Mi prendo io cura di te

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A svegliare Manuel quella notte è Simone, che sembra avere il sonno particolarmente agitato. Lo nota da come si dimeni tra le coperte, dal fatto che di solito non parli mentre dorme ma che questa volta sembra farlo, anche se lui non comprende una parola di ciò che l'altro ragazzo stia farfugliando.

Si stropiccia gli occhi e li apre lentamente cercando di abituarsi al buio della stanza.

Allunga il braccio per terra alla ricerca del suo cellulare, che ripone sempre accanto al letto, nonostante rischi di schiacciarlo coi piedi ogni qualvolta si alzi al mattino. Preme sul pulsantino d'accensione, lo schermo che si illumina un pò lo acceca e gli fa strabuzzare gli occhi.

Si sofferma sull'ora.

Sono le 3:00 di notte.

Riposa il telefono sul pavimento e poi fa per voltarsi verso Simone, che nel frattempo non ha smesso di lamentarsi e che con il suo rigirarsi muove anche il suo letto, visto che sono praticamente attaccati.

«Simò» sussurra Manuel.

L'ultima cosa che vorrebbe fare è svegliarlo, ma se questo può servire a tranquillizzarlo, allora forse l'idea non è così male.

«Simo» ci prova di nuovo ma con scarsi risultati.

Così, si alza a sedere.

Cerca di scuoterlo piano per evitare un risveglio brusco, e poi spalanca gli occhi quando sente la pelle dell'altro praticamente bruciare sotto la sua mano, tanto bollente da scottare persino tramite il tessuto del pigiama.

A quel punto allunga il braccio verso la piccola lampada posta sul comodino accanto a Simone e la accende, sperando che il ragazzo non ne rimanga accecato, nonostante sia girato nella sua direzione. 

La stanza viene di poco illuminata da una luce gialla, quanto basta per permettere a Manuel di capire la situazione. Simone ha le guance di un rosso innaturale, gocce di sudore gli imperlano il viso e i ricci gli si sono appiccicati alla fronte per la stessa causa. 

Nulla di anomalo, pensa, ha le coperte tirate fin sopra al naso e il pigiama di pile. 

Se solo non fosse, che sta tremando dalla testa ai piedi.

Quello si, che è anomalo.

Manuel gli appoggia una mano sulla fronte, come per avere un'ulteriore conferma e quando la ottiene balza dal letto con uno scatto e si mette alla ricerca di un termometro.

Un velo di preoccupazione si fa spazio in lui e non ne conosce bene le ragioni. 

È una semplice febbre Manuel, si dice.

Eppure, non può fare a meno di pensare che è alta, molto alta. 

Fruga nei mobili del bagno cercando di fare il meno rumore possibile e quando trova il termometro ritorna in camera da Simone. Lo fa girare molto delicatamente a pancia in su, lo scopre leggermente dalle coperte, che in quel momento non servono a nulla se non a farlo sudare di più, e poi gli apre lentamente la cerniera del pigiama, posizionando il termometro tra il petto e il braccio. Gli stringe le spalle per evitare che possa, involontariamente, spostarlo muovendosi e poi aspetta i canonici cinque minuti, che il termometro elettronico sarebbe stato forse più veloce, ma il suo trillo avrebbe sicuramente svegliato Simone.

Non si stupisce quando, al termine dei cinque minuti, riprende il termometro tra le mani e si accorge che la lineetta rossa è fin troppo in alto.

39 e mezzo.

Cazzo. 

Esclama internamente.

Non sa bene cosa fare in questi casi, e quindi sceglie di affidarsi alla parte razionale di lui, che di raro esce, ma che in quel momento gli serve per non farsi prendere da un panico quasi immotivato.

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