L'avevi visto per la prima volta quando Silente l'aveva presentato a tutta la scuola, nel salone d'ingresso, quando la Umbridge aveva licenziato la Cooman e la McGranitt, Vitious e la Sprite l'avevano appena portata via.
Eri allineata in silenzio contro la parete, nascosta e più in disparte degli altri, dietro a una colonna massiccia. Non ti piaceva essere al centro dell'attenzione né essere vicino a quelli che lo erano. Eri sola, con pochi amici, buoni voti, e ti bastava. Non amavi i pettegolezzi, e sapevi che ti consideravano strana. Andava bene così.
Avevi sentito il cuore mancare un battito, mentre la figura imponente si affiancava a quella più slanciata di Silente.
Era un centauro.
Eri sempre stata affascinata dai centauri, dalle fate e dalle creature magiche in generale. Era bello, particolare. Aveva ricci biondi, un bel biondo chiaro, naturale, non come quello ossigenato di Malfoy. Però erano stati i suoi occhi ad affascinarti: chiari, azzurri come una lastra di ghiaccio e altrettanto freddi.
Avevi pensato che erano belli. Strano, non avevi mai degnato un ragazzo delle tue attenzioni... e il primo pensiero che avevi su uno di loro era sugli occhi di un centauro.
Avevi scrollato le spalle, ti eri girata e te n'eri andata verso la Sala Comune di Corvonero.
La Umbridge sarebbe stata furiosa e non ti sembrava il caso di rischiare una punizione.
Pochi secondi dopo, però, avevi sentito un rumore strano. Zoccoli.
Non ti eri girata, ma la voce del Preside ti aveva obbligata a farlo.
- Signorina Watson! Che piacere!
Ti eri girata. Sorrideva. Sorrideva sempre, Silente. Non che impazzissi per lui, lo trovavi un bel po' strano, ma era a posto.
Gli avevi sorriso. Sentivi le iridi del centauro -non avevi sentito il nome- su di te. Ti aveva irritato. Che voleva?
- Preside... professore - avevi aggiunto guardando brevemente il nuovo insegnante. Ormai ti si erano affiancati, e avevano adattato il loro passo al tuo. Non capivi perché volessero parlarti, ma forse era solo gentilezza.
- Com'è andato il test di Trasfigurazione avanzata? La professoressa McGranitt mi ha riferito il risultato più che soddisfacente del tuo percorso. Sono davvero felice che una studentessa così intelligente abbia deciso di sviluppare le sue capacità studiando oltre che per le lezioni normali.
Avevi scrollato le spalle. Non sapevi che fartene dei complimenti, ti mettevano in imbarazzo e basta.
- Spero sia andato bene, signore. Non ne sono certa - una sfumatura di inquietudine aveva intaccato la compostezza della tua voce e avevi fatto una debole smorfia, provocando uno scintillio divertito nello sguardo del Preside.
- Beh, signorina Watson, mi permetterò di informarla che il risultato è eccellente. Ha superato ottimamente il corso avanzato. Ora, mi scusi, ma penso che il nostro Fiorenzo sia stanco. Buonanotte!
- Buonanotte - avevi mormorato interdetta.
Ti eri ricreduta. Silente non era un bel po' pazzo, lo era e basta. Ma almeno aveva avuto il tatto di ricordarti il nome del centauro, che comunque non ti aveva nemmeno rivolto la parola. Scrollasti le spalle e svuotasti la testa dai pensieri, affrettandoti lungo il corridoio opposto preso dai professori.* * *
Eri appena uscita dall'ufficio della Umbridge, le lacrime agli occhi. Avevi svoltato un paio di angoli, percorso qualche scala, poi ti eri accasciata stringendoti la mano al petto, mordendoti a sangue le labbra mentre un'ondata di odio e rabbia ti scuoteva da capo a piedi.
Non sapevi nemmeno perché diamine ti avesse messa in punizione. Davvero, non ne avevi idea.
