Capitolo 2.

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"C'erano cose che volevo dirgli, ma sapevo che gli avrebbero fatto male. Così le seppellii e lasciai che fecero male a me."

Nathee lesse quella frase a mente, ingoiando un groppo che gli si era stretto attorno alla gola.

L'amore.

Non aveva mai sperimentato un sentimento del genere, forse per paura o forse per semplice sfiga, non lo sapeva.
Così come non sapeva come fosse possibile essere così addolorati dall'amore stesso.

Perché amare se poi fa male?

Non lo sapeva ancora, ma a breve avrebbe scoperto il senso di quelle parole.

Si fermò con la lettura quando sentì dei colpi contro la porta della sua camera, gridò un "avanti" e aspettò di vedere chi fosse arrivato a disturbarlo e perché.

Vide un corpo non molto alto ed esile entrare nella stanza, un paio di occhi marrone scuro, un sorriso tutto denti e... Una testa completamente priva di capelli.

"Cazzo Theo, ti ho detto che devi mettere un fottuto cappello quando vieni da me."

Prese un cappello messo su una sedia poco lontano da lui e glielo lanciò dietro, vedendo glielo afferrare immediatamente prima di metterselo.

Theo era il suo migliore amico ed era il suo completo opposto. Era solare, vivace, amante della vita e un tumore al cervello in stato avanzato.

Non lo faceva apposta, ci provava a vedere il suo amico senza cappello, ma non riusciva a credere che quello che era praticamente suo fratello avesse un male simile.
Non lo accettava e mai l'avrebbe fatto.
Stava comunque seguendo delle cure che apparentemente stavano funzionando.
Stava migliorando.
Nathee sapeva che sarebbe guarito, Theo era un guerriero e sarebbe rimasto al suo fianco in ogni battaglia.

"Scusa P'Nathee."

Si sistemò il cappello, prima di sedersi sul letto della stanza.

"Com'è andata la missione di ieri?"

Nathee sbuffò pensando alla sera prima, al ragazzo del bar e alla corsa che aveva fatto per salvare la sua stessa vita.

Fare il suo lavoro non era facile, doveva sporcarsi le mani per farlo, ma fruttava denaro e lui era abbastanza apatico da farlo.

"Come stai?"

Cambiò argomento, accarezzandogli la testa da sopra il cappello.
Vide Theo perdere il sorriso, cosa che lo allarmò immediatamente, tanto da ripetere la stessa domanda con voce più dura.

Theo lo guardò negli occhi e accennò un sorriso.

"Tutto bene, sono solo tanto stanco."

Nathee si rilassò, annuendo a quelle parole mentre Theo sospirò appena felice di essere riuscito, di nuovo, a mentire al suo migliore amico.

°

*Poche ore prima*

"P'Job, mi fai male."

Theo strinse gli occhi dopo lo schiaffo ricevuto da quello che era il suo ragazzo, facendo un passo indietro per non essere colpito nuovamente da quel corpo incapace di gestire le proprie azioni a causa dell'alcol in eccesso che aveva ingerito fino a quel momento.
Come tutte le sere loro si ritrovano lì, in quella situazione, con il corpo di Theo schiacciato contro il muro e quello di Job a sovrastarlo con cattiveria.

Job beveva, beva tanto e molto spesso Theo l'aveva sentito urlare nel bagno da solo, contro tutti i mostri che lo tormentavano giorno dopo giorno.
Durante il giorno era il fidanzato modello, ma quando calava il sole e restavano soli iniziava a sfogare tutte le sue voglie e le sue cattiverie sul gracile corpo di Theo.

Il suo pensiero era sempre lo stesso: non aveva mai tempo per fargli le coccole, ma quello per prenderlo a botte non mancava mai.

E lo fa così forte, perché lo ama forte, forse anche più del dovuto. Poi entra la sua mano e sussurra piano che l'ha sempre voluto.
Forte, il cuore batte forte quasi spera che smetta di farlo quando Job allunga la mano per una carezza, ma lui si aspetta uno schiaffo.

"Io mai stato credente per la prima volta mi ritrovo a pregare Dio mentre mi strappi i vestiti e rendi tuo quel corpo che da un po' non è più mio."

Nella testa di Theo giravano quelle parole come un vortice, mentre stringeva gli occhi per trattenere le lacrime che ormai stavano abbandonando il suo corpo dolorante.

"Dovrei strapparmi il cuore e poi prendermi il tuo. In questo modo saresti mio per sempre."

Job sussurrò quelle parole all'orecchio di Theo che sorrise appena, leccandosi le labbra.

"Hai fatto tardi perché il tuo Theo, ormai, non ha più un cuor."

E mentre sveniva tra le braccia del suo carnefice si ritrovò a pensare con estrema fatica:

"Lo dirò a Dio: Il suo cuore era morto così gli ho dato il mio."

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