VI LIBRO: paura.

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Eri rimasta abbastanza delusa quando era stato chiaro che Fiorenzo non avrebbe più insegnato alla tua classe. In effetti, non perché ti interessasse Divinazione... piuttosto perché ti era affezionata a lui. L'anno prima, da quando gli avevi rivelato di essere un animagus, vi eravate avvicinati, anche se lui continuava a mantenere la sua indole solitaria.

Per questo quell'anno non eri andata subito da lui. Quel rapporto che avevate costruito era strano, particolare: lui sapeva una cosa di te che nessun altro conosceva -che potevi trasformarti in gatta. Ti eri fidata di lui più di quanto l'avessi fatto con le tue amiche, o i tuoi genitori. Eppure lui era un centauro, una creatura che tu non avresti mai potuto capire fino in fondo. La vostra amicizia era fragile, fragile come un debole bocciolo di un albero in preda a una tempesta.

Durante l'estate non avevi avuto il coraggio di scrivergli. Cosa avresti mai potuto dirgli? Non sapevi nemmeno se eravate amici. Di certo non gli avresti raccontato delle tue giornate. Sapevi che non gl'interessavano... o almeno era questo che credevi.

La scuola era iniziata da un paio di settimane, e sentivi già che quello non sarebbe mai stato un anno normale. Non solo perché sarebbe stato il tuo ultimo anno, ma sentivi che qualcosa, prima o poi, sarebbe accaduto. Qualcosa di brutto.

Eri seduta fuori, su una panchina di pietra nel cortile interno della scuola. Eri da sola, ed era sera. Avevi appena litigato con un ragazzo... il tuo ragazzo. Be', il tuo ex ragazzo.

Non eri per niente in vena di parlare, o di stare con qualcuno.

Ma a quanto pareva il destino aveva deciso di non lasciarti in pace.

Dei passi annunciarono la presenza di qualcuno. Con uno sbuffo ti asciugasti le lacrime e scendesti dalla panchina. I passi erano vicini, fin troppo per nasconderti da qualche parte. Non eri popolare, ma sapevi bene che se ti avessero vista piangere la tua reputazione non sarebbe mai migliorata. Perciò, con un brivido che ti correva lungo la schiena, decidesti all'istante. In meno di un secondi eri diventata un piccolo gattino dal pelo soffice e bianco.

Avevi zampettato sotto alla panchina e ti eri accucciata lì, posando il muso sulle zampe e rifugiandoti nell'ombra, senza riuscire a scrollarti la tristezza di dosso.

Amavi Michael, nonostante tutte le litigate dell'ultimo periodo, ma vederlo baciare la tua migliore amica... be', eri sempre stata forte, ma quello non avrebbe potuto sopportarlo nessuno.

Eri scappata. E ti vergognavi.

-Esci da lì, avanti.

Quella voce. La sua voce.

La tua voglia di tornare alla luce delle stelle era pari a zero, forse anche di meno. Non potevi di certo farti vedere in quelle condizioni.

-Esci- stava diventando impaziente, molto strano per lui. Era sempre così calmo.

Con un miagolio mogio eri uscita lentamente da sotto la panchina e avevi visto quegli occhi fissarti dall'alto in basso. Con uno sbuffo avevi storto il naso, poi eri saltata sulla pietra fredda della panchina, sedendoti e ricambiando il suo sguardo. Tanto valeva farsi rispettare. Ormai la figuraccia era fatta. Dovevi affrontarlo a testa alta.

Sorprendentemente non disse niente; tanto sapeva cos'era successo e ti aspettavi di sicuro qualche parola di rimprovero.

O forse no; quando stavate insieme eri sempre tu a parlare, e lui ascoltava. Non parlava molto, Fiorenzo. Era silenzioso anche nei movimenti.

Se fosse stato umano di sicuro l'avresti considerato un hippy.

Si avvicinò di qualche passo, poi si sedette di fronte a te, fissandoti. Dopo un po', alla fine, abbassasti lo sguardo. Il suo era troppo intenso da reggere -troppo azzurro.

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