BYE

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Bene. È quasi l'ora. Non credevo che però sarebbe stato tutto così veloce. Mentre scrivo ho davanti un bicchiere di tè al limone appena aperto dal frigo e 14 milligrammi di diazepam in delle pilloline blu inquietanti... ed è un ansiogeno... Bah...

La cosa più assurda che c'è in tutta la faccenda è che me lo sono prescritta da sola, e il farmacista manco s'è accorto che la Dott.essa Rebecca Tropiani non esiste. Che scemo. E pensare che mi conosce perché è il mio abituale farmacista. Ora ti spiegherò tutto, giuro. Per favore, arriva fino in fondo alla lettera. Perché è importante.

Prima di tutto, soffro di una strana malattia di cui manco ricordo il nome. So solo che comunque non mi sarebbe rimasto chissà quanto. E che se devo morire, lo voglio fare alle mie condizioni. Primo, voglio morire dopo aver bevuto del tè freddo e essermi stesa sul mio letto, il tè mi piace e voglio che sembri che mi sia addormentata; secondo, devo decidere io l'ora esatta in cui morire; terzo, voglio dire a tutti che la mia vita non mi ha fatto poi tanto schifo, ma solo dopo essere morta. Lo so, che sembra difficile, ma carta, penna e qualche pillolina, che se presa in maggior quantità uccide, difficile da mandar giù senza alcun liquido svolgono perfettamente la funzione.

Quindi, ecco. La vita non mi faceva schifo. Voglio solo battere la malattia al suo stesso gioco.

Ho solo ventisei anni. Sono giovane. Tanto. Ma non sono una bambina del cazzo che appena ha visto la diagnosi del medico è scoppiata a piangere. Me ne sono andata e ho comprato il diazepam. E, esattamente otto mesi dopo, sono qua. Mancherebbe poco alla mia morte naturale, perciò è arrivata l'ora di prenderla per i fondelli. 

Nessuno sa. I miei genitori e tutti i loro parenti sono sotto terra e i colleghi sanno pochissimo di me, ma sono gli unici adulti con cui mi relaziono. Faccio la commessa al Mac Donald's. Non ho neanche un lavoro inerente a ciò per cui ho studiato. Sono laureata in Psicologia e Criminologia. Mi aveva finalmente assunto la Polizia di Stato, cazzo, avrei iniziato a lavorare là il mese prossimo. E ora devo mollare tutto.

Pensavo di avere il mondo il pugno. Invece me ne è stato dato quasi un nonnulla. Ventisei anni non mi sono bastati per fare tutto ciò che volevo. Non ho avuto neanche una relazione seria in tutta la mia vita. Non fraintendetemi, a letto con qualcuno ci sono stata, ma non è una relazione sentimentale. Non ho visitato la Thailandia, che è sempre stata il mio sogno. Non sono riuscita a farmi qualche amico serio, di quelli con cui esci a prendere l'aperitivo ogni due mesi.

Il fatto è che quando ci togliamo la vita non è che la stiamo effettivamente togliendo a noi. La togliamo ai vivi. La nostra morte è qualcosa che rimane ai vivi, non ai morti. E qui entri in gioco te, Mia. Ti amo, piccola mia, non avrei voluto ricorrere a questo. Ma meglio vedere la mamma stesa a dormire per sempre sul suo letto e con il sorriso sulle labbra piuttosto che vederla su un letto d'ospedale attaccata a una sacco di macchine, no? Quindi ora qui, in questo triste giorno d'ottobre, alle dieci della mattina, morirò nel mio letto. Ho scelto le dieci perché non ti svegli mai prima delle undici e non voglio che mi veda morire.

Perdonami, Mia, ti prego. Non sono stata la madre che avrei voluto essere per te. Avrei preferito farti avere un padre, ma non ne sono stata capace. Avrei voluto non andare a letto con uno sconosciuto quella notte, per non farti vivere in un monolocale squallido. Sono stata troppo giovane per darti una vita quantomeno dignitosa, avrei voluto invecchiare più in fretta solo per te. Perdona questa mamma che ti ha amata con tutto il cuore ma che avrebbe preferito non averti mai dato a questo mondo che ti renderà la vita un inferno. Perdonami per ogni cosa che pensi possa aver fatto di sbagliato per te, perché avrai ragione. E io torto.

Addio, mia piccola stella. Sei stata la luce nel buio.
Con affetto, la tua mamma,
Alice

ಥ_ಥ

Mia si asciugò una lacrima ripensando alla lettera che appena quindici anni prima le aveva scritto la madre. Come addio. Ma ora era grande. Aveva appena undici anni allora, e adesso aveva la stessa età di sua madre, in quel fatidico anno. Sì alzò in piedi e osservò fuori dalla finestra. «La Thailandia è bellissima, mamma. Ti sarebbe piaciuta» pensò. Prese la valigia e ripartì per tornare a casa. Aveva dei pazienti di cui occuparsi che avevano un gran bisogno di lei.

Mia lanciò un ultimo ricordo ad Alice, prima che la voce dell'autista la richiamasse.

ಥ_ಥ

Ehilà! Non vi ho resi depressi, vero?

Ah, tanto non sarà l'ultima volta che vi farò disperare. Ehe, dovete solo aspettare, per capire...

Spero che questa piccola one-shot vi piaccia. Sono piccoli sprazzi di creatività che mi capitano in momenti poco adeguati della giornata. Questo m'è capitato alle quattro di notte, per esempio.
Ditemi pure cosa ne pensate in proposito!

Ci si vede, okay?

Camy

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