Lo seguivo da giorni, studiando la sua routine meccanica, la sua dedizione esemplare e i suoi sacrifici commoventi. Sembrava un robot, con quei suoi gesti automatici, frutto della ripetizione e non del caso, come un robot assembla pezzi dentro una fabbrica.
La sua routine era così malinconica, ai miei occhi. Io, uno per il quale la routine è sacralità della vita. Esce di casa tutti i giorni alle 7.30 in punto, recandosi a lavoro - istruttore in una palestra - e rimanendoci fino alle 17 il martedì e il venerdì. Ha come giorno libero il sabato e la domenica, perché la palestra rimane aperta solo la mattina e vi è presente il titolare. Il martedì e il venerdì si precipita agli allenamenti, mentre gli altri giorni passa prima da casa per una siesta fatta di social, e per cucinare per la sera, o per stare un po' con la fidanzata, costretta a condividere la sua vita con questa passione così invadente. Alle 18 arriva al campo sportivo, per le sgambate di rito e per l'allenamento vero e proprio, che si conclude con una veloce partitella. Alle 20, quando non cede alle richieste dei compagni di spogliatoio per una birra in un pub del centro, torna a casa, dove lo aspetta una frugale cenetta realizzata dalla compagna, e da me spiata all'interno dell'auto, dall'altra parte della strada.
Parlare della sua patetica routine al presente mi strappa un ghigno.
Lo seguivo da 71 giorni, quando decisi di agire. Ero indeciso sul momento più opportuno per occuparmi di lui. Era circondato da persone tutto il giorno, senza avere un solo momento di solitudine che io potessi sfruttare. Ce n'era solo uno, utile alla mia causa: quando tornava dalla saltuaria birra con gli amici che non prevedeva la sua fidanzata in mezzo ai piedi. Nelle tre occasioni, da quando lo seguivo, in cui era uscito con i compagni di spogliatoio era partito seguendo le loro macchine dal campo sportivo fino al pub per un totale di 11 minuti di media. Vi rimaneva per una media di 3 ore e 34 minuti per essere a casa sempre qualche minuto prima di mezzanotte. La strada che percorreva era un lungo viale alberato per meno di dieci minuti, poi si immetteva sulla statale 26 per un totale di 23 minuti in media e quindi percorreva il centro cittadino per altri 7 minuti di media fino al quartiere dove viveva, e altri 3 minuti fino a casa sua. In due occasioni aveva parcheggiato l'auto nel vialetto, nella seconda dentro il garage. Visto e considerato che non avevo carpito il perché di questa scelta alternata, aveva deciso che il momento più adatto poteva essere nel quartiere - sprovvisto di sorveglianza - ma prima che il giovane potesse arrivare a casa. La compagna, che in tutte e tre le occasioni aveva acceso la luce della camera da letto quando aveva sentito arrivare la Ford Fiesta blu, poteva rappresentare una minaccia al mio piano. Quindi il "disinsogno" doveva avvenire in auto, possibilmente in prossimità dell'incrocio che precedeva il viale dove la sua abitazione si trovava.
La birra con gli amici, in quelle tre occasioni, era stato l'unico momento di svago del calciatore.
Dopo un'attesa durata 8 giorni, finalmente, all' interno del campo sportivo i calciatori si erano riuniti, confabulando animatamente e ridendo. E uno di loro aveva proposto l'uscita, accogliendo il favore di tutti, la mia vittima compresa.
Rimasero al pub 10 minuti in più dell'ultima volta, e quando uscirono io ero sempre lì, nel parcheggio, in trepidante attesa. Un'attesa che sarebbe stata presto ripagata. E che avrebbe portato conseguenze disastrose per la mia giovane preda.
Che guidò verso casa, tutto secondo i miei piani, arrivando al fatidico incrocio alle 23.48, e fermandosi al semaforo rosso.
Questo mi fece pensare. Quante volte, nella nostra vita, abbiamo avuto la possibilità di infrangere la legge, nelle piccole regole che la compongono, intendo. Quante volte l'abbiamo fatto? Quante, invece, no? Ecco, se la mia vittima fosse stata un poco più coraggiosa e, nella notte silenziosa e deserta, avesse inforcato la prima e pigiato sull' acceleratore sgommando fino al suo vialetto, forse sarebbe andata diversamente. Non avrebbe cambiato il destino delle cose, ma avrebbe guadagnato un po' di tempo, per continuare a sognare un po' di più.
Certo è che non poteva immaginare quello che sarebbe accaduto poi: il tamponamento a 40 chilometri orari, la Ford che sbalza in avanti e il semaforo che passa dal rosso al verde mentre le due auto sono nel bel mezzo dell' incrocio.
<<Cazzo, che botta! Ehi! Ma che diavolo combini?>>, esclama il calciatore, nella mia direzione.
Mentre scendo lo osservo valutare il danno.
<<Sono immensamente dispiaciuto>>, affermo io, calmo e impassibile.
<<Be', io anche! L'auto era nuova!>>
<<L'hai comprata 8 mesi fa, non la definirei nuova>>
Lui mi guarda accigliandosi. Ma non fa in tempo a rispondere, perché il fazzoletto intriso di cloroformio ha un effetto quasi immediato, e dopo qualche minuto lui è incosciente, disteso, fra le mie braccia. Faccio un saluto in favore della telecamera del semaforo e carico il giovane calciatore nella macchina, guidando per quasi un'ora verso "La Casa", lasciando il suo Iphone nella sua macchina.
All'interno della baita, a risvegliarlo è il suono del crac del suo ginocchio, frantumato dal mio martello, dal dolore lancinante causato dall'osso che si polverizza e dalla vista della gamba piegata in due. Sviene immediatamente dopo che il martello procede con l' altro ginocchio. Ci vorranno mesi prima che possa tornare anche solo a fare qualche passo. La sua carriera, già condizionata dalla veneranda età, per questo sport, e dalla bassezza qualitativa del campionato in cui gioca, è definitivamente segnata. Ha 29 anni, e gli anni anagrafici non aiuteranno nella guarigione. Prima che possa tornare in campo passerà anche un anno, forse molto di più, e lui non sarà più lo stesso, perché avrà una paura matta di anche solo avvicinarsi al pallone, di affrontare un avversario o girarsi per scattare a correre. Abbandonerà e io avrò distrutto il suo sogno.
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Il Serial Killer Di Sogni
Mystery / Thriller"Sono un serial killer. Un serial killer di sogni. Non importa chi sei, cosa fai. Quello che conta, per me, sono i tuoi sogni. Perché farò di tutto per distruggerli"