Quella sera l'intera sala da ballo profumava di fiori freschi, di rose bianche, per l'esattezza, c'erano giovani donne agghindate che tentavano di attirare l'attenzione degli uomini presenti che attendevan l'esser lusingati per donar loro anche un semplice sorriso.
Gusci vuoti inespressivi la cui presenza risultava quasi superflua; i protagonisti della serata invece erano i genitori di questi che tra una risata ed un bicchiere di un qualche strano alcolico programmavano la vita dei figli come non avevano mai potuto fare con la loro.
La sala era splendida, adornata con decori, fiori e perle; tavole imbandite degne di re e regine con ogni sorta di prelibatezza e calici con bordi dorati ricolmi di ottimo vino pregiato, come statue marmoree i camerieri se ne stavano ai lati dei tavoli in attesa di servire chi ne avrebbe avuto bisogno.
Isabel Anastasia Müller sedeva composta su di uno dei divanetti rossi, accanto al suo amato fratello maggiore Artur e chiacchieravano della cavalcata che avevano avuto quella mattina.
La sua candida pelle profumava di zucchero filato ed era avvolta in un'abito color panna con perle e piccoli diamanti cuciti a mano che la rendevano ancor piú bella, al collo portava una semplice collana con un'ametista che il padre le aveva donato proprio quella mattina insieme a degli orecchini identici; aveva indossato del trucco leggerissimo per non appesantire i tratti del suo volto cosí delicati e a completare quell'immagine celestiale c'erano i capelli che portava sciolti, lunghi capelli neri mossi che le accarezzavano le spalle e le braccia, infine una frangia delicata un po' fuori posto che donavano umanità a quella visione celestiale.
Non aveva ancora concesso a nessuno di ballare ed era stata attenta persino a non ricambiare lo sguardo di nessuno degli uomini presenti per non alimentarne false speranze.
"Apprezzo il nostro dialogare come ogni giorno cara sorella ma qualcosa mi dice che non è solo per il piacere di un'amabile conversazione fraterna che ti sta facendo passare la serata con me." Artur le rivolse un sorriso complice e tenne lo sguardo fisso su di lei
"Come sempre devo dire che hai un'ottimo intuito fratello" sorrise Isabel rivolgendo lo sguardo alla sala.
" Non posso darti torto, infondo sono tutti di una tristezza infinita questi uomini d'oggi, non hanno contenuti nè tantomeno argomenti, se ti dovessero sposare avresti firmato la tua condanna." continuò Artur seguendo lo sguardo di Isabel per poi posarsi sulla folla
"O loro avrebbero firmato la loro" concluse Isabel spegnendo il suo sorriso e tornando rinchiusa nella propria mente.
Artemis Hèmalien nelle sue vesti umane si era recato alla festa consapevole che la sua Isabel sarebbe stata lí.
Appena mise piede nella sala la riconobbe, seduta con le gambe accavallate, era di una bellezza disarmante nonostante sorridesse accanto ad un altro uomo.
"Fratello vado a conquistare qualche giochino per questa sera, non guardarla troppo, gli umani potrebbero scambiarti per un maniaco" gli sussurrò suo fratello minore prima di sparire tra la folla con un sorriso di scherno.
"Sta un po' zitto Jasper" pensò Artemis camminando con passo sicuro fino alla finestra, dove si accese una sigaretta per calmare la tensione.
Finalmente era lí ad un soffio da lei, tutto ciò che avrebbe dovuto fare era prenderla e portarla via, farle capire che lei è sempre stata sua, in ogni realtà e in ogni tempo.
"Signore gradisce del vino?" sentí una voce maschile dietro di lui interrompere i suoi pensieri, si girò e ne prese un calice ringraziando con lo sguardo l'uomo sulla cinquantina che glielo aveva offerto.
Sorseggiò e per quanto il vino su quelli come lui non facesse effetto si godette quel sorso come fosse stato nettare magico.
L'aveva rivista, lei era lí e aspettava solo lui anche se non sapeva bene come avvicinarsi, l'aveva vista rifiutare un ballo già a tre uomini diversi.
Non gli era mai mancato il coraggio di fare nulla, ma ogni volta che era davanti a lei sembravano mancargli le forze, lo rendeva da essere immortale e infinito qual'era, a semplice umano qualsiasi.
La vide alzarsi e prendere la mano dell'uomo accanto a lei, partí un suono che gli ricordò una melodia che conosceva bene, era la preferita della sua Isabel.
La osservò danzare leggiadra tra le braccia di quel mortale, sentiva che parecchie delle anime erano diventate colme d'invidia, e sorrise pensando che era impossibile farlo per delle comuni mortali come loro, quella donna, la sua donna era splendida nonostante al suo fianco ci fosse solo un misero mortale.
Vide i suoi capelli ondeggiare e la stoffa di quel vestito accompagnare i suoi fianchi nei movimenti.
Non poteva fare a meno che segnare nella sua mente ogni dettaglio di quella sera.
Subito dopo il ballo, cercó di andare da lei ma gli si paró davanti un'altra donna, anch'essa bella, con lunghi capelli rossi ed occhi come lo smeraldo ma non poteva fare a meno di pensare che non sarebbe mai stata bella quanto la sua Isabel.
"Signore non l'ho mai vista da queste parti, lei è?" disse con toni fermo la ragazza tenendo gli occhi fissi nei suoi
"Artemis, Artemis Hèmalien signorina, molto lieto di conoscerla" disse Artemis abbassando lievemente la testa
"Io sono Clodette, Deboureè figlia del conte di Deboureè" rispose la giovane facendo un lieve inchino
"Ho visto che non ha avuto ancora il piacere di danzare con nessuno, se lo desidera potrebbe avere il suo primo ballo con me" continuò la giovane sistemandosi i capelli.
"Vorrei tanto ma-" mentre provava a declinare si intromise quella che poi avrebbe scoperto essere la madre della giovane
"Insomma non faccia troppe storie, mia figlia è uno dei fiori piú preziosi di questa stagione, dovrebbe accettare." asserí la signora.
Voleva risponderle che il fiore piú prezioso era la sua Isabel ma mentre voltava lo sguardo per cercare quello della sua meravigliosa metà, non trovò altro che visi sconosciuti e donne vuote.
La sua Isabel era andata via, ancora e lui non poteva fare altro che aspettare ancora di rivederla.
"Certo, assolutamente, anche se dopo il ballo purtroppo dovró andare via, ho appena ricordato di un importante lavoro che ho da concludere" rispose poi, voleva tornare a casa perchè l'unico motivo per cui da qualche millennio partecipasse a queste insulse feste era solo il riuscire a vederla ma ora che era andata via, chissà quando quella terribile maledizione gli avrebbe permesso di rivederla.
Danzò con quella ragazza e mentre lei continuava a cercare di intavolare un discorso sensato, la sua mente volava sempre su di quel corpo, voleva possederla e non solo in maniera sentimentale, voleva che il suo corpo gli appartenesse; perchè doveva essere tanto difficile? perchè proprio a loro era toccato questo supplizio?
Odiava conoscere le risposte a quelle domande e odiava piú di tutto che lei invece, non se le ponesse piú da tempo ormai.
Si liberò rapidamente di quella ragazza e salí in macchina dopo aver scritto a suo fratello che sarebbe tornato a casa.
Partí e invece di passare per la città decise di passare per le strade di campagna, guidare lo aveva sempre aiutato a tirare fuori il peggio di sè, aumentò la velocità, cambiò la marcia e prese un profondo respiro, l'aria frizzante toccava la sua calda pelle entrando dal finestrino con rabbia.
Aveva solo voglia di vederla, non desiderava nient'altro, raggiunse una strada che portava su di un dirupo e decise di percorrerla.
Arrivato lí scese dalla macchina, prese dalla tasca le sue sigarette e ne accese una, inspirò, effettivamente quelle su di lui come tutte le altre cose umane avevano ben poco effetto ma già solo l'inspirare quel fumo lo aiutava a sgomberare la mente.
Era vero, l'aveva rivista ancora, erano passati dieci anni da quell'ultima volta che l'aveva vista, seduta sulle scale dell'orfanotrofio, dietro di lei l'edificio veniva divorato dalle fiamme, era sporca di fuliggine e tra i lunghi capelli neri facevano capolino foglioline e fiori colorati, in quel momento bella e distruttiva com'era desiderava solo portarla via con se e riprendere a viverla, ma non potè e quando trovò il modo di toccarla, lei non c'era già piú e dell'orfanotrofio sembrava non esserci piú alcuna traccia.
L'avrebbe riconosciuta tra mille copie, lei era sempre stata sua e sempre lo sarebbe stata.
Quando si rimise in macchina per tornare a casa la notte ormai era giunta al suo apice di oscurità.
Il tragitto verso casa fu rapido, i pensieri viaggiavano alla velocità della luce nella sua testa, poneva quesiti e dava risposte che facevano male.
