XXXXV - Confronto

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Quel giorno Jude saltò anche il pranzo e l'allenamento pomeridiano. Il mister non prese provvedimenti, come invece avrebbe fatto in altre occasioni, e tutti furono estremamente comprensivi.

Tutti tranne Naomi.

Sapeva che il ragazzo era sconvolto dalla notizia, era anche quello maggiormente colpito, ma il suo dovere era quello di mettere da parte i problemi personali in favore del benessere della squadra e saltare gli allenamenti a così poco dalla partita era da irresponsabili.

Gli altri non le avevano rivolto la parola per tutto il tempo, si limitavano a rispondere a cenni o, i più gentili, a monosillabi e mugugni. Silvia e Willy si guardarono bene dallo starle attorno e Celia l'aveva fissata in maniera assassina per tutto il tempo, dopo aver tentato invano di parlare con suo fratello. L'umore non era dei migliori, ma i giocatori diedero comunque il meglio di loro.

Mentre le manager stavano servendo la cena, Naomi si chiedeva se non dovesse andare a parlare col regista, che ancora non si era fatto vivo. Una parte di lei, infervorata, era ferma sull'idea di non dover cedere ai suoi capricci, non doveva degnarlo di alcuna attenzione. L'altra invece voleva vederlo e accertarsi che stesse bene, spiegargli le sue motivazioni, benché fossero poche, e cercare di trovare un punto di incontro.

Silvia appoggiò il vassoio davanti a lei in maniera eccessivamente brusca e il tintinnio scomposto del piatto e delle posate la risvegliò. Incrociò lo sguardo torvo della manager e decise di impulso di andare da lui.

Si alzò e abbandonò la stanza sotto lo sguardo attento di molti, scatenando una sfilza di commenti e battute.

Salire le scale fu una faticaccia, era come se le sue gambe fossero diventate pesanti all'improvviso e trovarsi davanti alla porta chiusa della camera del ragazzo le fece rimpiangere di non esser rimasta a cena. Comunque ormai era lì, e prima o poi quel momento sarebbe arrivato, quindi era meglio strapparlo via come un cerotto.

La risposta al suono delle sue nocche sul legno fu uno sgarbato «Di solito, se una persona si chiude in camera, non desidera essere disturbata».

Non aveva intenzione di accettare dei no, perciò Naomi aprì la porta e velocemente si intrufolò nella stanza.

Jude si voltò di scatto a quella violazione della sua privacy e il viso si contorse in un'espressione adirata quando la riconobbe.

Non indossava gli occhiali.

«Hai una gran faccia tosta, Dark. Non solo osi venire a parlarmi, ma entri pure senza il mio permesso. Immagino, tuttavia, che quelli della tua famiglia siano abituati a fare sempre quello che vogliono.» commentò sprezzante il regista, rimanendo fermo nella sua posizione.

Infastidita dal suo tono, Naomi Black prese il sopravvento: «Ti do l'opportunità di non comportarti come un lattante e di sostenere una conversazione tra adulti.» Tra le due, era lei che non trovava necessario confrontarsi, ma ormai era stata portata lì, tanto valeva parlare.

«Poco mi importa di sentire le tue scuse o le tue giustificazioni.» Sharp si alzò in piedi e le rivolse uno sguardo infuocato, allo stesso tempo nascose le mani nelle tasche per celare il lieve tremore che la delusione bruciante gli causava. «Non credo tu abbia ben capito che dall'istante in cui il tuo nome è stato associato al cognome Dark, tu per me sei morta.» Aveva il disperato bisogno di non parlare con lei. Era molto più comodo convincersi di non essere nulla per lei, così da poter alimentare liberamente la sua rabbia, piuttosto che avere l'ennesima conferma di essere ricambiato e quindi rischiare di addolcirsi nonostante il profondo tradimento.

«D'accordo, puoi essere offeso, ferito, deluso, o qualsiasi cosa che voi sciocchi amate sbandierare ai quattro venti, ma saltare gli allenamenti con una partita imminente non ti dipinge certo come un componente valido della squadra, quanto un bambinetto isterico che non sa controllare le proprie emozioni.» lo rimproverò duramente con espressione e tono piatti.

The Two of Us ~ Jude SharpDove le storie prendono vita. Scoprilo ora