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E' stato irremovibile, Nicola, all'alba di quella loro convivenza, nell'insistenza cruda, a nascondere un'ammontare indecifrabile di tenerezza al suo fondo, d'acquistare quella casa per loro, della quale ne aveva solo sentito lontanamente parlare, con voce sognante, mentre Manuel e Simone scandagliavano i volanti immobiliari nel suo salotto.

Se Manuel aveva tentato, seppur di costruita cortesia, di resistere come poteva a quel regalo, Simone se ne era stato in silenzio, con il volto rosso e le dita a torturarsi fra i denti, a guardare, accovacciato a quella poltrona, Manuel che tentava di rispondere per entrambi, di badare, a modo suo, ad entrambi, fallendo tanto platealmente, che Simone, adesso che quella dolcissima giornata non ne è che ricordo lontano, si ritrova sul prato incolto della loro villetta, a piedi scalzi tra gli aghi verdognoli, a carezzare con la punta delle dita la piccola massa d'acqua che ne è la fontana ad aprirne l'ingresso, mentre aspetta, e ne prelude il sapore sotto la lingua, il ritorno di Manuel dall'ultima giornata di lavoro della settimana.

E' diventato professore qualche mese addietro, a suo estremo orgoglio, anche se quella realtà ne ha significato l'inevitabile lontananza per la maggior parte del tempo, ma Manuel, glielo assicura ogni mattina, quando ne posa l'ultimo bacio sulle labbra, accarezzandone piano i capelli che sanno del cotone morbidissimo a cui riposano, che la sentirà meno, quella mancanza, quando anche lui troverà un lavoro.

"Passa in fretta il tempo, non te preoccupa'. E non te preoccupa' manco del lavoro, eh, che te sei intelligente assai, e ce la fai, pure se non ce credi" ne ha ripetuto quella stessa mattina in carezze imbevute di fretta e caffè.

Simone non ha replicato, ne ha accarezzato il viso, per poi nascondersi al dosso della sua spalla, che forse la sua verità ne ha riposato troppo amara sotto le labbra.

Non è esattamente che non crede di potercela fare, anzi, per giunta, Simone è ben consapevole d'essere fin troppo qualificato per quel ruolo da ingegnere junior a cui scongiura da mesi di star aspirando, quanto più che ogni volta che ne si presenta impavida l'occasione, tra colloqui ed appuntamenti rimandati uno dopo l'altro, lui ne pare fuggire.

Se ne vergogna terribilmente, ma se ne rende conto con altrettanta pigrizia che quella vita, sommersa nell'idilliaca condizione di limbo alla quale può passare il suo tempo a riposare fra le lenzuola in lino e cotone del loro letto, raccogliere svogliato i pochi fiori ancora vividi al loro giardino, ed attendere Manuel alla sera, carico delle buste dell'ennesima spesa  a cui non ha badato che lui, pare la più dolce delle condanne.

Ha paura di rinunciarne, che il terrore ne è divenuto prestissimo rifiuto.

Ha smesso di rispondere ai recruiter, ha smesso di presentarsi ai colloqui, che è diventato fin troppo nolente anche solo per rifiutarli, ed ha tagliato ogni contatto anche con le collaborazioni universitarie.

Il futuro ha ben presto perso i tratti marcati di un ufficio, ne ha scontornato i bordi, ne ha cancellato l'austerità tramutandola in incurante dolcezza, in luce allora, e nella tenerezza insostenibile di quella loro adorabile casa, della bellezza di un anello al suo dito, che ne pare dell'esistenza l'unica aspettativa, e di una manciata di bambini, tanti da non poterne neppure inventare nomi sufficienti a coprirli.

E lo ritrova così, Manuel, a ritorno dal lavoro, una busta in spalla ricolma dei capricci che Simone ne aveva supplicato la sera prima, a vegliare su Simone in una carezza al viso premuto contro l'erbetta, che si trasforma nella più dolce, quanto meno gentile, presa al suo braccio per tirarlo in piedi e tirarselo contro, baciarne la bocca e morirne del suo profumo allora, sussurrarne dolcissimo quel "Ciao" masticato, a cui altrettanto sorridente Simone sconforta in un "Mi sei mancato tantissimo, Manu".

Ma Manu è stanco, e la cena è solo pronta a metà, che seppur, prima di finirla, Simone trova il tempo d'assecondare i suoi desideri allo sbucciare pigro dei melograni che il suo ragazzo ne ha portato, che le dita gli si tingono di rosso ed appiccicume zuccherino, così come ne finiscono le labbra, a cui Manuel, seppur distrutto dalle quotidiane vicissitudini, non può che approfittandone, finendo col berne il succo, mischiato a saliva, direttamente dalla sua bocca.

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