L'interprete

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'E venne giorno, notte, buio, luce. E venne il caos'.
Terminò di leggere il paragrafo proprio nel momento in cui la donna, una ragazza alta, capelli biondi lucenti, sulla trentina, uscì dalla porta principale e raggiunse la Chrysler parcheggiata poco più avanti. Lui mise in moto e la seguì.
La città sembrava cadere su se stessa, in un'implosione magica. Vedeva i palazzi ruotare su sé stessi, alla mercé del caos. E le strade, con le auto e le persone, finire nel baratro dell'oblio.
L'auto dell'interprete girò a sinistra e superò un cavalcavia, per poi voltare dentro un parcheggio. Lui, naturalmente, entrò nel parcheggio e spense il motore. La donna entrò nel ristorante di lusso e lui attese.
Seguire l'interprete risultò ancora più complicato che pedinare il batterista. Non perché avesse un routine vaga, o perché non ne aveva una, tutto il contrario, anzi. La donna aveva una routine molto ferrea, fatta tuttavia di appuntamenti dove incontrava decine di persone ed era dunque impossibile attuare il suo piano in totale calma.
Si presentava al lavoro tutti i giorni,  la domenica esclusa, dalle 8 fino alle 16.15 del pomeriggio, ma alquanto spesso vi rimaneva fino a tardi, e altrettanto spesso si spostava per giornate intere,in trasferta. Nei 119 giorni che l'aveva seguita, si era fermata a lavoro oltre l'orario standard 18 volte ed era andata in trasferta 6 volte, di cui due all'estero, per un totale di 24 giornate non consecutive fuori casa. Era un'interprete per una grossa multinazionale con diversi clienti in Asia ed Europa, e il suo lavoro era parlare.
L'unico momento perché lui potesse agire era quando tornava a casa. Solitamente, infatti, dopo il lavoro si fermava con colleghi e amici, in particolare il venerdì e il sabato, 9 volte nei 119 giorni di pedinamento. Aveva pensato anche all'aeroporto, come luogo di azione, perché dispersivo. Ma proprio per questo stracolmo di persone, e di telecamere.
No, l'abitazione della donna era il luogo perfetto. Anzi, l'unico luogo possibile.
Viveva fuori città, in un bel villino di campagna, con un amorevole marito e 2 figli, un maschio di 3 anni e una bambina di uno e mezzo. Il marito lavorava per una multinazionale delle piattaforme petrolifere e quindi era fuori quasi sempre. Nei 119 giorni del suo 'contratto' era stato fuori casa per un totale di 107 giorni, di cui 24, 46 e 37 consecutivi. Questo, ovviamente, rendeva le cose più semplici, per lui. Ciò che le complicava era il fatto che la famiglia, con grandi disponibilità economiche, si poteva permettere due donne delle pulizie e tre tate che facevano i turni. E nel suo contratto era specificato che al di fuori della vittima designata altri 'target' non dovevano essere toccati.
Dopo 119 giorni aveva deciso di 'attaccare'.
Erano le 22.57. Lei ancora sveglia, stava leggendo un libro sfruttando la luce fioca di una lampada ad angolo, i bambini erano al piano di sopra, al letto dalle 20. 40.
Uscì dall'auto e, rispettando rigorosamente il piano in precedenza stabilito, suonò al citofono del cancello.
E dopo qualche istante udì la voce della donna.
<<Chi è?>>
<<Signora, sono Harlan Hazel, lavoro per la Oil Rp.>>, rispose l'uomo, riferendosi all'azienda del marito della donna, che aveva letto sulla casacca di questi una delle mattine che l'aveva visto uscire. <<Posso parlarle?>>
<<Si tratta di mio marito?>>
<<Sì, signora.>>
<<Oh, mio Dio... è successo qualcosa di grave?>>
<<Sì, ma se vuole possiamo parlare tramite il citofono.>>
<<Oh, no, no. La prego, entri.>>
Agganciata, pensò tra sé.
La casa era ben arredata. Un ambiente moderno, con un salotto ampio e una scala con gradini in legno finto vintage che portava al piano di sopra.
<<Lo chiamo immediatamente.>>, disse la donna.
<<Non è il caso, signora.>>
<<Perché?>>, domando lei, inquietandosi subito dopo.
<<Perché suo marito sta benissimo.>>
<<Oh, bene, allora. E cos'è successo, dunque?>>
<<Prima di spiegarglielo potrei avere un po' d'acqua?>>
<<Certo.>>, ribatté lei, accigliandosi, e sparendo in cucina.
E in quel momento pensò che, per la sua incontenibile gioia, avrebbe potuto sviare un po' dal piano originale. E si nascose dietro la porta della cucina.
Quando la donna rientrò in salotto e non lo vide si fermò al centro della sala, con il bicchiere d'acqua a mezz'aria.
<<Signor Hazel?>>
Ma lui era in cucina, e aprì tutti i cassetti fino a che non ebbe trovato quello che gli interessava.
Poi tornò in salotto, sorprendendo la donna.
<<Che cosa ci faceva nella mia cucina?>>
<<Cercavo l'acqua.>>, rispose lui, con tutta la calma del mondo.
<<Ma è qui.>>, gli fece notare lei, che gli porse il bicchiere d'acqua  e si mise le mani nelle tasche, in un gesto di nervosismo.
<<Quindi, che cos'è accaduto a mio marito?>>
Lui sorrise e tirò fuori le forbici che aveva prelevato dal cassetto in cucina.
<<In realtà,  a lui nulla. Ma quando tornerà a casa, non sarà più in grado di sentire la calda voce di sua moglie.>>
Lei non afferrò il concetto, non subito. E quando lo fece fu troppo tardi.
Lui la prese per il collo con la mano sinistra, mentre con le forbici nella destra cercò la bocca di lei. A nulla valsero i tentativi della donna di spostarsi ed evitare ciò che accadde dopo. E quando vide il pezzo della sua lingua per terra, in una pozzanghera di sangue, svenne, cadendo sul divano. Un grumo rossastro le fuoriusciva dalla bocca, mentre l'incarnato era pallido. Era un po' deluso da sé stesso per quell'eccezione al piano,  la forbice che apparteneva alla scena del crimine, ma anche eccitato. La gettò a terra, di fianco al pezzo di lingua, perché non gli apparteneva, e mise le mani al caldo, dentro l'impermeabile, contemplando il suo ultimo capolavoro.
Un bambino scese le scale,  ed entrò nel salotto, chiamando la mamma.
<<La mamma sta dormendo, piccolino. E non può sentirti.>>, disse lui, accarezzandogli la testa.
Anche un'altra figura scese le scale. Ma non era la bambina. Era una delle tate, che lo fissava, esterrefatta.
Come aveva fatto a sfuggirgli la sua presenza lì?
In quel momento lui comprese che aveva rovinato tutto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 25, 2023 ⏰

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