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— ANDRES —

Le sensazioni che stavo provando in quel momenti non potevano essere reali. E ancora meno il fatto che io e lei fossimo stati a un passo dal mischiarci irremovibile.

Prima di allora non avevo mai provato l'impressione di stare in paradiso, con nessuna donna e anche se con Esme non era ancora successo, nell'istante in cui le sue labbra decretai fossero le più morbide e che avessi mai baciati prima di all'ora.

Sapevano di menta e trasportavano in un vortice di piacere senza fine dal quale era davvero difficile staccarsi.

"Non puoi spingerti oltre il limite" rammentai le parole di Alexio e un groppo mi si formò in gola.

Ebbi l'istinto di andare da lei a controllare come stesse, ma mi costrinsi a darle ancora qualche minuto.

"È stata molestata, Andres! Regolati."

Trascorsero cinque minuti e mi sembrarono sufficienti quindi m'avvivai alla porta del bagno, a destra rispetto a quella del magazzino.
Alzai un orecchio, nessun rumore.
Bussai, nessuna risposta.

Quindi tentai con la parola. «Ehi, posso entrare?»
Ancora niente. Se non un grido lancinante.

Entrai comunque sbattendo la maniglia contro la parete.
Vidi subito il taglierino nella sua mano e poi il sangue scorrere giù dal lavandino. Il taglio poi lungo il braccio sinistro.

«Esme, ma..che fai? Dammi qua.» Feci per sottrarle l'arma, ma lei con forza la trattenne.
«No, lasciami!»

Ribattei con un cenno di negazione e sollevando ogni suo dito, mi impossessai del coltellino.

Allora, la guardai negli occhi. I suoi erano annebbiati dal pianto e non appena me ne accorsi, il mio temperamento di addolcì un poco - rimanendo comunque serio.

«Perché ti punisci con penitenze tanti dure?>>
«Sono sola. Ormai questo è l'unica cosa che mi ricorda che non posso lasciarmi andare>>

Allungò una mano per provare a riprendersi il coltello; io la bloccai nasconderlo dietro la schiena e poi in alto.

Non poteva arrivarci essendo più bassa di me. Sbuffò, frustata mentre io non riuscii a trattenere un piccolo sorriso divertito.

L'atmosfera quindi cambiò, facendosi più cupa.

Esme si sedette sulla tavola del water -ancora in mutande e maglietta- e si coprì il viso con i palmi. «Mi dispiace darti questo dolore, Andres. Poco fa desideravo davvero fare sesso con te, ma con i fantasmi che mi ritrovo nella mente a tormentarmi... non ce la faccio. Sai, a volte sono così prorompenti che...mi sembra di annegare nelle loro allusioni.»

Il primo punto lo ignorai.
Il secondo lo compresi perfettamente. Nessuno più di me poteva capire cos'è intendesse.

I demoni che mi perseguitavano, non m'avevano mai lasciavano da quando ero venuto al mondo.

E tale sensazione, di sentirsi in gabbia e incompresi, era qualcosa con cui dovevo vivere ogni giorno. Esattamente come lei.

Respirai a fondo e m'inginocchiai, posando le mani sulle sue ginocchia per invogliarla a guardarmi negli occhi.

𝑪𝑹𝑨𝑺𝑯 1 | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora