Promesse

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Seduto sulle sedie fredde e cigolanti dell'ospedale, per Manuel l'unico obbiettivo è riuscire a tenere gli occhi aperti il più possibile: a distanza di ore, riesce in qualche modo a tollerare il ripetersi nelle orecchie del frastuono dello schianto della Vespa sull'asfalto, ancora e ancora; stringendo i pugni fino conficcarsi le unghie dentro i palmi esorcizza la sensazione di impotenza che gli è rimasta sulle mani dal non aver potuto stringere, toccare o -per qualche strana magia- rubare dal suo corpo tutto il dolore per subirlo al posto suo; e ancora ingoia il gusto acido e amaro che il terrore gli restituisce ogni volta che l'odore del sangue torna alle narici, lo stesso sangue che è rimasto sui vestiti, sulle mani, sui pensieri; tutto questo può farlo.

Ma non c'è verso che la sua vista possa accettare di vedere ancora quel corpo riverso sull'asfalto in una posizione innaturale; quelle palpebre chiuse a nascondere un paio d'occhi a cui non avrebbe mai saputo dire addio, per quanto dura potesse essere ammetterlo, nonostante le innumerevoli volte in cui lui stesso si era fatto predone della loro luce; quel volto escoriato che mille volte aveva fatto contorcere in espressioni spiacevoli di paura e rabbia; quelle labbra pallide che una volta sola aveva assaggiato e anche per questo Simone ora stava lì.

Soprattutto per questo.

Per questo non può cedere alla stanchezza e riposare, perché ogni volta che chiude gli occhi anche solo per il riflesso naturale di sbattere le palpebre, la mente di Manuel si diverte a ricordargli perché si trovi in un ospedale. In fondo non sono le sedie ad essere così inospitali, in fondo è lui a sentirsi scomodo nella sua stessa pelle, ad avvertire di non essere il benvenuto, o meglio di non doverlo essere: non dovrebbe esserlo in questa sala d'aspetto in cui nessuno dei presenti si merita di piangere e sospirare in apprensione, e nessuno di loro dovrebbe se lui non avesse rinnegato quella scossa di elettricità che li aveva attraversati la notte del compleanno di Simone; non dovrebbe esserlo nel braccio esile della madre che gli circonda le spalle nel tentativo di confortare il carnefice, perché era stato lui a fissare gli occhi liquidi del più alto e aveva visto le lame affilate trapassarli quando gli aveva detto che per lui non esisteva; non dovrebbe essere il benvenuto soprattutto nel posto riservato accanto a Simone, quel posto in più che Simone aveva costruito appositamente per lui nella sua vita, a cui non aveva messo nessun nome perché Manuel, nonostante non lo volesse ammettere neanche a sé stesso, lo sapeva bene nel suo inconscio che Simone gli avrebbe permesso di essere qualsiasi cosa volesse pur di averlo accanto e lui questo onore non lo meritava affatto.

Lo stesso Simone che aveva chiamato per due volte in un modo vergognoso e che a ripensarci gli dava i brividi, lo stesso che aveva immischiato nei suoi giri rischiosi, che aveva picchiato, lo stesso che aveva reso partecipe delle sue avventure con Chicca prima, con Alice poi, che aveva illuso e abbandonato tra le luci rossi di un cantiere.

Nel freddo della sala d'attesa di un ospedale della capitale, Manuel si rendeva conto che il vero freddo lui lo sentiva nel petto: vuoto, scavato, pieno di rovi, spine e rocce. Era questo che cercava di spiegare a sua madre giusto qualche ora prima, quando lo schianto li aveva interrotti.

Voleva dirglielo che si era comportato male con Simone, che l'amarezza per come era finita con Chicca e la rabbia per aver perso Alice non avrebbero mai fatto male quanto il senso di colpa e la vergogna per quello che aveva fatto a Simone. Volevo ripeterglielo fino a impazzire che ormai lo aveva perso, perché era la parte che più lo terrorizzava, e sentire Anita tranquillizzarlo una sola volta non era stato sufficiente a consolarlo, neanche un po'.

Avrebbe voluto tastare anche un po' il terreno, capire che ne avrebbe pensato sua madre se le avesse fatto capire quanto teneva a Simone, come teneva a lui, anche se non sapeva dirglielo, né accettarlo o anche solo capirlo fino in fondo.

Waiting for you - SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora