IL MARTINI

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La domenica mattina ti vesti di tessuti morbidi, un pantalone di velluto, se proprio vuoi esagerare una tuta, ma nuova, non di quelle sformate alle ginocchia.
Un vecchio maglione di cotone dal collo un po' defor- mato che lascia intravvedere la t-shirt abbinata. Colori ri- gorosamente caldi.
Il primo compito da eseguire con dovizia è il caffè men- tre lei è ancora a letto. Svuotare la lavastoviglie. La tempi- stica è importante perché devi essere libero di uscire per le 11.30 senza incombenze che potrebbero rovinare tutto.
Sai benissimo che il cane "va pisciato" subito. Solo dopo ti puoi concedere un'appassionata conversazione sul programma del pomeriggio con lei.
È importante trovare una pellicola interessante sulla quale dissertare, parlare degli attori o della critica. A te piacciono i film di fuga, di ribellione come Into the wild o Captain fantastic.
Dovete soppesare gli amici da invitare: alcuni pro- prio no, parlano ad alta voce, altri guardano troppo spes- so lo schermo del cellulare e disturbano la concentrazio- ne. "Preferisci forse andare a prendere un caffè in collina a casa dai Mengoli?"
La menzogna si insinua nell'enfasi della proposta. Si

nasconde nel desiderio taciuto di quel momento atteso per una settimana e mai esplicitato. Quell'ora e mezza della domenica mattina mentre lei fa la doccia e prepara il pranzo dove si annida il tradimento.
"Va bene cara, scendo a prendere il pane, la frutta, i bi- scotti integrali, se ti viene in mente qualcos'altro manda- mi un WhatsApp."
I tuoi figli, curvi sulla tazza di caffelatte, ti guardano e alzano un sopracciglio. Sospettano qualcosa e nel loro linguaggio silenzioso ti avvertono: "Guarda che stai esa- gerando con questo tono mellifluo."
Ciò che temi maggiormente è l'imprevisto: qualcuno da accompagnare a ripetizione, un parente che viene a fare visita.
Non devi uscire di casa troppo presto perché un tem- po eccessivo passato fuori desterebbe sospetti. Farebbe na- scere domande che ti costringerebbero a mentire in modo esplicito. L'ultima risorsa da tenere per le occasioni più sfortunate.
Il tempismo è importante.
Anche il menù del pranzo potrebbe avere bisogno di ingredienti da cucinare e quindi da portare a casa con un cospicuo anticipo. E questo rovinerebbe tutto.
Non prendi l'ascensore, ti piace l'esercizio ginnico del- la discesa delle scale.
Con la busta di plastica piena prendi posizione. Tre mariti, con le loro piccole bugie domestiche, sono seduti accanto a te attorno all'unico tavolino che si affaccia sul- la piazza. Un cenno di saluto con il mento.

I turisti sfilano con larghi cappelli di paglia, hanno macchine fotografiche che ondeggiano sul loro petto. Il sole fa stringere loro le palpebre.
Ecco, la ragazza con i capelli raccolti appoggia il vassoio. Il liquido trasparente ondeggia all'interno di quattro picco- li bicchieri a calice dallo stelo allungato. Sul fondo c'è, im- mobile come una salamandra, un'oliva dal verde sgargiante.
È il momento di deglutire, nessuno alza lo sguardo.
Il sapore di ginepro, pungente e resinoso, del Gin di qualità ti spinge a un sorriso di condivisione con gli ami- ci. Con il cardamomo, i profumi acidi di zenzero e agru- mi, voi tutti planate con l'immaginazione, sopra i merca- ti del Bosforo.
Non sai dire quanto tempo sia passato da quella matti- na in cui, saltando di nascosto la scuola, ti rifugiasti pro- prio in quel bar, con Giorgio, nella saletta interna più na- scosta. Con lo zaino per terra, pianificaste il primo viaggio in moto a Istanbul, passando per Salonicco e Igoumenit- sa. Di sicuro non avevate i capelli grigi come adesso.
Allora amavi bere liquore all'anice.
Il cellulare vibra, il messaggio recita sibillino: mi servo- no anche le uova e il latte me li riesci a portare subito?
L'ultimo sorso è sempre il più buono, i soldi del con- to sotto il portatovagliolo, il saluto con la busta della spe- sa in mano.
Giorgio ti allunga un bastoncino di liquirizia pura, ot- tima per camuffare l'alito.
A casa non deve arrivare nessun indizio del sapore della libertà.

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