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Eleonora non stava più nella pelle: la sera dopo sarebbe andata a vedere Pasquale allo stadio. Lui aveva insistito tanto, erano settimane che glielo chiedeva e lei per quel mercoledì di fine ottobre aveva finalmente accettato. Ovviamente Pasquale non le aveva potuto regalare i biglietti per non far capire che tra di loro ci fosse un legame ma l'aveva assolutamente voluta in tribuna d'onore.

Era tranquillamente nel suo ufficio persa tra i suoi soliti documenti da controllare e firmare quando, improvvisamente la porta si aprì e qualcuno entrò.

«Eleonora, tesoro, buongiorno.»

Era suo padre che come al solito non bussava e credeva di essere il padrone anche della scuola di Eleonora. La ragazza sospirò portandosi una mano sul cuore, spaventata, e poi si alzò per andare a salutarlo.

«Papà, buongiorno a te. L'usanza di bussare ormai l'hai proprio scordata, eh?» disse sorridendo.
«Lo sai che non mi perdo in queste cose inutili...»
Si abbracciarono per poi sedersi entrambi.
«Come va qua?»
«Tutto bene, come sempre.»
«Mi fa piacere, so che ci tieni tanto a questo posto e che lavori sodo.»
«Sì papà, infatti ho molto da lavorare. Devi dirmi qualcosa?»

Lui le sorrise e la guardò compiaciuto.

«Brava, il lavoro sempre al primo posto, ora riconosco mia figlia. Comunque volevo invitarti per domani sera a cena da noi, ci saranno anche i Sellitti. Ovviamente non accetto un no come risposta. Ti aspettiamo alle sette in punto.»

Si alzò e sorrise lisciandosi la cravatta Marinella che indossava quell'oggi, una delle mille che collezionava.

«No, papà.»
«Cosa no?»
«Domani non ci sono. Non puoi invitarmi sempre con così poco preavviso. Domani non ci sono.»

Eleonora era stanca di quel modo di fare arrogante del padre che nonostante lei ormai avesse ventisei anni voleva ancora comandare nella sua vita.

«Eleonora Clemente, ti ho detto che non accetto un no come risposta. Domani alle diciannove da noi. Buon lavoro e buona giornata.»
«Papà, non ci sono, ho già un impegno non posso rinviarlo. La prossima volta fammi sapere con più anticipo e ci sarò sicuramente.»
«Devi uscire di nuovo con quello dell'altra volta?»

Quello dell'altra volta. Già lo odiava senza nemmeno sapere mezza cosa su di lui, ottimo.

«No, devo uscire con Simona. Non posso rimandare.»
«Simona? E Simona è più importante della tua famiglia che si riunisce?»
«Vengo dopodomani sera da voi, dei Sellitti possiamo fare a meno.»
«Eleonora, c'è anche Stefano.»
«A me Stefano non interessa. Come devo fartelo capire?»
«È da maleducati non presentarsi ad un invito a cena, soprattutto se ti invita tuo padre.»
«Papà basta, non insistere, domani non ci sono. Vengo da voi a cena giovedì sera ti ho detto, che cambia?»
«Cambia che domani abbiamo ospiti che volevano passare la serata anche con te. Ma va bene, se non puoi proprio rinunciare alla tua serata con l'amichetta del cuore, va bene. Però pensaci, se cambi idea puoi chiamarmi» si sistemò il nodo alla cravatta e raccolse la sua ventiquattro ore in vera pelle dal pavimento.
«A giovedì, papà.»

Lo accompagnò alla porta e poi uscì con lui fino alla reception dove fu sorpresa di vedere Pasquale che era lì ad aspettare che lei si liberasse.

«Fammi sapere Eleonora, io ti aspetto lo sai» disse ancora il padre per poi voltarsi verso la reception e guardando Pasquale da capo a piedi storse il naso e guardò male la figlia. «Una volta non mi avevi detto che i tuoi clienti erano tutti dottori, avvocati e professori?» mormorò guardandola senza nemmeno abbassare troppo la voce facendosi sentire anche da Pasquale e dalla segretaria.
«Ciao papà, ci vediamo giovedì sera, salutami la mamma.»
«Buona giornata» disse solo lui, per poi andarsene e sparire nel suo suv BMW.

Malessere | Pasquale MazzocchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora