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Tu sei l'artista, io sono il tuo ritratto. Sarò qualsiasi cosa tu voglia che io sia.

Quella mattina diluviava. La pioggia cadeva interrottamente e il vento soffiava talmente forte che sembrava voler portare gli alberi con sé. Sophie si trovava da sola nel centro commerciale della città. Finalmente era finito il periodo degli esami, e per un po' poteva svagarsi senza dover pensare a tutto quello che aveva da studiare. Meredith doveva venire con lei, ma Brent si era presentato improvvisamente sotto casa sua e quindi le aveva dato buca all'ultimo. Sophie aveva deciso comunque di andare a farsi un giro, non avendo voglia di restare chiusa in casa.

Un po' se n'era pentita. Quel tempo l'aveva messa di malumore, nonostante solitamente amasse la pioggia, ma gli eventi dell'ultimo mese sembravano avere scombussolato ogni singola parte di lei. Dopo quel messaggio inquietante, ebbe la conferma di aver fatto bene a non aver detto nulla a Meredith. I bigliettini, le chiamate ed i messaggi non si erano fermati. Sophie sapeva benissimo che qualcuno la stava seguendo e, più passava il tempo, più aumentava la sua paura.

Si poteva illudere di essere al sicuro mentre camminava tra i negozi del centro commerciale, ma era, appunto, solo un'illusione. Quel giorno aveva come la sensazione che il suo stalker le stesse particolarmente col fiato sul collo, si sentiva osservata, messa a nudo, ma in mezzo a tutta quella gente non era facile capire se fosse tutto nella sua immaginazione. 

In ogni caso, cercava di non pensarci. Evitare i suoi problemi era quello che sembrava saper fare meglio e, onestamente, le andava bene così.  All'improvviso il suo telefono squillò. Era Meredith.

<<Sophie! Scusa davvero, sono qua con Brent e - No, Brent smettila!>> Sophie sentì la sua amica farfugliare al telefono, senza capire bene quello che stava dicendo.

<<Meredith?>> chiese dopo un minuto.

<<Sì, scusa, stavo dicendo che davvero non volevo darti buca, prometto che rimedierò>>

<<Stai tranquilla, fa niente, tanto->> l'amica la interruppe.

<<Quindi tutto a posto? Perfetto, allora ci vediamo uno di questi giorni. Ciao!>> e la chiamata si chiuse.

Sophie guardò il telefono per qualche secondo, per poi sospirare e metterlo di nuovo in tasca. Meredith era sempre stata un po' particolare, non doveva essere più sorpresa dopo due anni di amicizia.

Continuò a camminare fra i negozi, fermandosi ogni tanto per comprare qualche vestito invernale. Il tempo volò e guardando l'orologio si rese conto che erano passate già due ore, era ormai ora di cena. Decise di fermarsi in una piccola pizzeria dentro il commerciale e dopo aver ordinato si sedette ad un tavolino, per aspettare il suo cibo.

Tutto ad un tratto, l'atmosfera intorno a lei cambiò. Le sembrava che l'aria fosse diventata soffocante ed un campanellino d'allarme suonò nella sua testa. 

<<Sophie>> sentì chiamare il suo nome.

Si voltò e, con sua grande sorpresa, vide il volto di Ezra Madden, l'agente di polizia. I suoi occhi verdi la scrutavano attentamente e una strana sensazione scoppiettò nel suo petto. Non era un sentimento positivo, tutt'altro. Il modo in cui la guardava non le era mai piaciuto, ma era come se quel giorno l'intensità del suo sguardo si fosse fatta ancora più insistente.

<<Posso sedermi?>> le chiese dopo qualche secondo.

Non voleva che si sedesse di fianco a lei. Lo voleva il più lontano possibile. A parte il fatto che quando era andata a denunciare il suo stalker lui non l'aveva creduta, Ezra le dava delle brutte sensazioni. Nonostante questo, Sophie annuì, non volendo discutere con un poliziotto nel bel mezzo del centro commerciale.

Quando fece per sedersi di fianco a lei, l'uniforme aderente mise in evidenza i muscoli definiti sia delle braccia che delle gambe. Lei voltò velocemente lo sguardo, non volendo essere beccata a fissare. Lui ammiccò, ben consapevole dell'effetto che faceva alle donne.