Sapevi solo che la odiavi, quella vecchia e brutta rospa. E che la mano ti faceva un male cane.
Avevi sospirato, abbassando gli occhi e guardando la scritta sanguinante incisa sulla tua pelle. Non si era ancora rimarginata.
Ti eri morsa le labbra e posato la testa sulle ginocchia, cercando di non lasciare campo libero alle lacrime di umiliazione che ti premevano gli occhi per uscire e scorrere sulle tue guance
Poi avevi sentito un rumore familiare, ma non avevi nemmeno fatto in tempo ad alzarti e a correre via prima che due occhi azzurri si puntassero su di te.
Fiorenzo.
Aggrottò le sopracciglia, senza perdere quell'aria leggermente indifferente che lo distingueva.
-Cosa succede?
Ti eri alzata, nascondendo la mano dietro alla schiena, e l'avevi guardato cercando di ricacciare le lacrime. Ma quando avevi parlato... be', la tua voce ti aveva tradita. Così come i tuoi gesti: il suo sguardo penetrante aveva seguito la mano nascosta.
-Niente, professore. Buonanotte.
Non ti aveva lasciata andare. Quando ti eri girata ti eri ritrovata ad essere afferrata per un braccio e dopo pochi istanti le sue mani grandi e delicate stringevano la tua, di mano. Quella ferita.
Il suo sguardo bruciava più delle parole che avevi inciso tu stessa sulla tua pelle.
-Dovresti pulirla- disse a bassa voce lui. Annuisti, insicura.
Ti lasciò andare la mano. Non ti era dispiaciuta la sua presa. Era gentile. Ti eri chiesta se tutti i centauri fossero così.
-Chiedi a Hermione Granger. Ti aiuterà.
Avevi sollevato lo sguardo e l'avevi guardato aggrottando le sopracciglia. Avevi schiuso la bocca per chiedere come facesse a saperlo, ma ti eri bloccata. Forse certe cose era meglio non chiederle. Così ti eri limitata ad annuire, sotto il suo sguardo azzurro.
-Va bene. Grazie.
Lui aveva scrollato le spalle e aveva indicato con un cenno del braccio il corridoio, invitandoti a tornare nel dormitorio.
Ti eri girata e te n'eri andata, chiedendoti il motivo per cui aveva una lieve impronta violacea, quasi invisibile, di uno zoccolo stampata sul petto.* * *
C'era fermento tra gli insegnanti, lo sentivi. Eri quasi stata travolta da Piton mentre correva da qualche parte, e non si era neppure fermato a toglierti punti. Avevi pensato che era molto strano, ma avevi scrollato le spalle ed eri andata avanti, camminando.
Eri nervosa, con le mani sudate e il respiro corto. Avevi scoperto una cosa, e non te l'eri sentita di dirlo a Vitious né alla McGranitt, che comunque reputavi una bravissima insegnante. Avevi ripiegato sull'unico che non sembrava scalfito più di tanto dall'atmosfera di odio e intrighi che regnava padrona nel castello e che sapevi sarebbe stato imparziale.
Non sapevi nemmeno il perché di quella scelta, ma di quello non osavi parlarne alla tua amica. Né a nessun altro... forse però lui avrebbe potuto aiutarti. Perché sì, avevi paura.
Eri arrivata davanti alla classe con il cuore in gola. Avevi bussato, ma non aveva risposto nessuno e in più avevi notato che la porta era socchiusa. L'avevi aperta, uno spiraglio sufficiente per sbirciare dentro e vedere tra gli alberi cresciuti nella classe solo il silenzio.
-Mi stai cercando?
Eri saltata di almeno una quindicina di centimetri, e mentre ti voltavi di scatto il nodo allo stomaco si era fatto più stretto, impedendoti di respirare e facendoti salire la nausea.
I suoi occhi ti guardavano intensi.
Volevi vomitare, ma eri sicura che non sarebbe stato carino da parte tua.