Arrivato a casa si sedette sfinito sul letto, sbottonando qualche bottone della sua camicia nera e sbuffò sonoramente.
"Jasper mi sembrava di averti detto di non entrare in camera mia" disse poi tenendo gli occhi chiusi, e da un'angolo buio della camera si sentí una leggera risata.
"Allora hai ancora i tuoi poteri, dovresti usarli piú spesso, a volte mi dimentico quasi che non sei umano" riprese corpo suo fratello facendo qualche passo verso Artemis.
"E tu dovresti smetterla di dirmi cosa fare, ti ricordo che il maggiore sono io, ora ti prego torna nella tua stanza e porta via quell'umana, è troppo fastidiosa per i miei gusti." disse con un tono di voce che non permetteva repliche.
"L'hai vista, vero? Era bellissima stasera" disse Jasper sedendosi accanto a lui sul letto; sapevano entrambi di riferirsi a lei, ad Isabel
"Certe volte mi chiedo quando potremmo stare insieme come facevamo un tempo fratello, quando il mondo era quasi vuoto e io, tu e lei potevamo goderci tutto quello che c'era" chiuse gli occhi Jasper lasciandosi andare sul letto e spargendo i suoi capelli ovunque.
"Presto fratellino, presto, devi avere solo un altro po' di pazienza e troveremo il modo" rispose Artemis senza continuare troppo il discorso.
Sentivano entrambi la sua mancanza, anche se ad Artemis mancava come donna e come compagna mentre l'amore che provava Jasper era diverso, era un'amore piú fraterno.
"Ti lascio alle tue cose allora, porto l'umana nell'altra ala del castello, dormi bene fratello" disse Jasper sospirando mentre raggiungeva la porta.
Artemis provò a sdraiarsi e a resistere ai pensieri che gli invadevano la mente, ma fu troppo debole, non potè fare a meno che far sgorgare la diga di memorie e ricordi, non riuscí a fare a meno di pensarla senza quell'abito addosso, con solo l'intimo che le fasciava perfettamente il seno, i fianchi e il sedere con i quali gli aveva giá donato piacere nel passato, provò a resistere all'ingrata voglia di toccarsi per lei ma come tutto quello che la riguardava diventó debole e cedette all'umano bisogno di darsi piacere; inspirò e la sua mano vagò sul suo corpo caldo fino al membro, non era cosí bramoso di lei da anni ormai, si lasciò andare al piacere e venne trasportato dalla visione celestiale della sua donna, immaginò il suo corpo in balia della lussuria, di toccarla e di avere la sua pelle delicata che tremava al suo minimo tocco.
Iniziò a fare su e giú sulla sua lunghezza immaginando che le rosee labbra di lei lo stessero baciando facendogli toccare il paradiso, la immaginò supplicarlo, come faceva una volta, di averne ancora, di dargliene di piú.
Immaginò il suo corpo tormentato dal piacere e sulla sua fronte si formarono piccole perle di sudore.
"Oh mia piccola Isabel" sospirò profondamente andando piú veloce di come aveva fatto fin'ora, il suo corpo quando si trattava di lei non rispondeva piú ai suoi comandi.
La immaginò nuda su di lui, mentre le dimostrava tutto il desiderio che per un millennio o forse piú gli aveva lasciato dentro condannandolo a usare altre donne che per lui sarebbero state solo giocattoli vuoti ed utili solo per provare a sostituirla con scarsi risultati.
Immaginò di tirare i suoi capelli e di soddisfarla, di provocarle orgasmi multipli e di creare in lei lo stesso tormento che lo perseguitava da anni, quello di consumarsi per lui.
Immaginò i suoi grandi occhi scuri supplicanti e lucidi, le sue guance arrossate e il movimento del suo petto mentre teneva il suo corpo sotto il suo e cedette proprio quando immaginò la sua soave voce pregarlo come aveva sempre fatto allora e solo allora venne gemendo il suo nome e con l'immagine del suo dolce viso stampato nella mente.
"Oh mia piccola Isabel la tua mancanza mi sta torturando, torna presto." pensò mentre si dirigeva in doccia per ripulirsi.
STAI LEGGENDO
Dear Anastasia
Fantasy"Mia amata Anastasia, tu non ricordi di noi, non ricordi che sin dall'alba dei tempi tu sei sempre stata mia e qui oggi, con questa penna con troppo poco inchiostro per scrivere di te, ti scrivo la milionesima lettera, dove tra le righe ancora m'app...