hey! Stavo pensando...tu stasera lavori?"
"No, perché?" solitamente passo le mie serate in un misero pub al confine della città a servire birre a uomini fissati con il calcio seduti al bancone mentre guardano costanti replay delle partite ormai vinte, in modo da potersi esaltare ancora una volta sugli stessi goal. Da quando ho finito la scuola e ho iniziato l'università, ho trovato un nuovo lavoro, ho lasciato il primo in disparte a causa del poco tempo a disposizione. Non che il nuovo fosse molto più allettante, ma si tratta di un ristorante di classe più vicino al centro e con una paga migliore. Lavoro lì due volte a settimana.
"Bene. Pensavo di vederci, dato che è un po' che non ci organizziamo, e in più...voglio presentarti una persona" continua terminando la frase a velocità talmente elevata da renderne difficile la comprensione.
"Ah, sì? Chi?" non è nuovo per me che Eleonora cercasse di organizzarmi delle strane uscite con suoi conoscenti. Il suo disgusto nei confronti del mio ragazzo non è mai rimasto celato.
"Un mio collega."
"Okay". Accettando, mi sembra ogni volta di lasciare accesso in lei un falso lume di speranza, ma rifiutando avrei ricevuto un numero infinito di messaggi e telefonate assillanti, il cui solo pensiero mi porta sempre accettare al suo primo tentativo di richiesta.
"Perfetto! Passo a prenderti per le nove. Ciao!"
Eleonora è così. Una volta che ottiene ciò che vuole ogni cosa passa in secondo piano. Definendola così potrebbe sembrare tutt'altro che una bella persona da farsi amica, ma in realtà dietro alla sua durezza e menefreghismo, si celano gentilezza e grande ambizione. Queste sono solo alcuni delle caratteristiche di cui mi vanto quando mi chiedono di parlare della mia migliore amica.
Pur bramando un po' di meritato riposo, mi convinco che uscire di casa per vedere della gente non può far male ogni tanto.
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L'idea di me
RomanceDopo quasi cinque anni in una relazione costante con lo stesso ragazzo Ginevra, ragazza gentile, tenace e innamorata dell'amore, è irriconoscibile. Ritrovandosi in una storia tossica così duratura, ha dimenticato come fosse la vita prima di Alessand...