Arrivò la stessa cameriera di prima, chiedendo se anche l'uomo di fianco a lei volesse ordinare qualcosa. Un lieve rossore copriva le sue guance. Ezra era decisamente un bell'uomo, ma per Sophie il suo fascino non voleva dire nulla. Tutte le volte che aveva parlato con lui, si era rivelato essere una persona poco gradevole, per dire in maniera gentile. Ordinò anche lui una pizza e dell'acqua e una volta presa la comanda, la cameriera se ne andò.

<<Volevo chiederti scusa>> disse dopo qualche secondo di silenzio.

Le sopracciglia di Sophie si inarcarono sorprese.

<<Per cosa?>> lei era genuinamente confusa.

<<Per non averti creduta>> la sua faccia era impassibile, ma il tono della sua voce era grave. La guardava con un'intimità esagerata, quasi come se le stesse facendo una confessione. Non la convinceva, per nulla.

<<Come mai questo cambio d'idea?>> poco le importava di risultare antipatica, Ezra non le aveva dato nessun motivo per essere gentile con lui.

<<Ci ho riflettuto bene, ultimamente...>> sospirò, appoggiando tutto il peso della schiena sullo schienale della sedia <<Non ho trattato le tue preoccupazioni nella maniera adeguata>> 

Era una risposta evasiva, che non giustificava affatto il suo cambio di idea. Sophie rimase in silenzio, aspettando che arrivasse al punto della questione.

<<Domani porta in centrale tutti i bigliettini di cui mi parlavi, vedrò cosa posso fare al riguardo>> la sua grande mano coprì quella di Sophie, appoggiata sul tavolo.

Una forte sensazione di panico crebbe dentro di lei al tocco indesiderato. Levò subito la mano, come se l'avesse scottata. Le labbra di Ezra si strinsero in una linea sottile, mostrando chiaramente la sua irritazione. Sophie se ne fregò. Non gli doveva nulla e di sicuro non avevano un rapporto così intimo che lui si poteva permettere di toccarla in una certa maniera.

<<Va bene, grazie>> disse soltanto. 

Finalmente arrivò la pizza e iniziarono a mangiare in silenzio. Sophie odiava la situazione nella quale si era cacciata. Non voleva stare in compagnia dell'agente, tantomeno mangiare insieme a lui come se fossero una coppietta, ma non voleva fargli cambiare idea proprio ora che le aveva offerto il suo aiuto. Quella poteva rivelarsi essere l'unica chance che aveva di liberarsi del suo stalker.

<<Cosa hai comprato?>> le chiese indicando le borse dei vari negozi che giacevano ai piedi della sua sedia. 

<<Niente di che>> rispose, rendendo inutile il suo tentativo di fare conversazione.

Lo sguardo di Ezra si indurì. La sensazione di inquietudine che l'agente le aveva trasmesso fin dall'inizio aumentò sotto l'occhiata che le lanciò. Sophie deglutì, e le sembrò quasi di riuscire ad assaporare la paura nella sua bocca. C'era definitivamente qualcosa che non andava in Ezra Madden.

<<Bene>> disse l'uomo dopo aver finito di mangiare ed essersi pulito la bocca con un tovagliolo di carta <<Sono venuto perché la gioielleria del centro commerciale ha subito un piccolo furto, ma ho beccato due piccioni con una fava>> disse, riferendosi chiaramente a Sophie.

Si alzò dalla sedia e sorrise, per poi tirare fuori dalla tasca un portafoglio di pelle marrone. Appoggiò sul tavolo una banconota da cinquanta.

<<Offro io, di' pure alla cameriera di tenere il resto come mancia>>

<<Non c'è alcun bisogno->>

<<Offro io>> ripetette, con un tono che non ammetteva obiezioni. Sophie non voleva nulla da lui, il suo aiuto con la questione dello stalker era già abbastanza, ma non se la sentiva di ribattere contro di lui. Ogni atteggiamento di Ezra le urlava dominanza, anche se lei era reclutante a sottomettersi. 

<<A domani, Sophie>> le sorrise, mostrando la dentatura perfetta e si voltò, iniziando ad incamminarsi verso l'uscita. 

Si chiese se accettare il suo aiuto non fosse stato un errore, un grave errore.

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