Ciao Mambo. Aspetta. Ti faccio un po' di compagnia. Perché è bella quanto la solitudine. Non trovi, vecchio mio, che sia proprio necessario concedere tempi e toni ai nostri attimi per avvalorarne di più il loro significato? I tuoi occhi da cane mi hanno guardato a fondo, lo sai che vivo nella paura di sbilanciarmi troppo. Ogni frase ha il suo respiro, il suo modo d'essere letta. I tuoi occhi bicolore hanno visto bene, ma non devi temermi; come te, sono solo, sempre, all'erta.
Scrivere è un gesto personale, è l'attività che più mi permette di conoscermi, di vedere cosa ho dentro. Spesso narro di personaggi inventati e futuri, ma oggi voglio raccontare di noi, del passato appena finito e perché no, recensire il presente. Storci il naso, giri la testa due volte. Una prima per fingere di non guardarmi, una seconda per notare se sono ancora lì a fissarti. Sei sempre stato un cane emotivo. Mambo. Sarà difficile innamorarsi di un altro cane dopo di te. I tuoi sguardi sono impietriti, impauriti da perfino chi ti sta più accanto, eccetto Lei; perfino con chi passi le più grandi quantità di tempo, non fosse Lei. Non hai fiducia che in Lei, tu. Con Lei ogni tuo sguardo prende vita, senza Lei sei un paziente che regredisce. È amore quel che provi?
Scrivo queste note in una tipografia nuova. La trovo piacevole. Perché assume contorni svolazzanti, infonde leggerezza e sembra simile a quella scritta a mano; la grafia umana mi affascina, sai? Insieme al tono della voce ho dovuto più volte sorvolare su di essa rispetto a quanto faccia di suo la mia mente giocosa. Perché quest'ultima in fondo crede davvero che siano l'espressione sincera di un'emotività interiore, che sia essa irascibile o pacata, alterata o sobria, sconvolta dal sentimento o inerme dall'apatia.
Eppure, i tuoi occhi bicolore e le tue orecchie a triangolo hanno visto e sentito volti e parole di esseri umani con un filtro visivo e uditivo che io non posso nemmeno immaginare. Quando percuotevano e manganellavano il loro bastone contro il tuo ventre mentre dormivi, tu hai registrato. Quando le loro vene si ingrossavano ed il sangue pompava nella loro gola, tu eri presente. Non ti dissociavi vecchio mio. Me lo dice il tuo viso quando cade un oggetto metallico per terra, nell'esatto istante in cui tu, spaventato, vieni travolto da una paranoia passata, da un'angoscia irrisolta, da un freddo, brivido, sudore.
Tu sei un animale che non può comunicare agli altri quello che vedi. Circondato come sei da esseri umani. Tu non hai inglobato che le sembianze di esseri umani, che l'inconscio umano. Ma non puoi comunicare con noi se non con le tue smorfie, con le tue sopracciglia arricciate, i tuoi occhi inghiottiti dal timore, i tuoi sorrisi per Lei. Se solo potessi, chissà che parole uscirebbero dalla tua bocca! Ti ci vedo, un po' come ne "Il paziente inglese", a parlare quel poco che basta per esprimere un amore tutto tuo, molto più erotico di quella pornografia che si trova facilmente in giro, molto più adeguato all'intenso traffico di emozioni che navigano in poco tempo l'incrocio della mente umana.
Eri lì tutto intento che scrutavi le tazze nuove che ho portato da Perugia; ne usavo un paio contemporaneamente: una per il latte e l'altra per tenerci i biscotti. Stavo vedendo proprio "Il paziente inglese". O meglio, stavamo. Sì, perché tu eri appostato lì dietro e per Dio, io non so quanto potente sia la vista di un cane, ma sembrava reagissi insieme a me nei momenti salienti. Ed io ero sempre più convinto che condividevi con me la visione. Insomma, lo avevamo capito entrambi dal primo sguardo che si erano dati lui e lei che ci sarebbe scappata una tresca, ma che tresca! Quando l'attrice, una saggia donna di mondo, inclinava il labbro un poco, non ancora affatto soggiogata dal protagonista, ma man mano sempre più incuriosita dal suo fare singolare di uomo solitario, noi avevamo capito che quello era un seme di erotismo. Non che non amasse il marito. Il marito lo amava. Era l'uomo con cui avrebbe condiviso il suo futuro. Pian piano, però, che quell'uomo solitario entrava, attraverso due o tre frasi, nelle smorfie delle sue labbra, noi capivamo che era lui a cui lei voleva realmente dedicare il suo presente.
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Il paziente inglese
Short StoryQuesta breve storia parla di un cane, uno spettatore, un film e del suo contenuto.