-No- avevi mentito, sbiancando e scattando di lato.
Eri corsa via.* * *
Eri seduta al margine del lago, le gambe immerse nell'acqua fresca e i jeans arrotolati fino alle ginocchia. Erano passati un paio di giorni da quella figuraccia, e ancora non ti eri confidata. Era più forte di te.
Lo sconforto minacciava perfino di assalirti lì, quel sabato pomeriggio, con il vento che ti accarezzava i capelli e il sole che splendeva.
Non avevi sentito nessun rumore, a parte il dondolio delle onde dell'acqua e le risate di alcune ragazze più in là.
Fatto sta che ti eri ritrovata a sussultare, colta di sorpresa, quando ti eri voltata alla tua destra e avevi visto degli occhi azzurri che ti fissavano.
L'avevi guardato per qualche secondo, poi ti eri girata di nuovo, meditando se avresti potuto buttarti nel lago e affogare per risparmiarti tutto quel pasticcio che, comunque, avevi creato tu.
Si era seduto -si può dire seduto?- accanto a te, in silenzio, e ti guardava.
Forse aspettava che gli dicessi qualcosa, ma la tua gola sembrava bloccata. O forse erano le corde vocali che avevano improvvisamente disimparato a funzionare.
-Io... ho un problema.
Non eri mai stata più in imbarazzo di quel momento, ma lui aveva uno strano modo di ascoltare. Freddo, distaccato, eppure attento. Ti sembrava che non ti stesse giudicando, e ti eri sentita bene. Il sasso che avevi in gola si era ridotto di dimensioni.
-Perché sei venuta da me?
-Non lo so- avevi risposto dopo un po', girandoti verso di lui. Lui aveva annuito lentamente, con quella sua espressione solenne che gli aveva visto anche mentre parlava con Harry Potter. -Stai dicendo la verità.
Non aveva aggiunto altro, stava aspettando che tu gli dicessi che quale fosse quel problema che ti tormentava tanto. Avevi sospirato, avevi tirato fuori le gambe dall'acqua e ti eri messa al sicuro strisciando un mezzo metro indietro. Poi avevi chiuso gli occhi e con un brivido avevi sentito il tuo corpo rimpicciolire, assumere le dimensioni di un piccolo gatto.
Perché era questo quello che eri: un gatto.
O meglio, una gatta.
Avevi sollevato i tuoi occhi blu verso le sue iridi di ghiaccio, che sembravano emanare sorpresa. Non eri mai stata brava a capire le emozioni altrui.
Ti aveva guardata per un po', e ti eri sentita indifesa, nuda sotto al suo sguardo, così piccola e insignificante che ti eri appallottolata e avevi nascosto la testa sotto alle zampe bianche. La vergogna e la delusione facevano battere forte il tuo cuoricino. Ti sembrava di aver visto il disprezzo in quegli occhi.
Poi delle mani grandi, dalle dita lunghe e pallide, ti avevano presa con delicatezza e tu avevi miagolato sorpresa, mentre ti ritrovavi premuta contro un petto glabro e forte, caldo. Accogliente.
Le sue dita erano immerse nel tuo pelo in una stretta dolce, confortante. Poi ti aveva accarezzata dietro alle orecchie, e un miagolio soddisfatto era uscito dalla tua gola senza che tu potessi farci niente.
Avevi alzato lo sguardo, appoggiando la zampa sul suo addome, e avevi visto un'ombra di un sorriso sulle sue labbra. Un pensiero strano ti aveva attraversato la mente, e tu avevi dato la colpa alla dimensione ridotta del tuo cervello.
Chissà se qualcuno ha mai baciato quelle labbra.
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Passerà...
Fanfiction[...] Non ti aveva lasciata andare. Quando ti eri girata ti eri ritrovata ad essere afferrata per un braccio e dopo pochi istanti le sue mani grandi e delicate stringevano la tua, di mano. Quella ferita. Il suo sguardo bruciava più delle parole che...