𝗜𝗿𝗼𝗻 𝗠𝗮𝗻

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Da bambina ero sicura al cento per cento di essere una maga. Confessavo a bassa voce solo alle persone fidate che avevo dei poteri magici e pensavo che la mia sensibilità potesse far succedere le cose, che i miei desideri, concentrandomi tantissimo, potessero realizzarsi.
Poi ho scoperto di soffrire di disturbi psichici post-traumatici (come ansia, doc, dipendenza affettiva, autosabotaggio) e quell'ingenuità è venuta meno, facendo spazio per le insicurezze.
In qualche modo, però, io le vedevo le cose muoversi che adornavano la mia stanza interamente dipinta e piena di scritte sul letto. In qualche modo sentivo davvero di essere una popstar quando cantavo in salotto. In qualche modo ci parlavo con le fatine nascoste negli alberi, con il vento, e al mare chiedevo più onde, gli tiravo i sassi per farlo arrabbiare e giocarci ancora. In qualche modo sapevo che quella bambina con le trecce sarebbe tornata a riproverarmi il fatto di non essere più così tanto 'innamorata di me'.

Ed è nella penombra di una stanza vuota, che l'ansia si materializza in un'atmosfera pesante e il silenzio viene interrotto solo dal ticchettio dello scorrere inesorabile del tempo. Le pareti sembrano chiudersi, come se il mondo si stesse restringendo attorno a chiunque si trovi lì.
Gli sguardi vagano per cercare di mantenere il controllo, e riflettono una profonda disperazione. Mentre il peso dell'incertezza si posa sulle spalle come un fardello insostenibile.
Le lacrime intrappolate negli occhi son già pronte a sgorgare. Raccontano una storia di dolorosa vulnerabilità che avvolge l'anima in un abbraccio gelido. Lo so bene cosa sta succedendo.

-

«Roncade? Ma che t'o dico a fa'?»
Mi avvicino a te con passi lievi e misurati, sfioro il suolo marcato dell'ultimo palco con una grazia che sembra sospesa nell'aria.
Sarà difficile ma ci sei tu con me.
Ogni passo è un'armonia di movimenti controllati, come se danzasse in silenzio verso il suo obiettivo.
Il tuo sguardo concentrato rivela una determinazione calma, mentre il mio corpo si inclina leggermente in avanti, creando un'aura di attenzione e i respiri di entrambi, appena distinguibili, come una melodia delicata.
Le tue mani sfiorano la chitarra classica, con un tocco impercettibile che ti caratterizza. Forse sono leggermente contratte perché suggeriscono una leggera tensione, al contrario della postura composta che trasmette un senso di consapevolezza.
Poi.
Un sorriso fugace illumina il tuo volto per un breve istante, come un raggio di sole che sfiora appena la superficie dell'acqua. Le labbra si curvano delicatamente, gli occhi si accendono di una luce effimera e, in quel breve attimo, il tuo viso trasmette dolcezza improvvisa. Ed io incomincio a cantare.
«Io non ho piani, io non ho piani»
L'attimo sospeso nell'aria, come una bolla destinata a scoppiare, anticipa la fine imminente del tour. È come il crepuscolo che colora il cielo prima di cedere il posto alla notte, una transizione silenziosa che prelude alla conclusione di qualcosa di noto.
«E non ho orari, io non ho orari»
La fine si avvicina con una delicatezza inesorabile, un confine impercettibile che separa ciò che è stato da ciò che sarà.
«E non è presto e non è tardi e non ha un nome, questa faccia non ha specchi, tanto siamo uguali»
È un momento sottile, carico di significato, in cui il presente sfuma nell'incertezza del futuro.
«Ti guarderei continuamente, comunque sia, ogni posto è casa mia»
Come l'ultimo capitolo di un libro, la fine si avverte nell'ultima parola, nell'ultima nota, nell'ultima pennellata di un quadro: un congedo inevitabile che porta con sé la promessa di nuovi inizi.
«E siamo umani, è con le mani che tu mi trascini via» Le ultime note di una melodia si dissolvono nell'aria, rivelando la fine di un viaggio musicale.
Magico.

-

«Sei stanca?»
Stanca? Sono distrutta, completamente a pezzi.
Ma felice. Un'esplosione di colori intensi nel cuore, un'ebbrezza che inonda ogni fibra dell'anima. Avverto un senso di leggerezza, come se le ali della contentezza sollevassero il mio intero essere. Non era mai successo.
«Sono proprio fiera»
Sento di star sfogliando un libro su di me, e non riesco a smettere di sorridere di fronte alle pagine che parlano di questo tour, nato e cresciuto con impegno e resilienza. Come un bagliore interno, un'aurora di soddisfazione che si accende nel mio cuore. Significa che sto camminando con passo deciso, consapevole delle sfide superate e dei traguardi raggiunti. E vedere la propria vita fatta di immagini belle, è il massimo. Cosa posso chiedere di più?
«È merito vostro ragazzi»
Senza di ognuno di loro non sarebbe stato lo stesso.
È un'autentica celebrazione della mia storia, con tutte le imperfezioni trasformate in tratti distintivi e di chi sono diventata.
La riuscita di tutto lo show era obbligatoria tanto quanto l'amore che ci abbiamo messo dentro.
La mia ancora di fiducia nei momenti di dubbio.
Piango. Rido. Salto.
Essere fiera di me non è una sensazione ricorrente, non sono abituata.
Eppure è un raggio di sole che permea le giornate, alimentando la mia determinazione a continuare a crescere e a brillare nel mio percorso e nella gavetta.
«Vieni qui Ninetta»
Tra una lacrima di gioia e una malinconica sento due braccia possenti sovrastare completamente il mio corpo. Quelle di mio fratello.
Siamo sempre stati uniti da un'affettuosa connessione, come le onde armoniose di un mare. Il modo in cui ci sosteniamo reciprocamente è un forte senso di fiducia intessuto nella stoffa del nostro legame.
Un amore che si manifesta nelle piccole attenzioni, nei gesti gentili e nell'essere lì l'uno per l'altro, indipendentemente dalle sfide che la vita possa presentare.
Anche lui è fiero.
«Fil»
Sussurro senza riuscire a proferire altro.
Ma so che non serve, lui sa già.
«Angelina»
Eccoti tornato finalmente.
Dietro tutta la crew vedo sbucare dei riccioli neri che saltellano a destra e sinistra. Un pò come me.
«Malparido»
Ho scoperto troppo tardi il vero significato di questa parola per smettere di utilizzarla.
Le tue mani mi avvolgono con delicatezza, come foglie che si accarezzano leggere al vento. La pressione è esattamente quella giusta, né troppo forte né troppo debole, un equilibrio che trasmette sicurezza e intimità come la prima volta. Sorrido.
Mi sono innamorata di un ragazzo che è come un tramonto dipinto su una tela infinita di emozioni. Tanto timido quanto forte.
«Andiamo a casa»
Casa. Dopo giorni e giorni di viaggi nel mio mini van personale, mi suona quasi inusuale quella parola.
Per me questa è casa. È il mio palco, pronto ad accogliere le varie rappresentazioni di una piccola parte di me, con il calore del pubblico, alimentato dall'energia palpabile che avvolge l'ambiente, il sostegno, l'apprezzamento, la magia.
È il suono unito di applausi e sussurri, una sinfonia di emozioni condivise.
È un mix di entusiasmo, approvazione e curiosità, che permea l'aria e rende ogni istante speciale. È diventato imprescindibile.
Questa è casa.

𝗺𝗼𝗻𝗼𝗹𝗼𝗰𝗮𝗹𝗲Where stories live. Discover now