Capitolo 7:Una chiama manda in confusione

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Apro gli occhi quando qualche debole raggio di sole penetra dalla finestra.

Stringo gli occhi perché vorrei continuare a dormire, ma la luce è fastidiosa.

Quando riesco a focalizzare, capisco di essermi addormentato a casa di Carlo. Sento un braccio cingermi la vita e un respiro caldo che mi solletica il collo.

Carlo mi sta stringendo e io, per la prima volta dopo mesi, non ho fatto alcun incubo che riguardava Antonio e la fine della nostra relazione. Il cuore mi inizia a martellare come un tamburo dentro al petto.

E' una sensazione così strana, ma piacevole. Molto piacevole. Pericolosamente piacevole.

La sua vicinanza è sempre un balsamo per la mia anima inquieta e lo trovo una roccaforte in cui rifugiarmi quando provo tristezza o paura. Credo lo sia stato sin dalla prima volta che mi ha accompagnato al motore quella sera alla serata lgbt.

Mi muovo leggermente e lo sento russare leggermente. Cosa devo fare? Provo a spostargli il braccio?

Guardo l'orario sullo schermo del cellulare e mi accorgo che sono appena le sette del mattino. Tra un paio d'ore devo andare a lavoro e da casa di Carlo ci vuole un po' prima che arrivi.

Faccio un respiro lungo e mi faccio coraggio, sposto il suo braccio piano piano, ma lui mi stringe ancora più forte.

"No, non andare via." Mi dice con una voce rauca. Mi volto a guardarlo e mi mozza il respiro. Ha i tutti i capelli ricci scombinati e anche sul viso, ha gli occhi chiusi e il viso rilassato, che appare come un angioletto. Ho sempre pensato che fosse bello, ma di prima mattina è davvero uno shock per gli occhi.

Vorrei toccargli quei suoi boccoli ribelli e, non so, appoggiare le mie labbra sulle sue.

Questo pensiero mi fa arrossire.

Sta ancora dormendo o non vuole realmente che me ne vada? Oddio, vado in iperventilazione.

"Devo andare a lavoro." Azzardo con un filino di voce. Carlo apre gli occhi e cerca di mettere a fuoco.

"Scusa, mi sono addormentato." Dico in imbarazzo. "Sì, ieri sera russavi quando mi sono messo a letto. Non volevo svegliarti, così ti ho lasciato dormire in pace."

Si accorge che siamo ancora stressi e ritrae il braccio.

Mi alzo e cerco le mie scarpe che non ricordo di essermi tolto. "Sono davanti la porta." Mi dice lui, intuendo cosa stia cercando. Annuisco.

Sono in estremo imbarazzo.

Lui si alza e va verso la zona cucina. " Vuoi un caffè?" Mi domanda, indicandomi la macchinetta.

Annuisco.

"Grazie per l'ospitalità." Cerco di spezzare la coltre di imbarazzo che c'è tra di noi. "Nessun problema, era il minimo." Risponde.

"Lavori anche di sabato mattina?" Prova a simulare disinvoltura, ma capisco che non lo è per niente disinvolto. "Sì, ho il turno mattutino."

Beviamo il caffè in fretta e furia, poi Carlo mi invita ad usare il suo bagno per una rinfrescata prima di andare a lavoro.

Dopo aver lavato il viso, i denti con dentifricio e dito e sistemato i capelli, non vedo l'ora di uscire per lasciarmi l'imbarazzo alle spalle.

"Allora, io vado." Sentenzio.

"Ci vediamo dopo?" Mi chiede.

Lo fisso un po' stranito. Vuole passare del tempo con me dopo questo imbarazzante inizio di giornata?

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